A un anno esatto dalla prima somministrazione di vaccino anti Covid, il 27 dicembre 2020, l’Italia lotta contro la pandemia, ben lontana dall’essere sconfitta. Alla fine dello scorso anno la campagna partì con iniziale slanciò, salvo poi faticare sempre di più.
Il 9 marzo 2021 il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, si mise in coda come un semplice cittadino, dopo aver atteso il suo turno. Col Governo Draghi, e il drastico cambio di passo imposto alla struttura commissariale dal generale Figliuolo, l’estate si è aperta senza più zone a colori e l’Italia tutta ‘bianca’. Ma l’autunno ha subito imposto l’urgenza della famigerata terza dose, il richiamo (booster), mentre l’Oms avvisava – e continua a farlo oggi – che puntare sulle terze e magari quarte dosi non aiuta a sconfiggere la pandemia.
Meglio sarebbe, per sconfiggere la pandemia, distribuire quei vaccini ai paesi poveri. Dove una buona fetta della popolazione mondiale di dosi non ne ha viste neanche una. E di conseguenza là il virus circola molto forte, continuando a mutare. E a girare in tutto il mondo. Non a caso l’ultima variante, la Omicron, viene dall’Africa australe. Il Green Pass (già dal 6 agosto scorso), le nuove regole sulla capienza nel locali e, soprattutto, i nuovi parametri sanitari di sicurezza per determinare il passaggio in fascia di rischio delle regioni hanno fatto il resto. Determinando anche numerose proteste di piazza, sebbene minoritarie nel nostro Paese. Fino a oggi. Alle soglie del 2022, due anni dopo lo scoppio della pandemia, il Green Pass si è sdoppiato e l’obbligo vaccinale – in tutta Europa – non è più un’ipotesi remota.
Oggi l’occupazione in area medica raggiunge il limite massimo fissato dai parametri al 15% con un aumento dell’1%. I dati sono del monitoraggio quotidiano dell’Agenzia Nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), sulla rilevazione dei dati del 26 dicembre. Sono 9 le regioni che superano le soglie critiche in entrambi i parametri: intensiva e area medica. Si tratta di Calabria, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Marche, Bolzano e Trento, Piemonte e Veneto. Tutto questo accade appunto 12 mesi dopo l’avvio formale della campagna vaccinale, all’ospedale Spallanzani di Roma. In un anno sono oltre 108 milioni le dosi somministrate e 47,9 milioni gli italiani che hanno ricevuto almeno la prima dose del vaccino. Si tratta dell’88,7% della popolazione con più di 12 anni.
Nell’ultimo mese ci si è avvicinati ai numeri di giugno e luglio, con una media di 500mila somministrazioni al giorno. E con un picco nella settimana prima di Natale: quasi 3,7 milioni di dosi dal 13 al 19 dicembre. Si tratta essenzialmente della terza dose. Secondo l’ultimo aggiornamento il 55,4% della popolazione oggetto di richiamo l’ha assunta. Ma ci sono ancora oltre 5,6 milioni di cittadini adulti e giovani (over 12) senza alcuna copertura contro il Covid. Al netto di coloro che non possono ricevere il vaccino per problemi di salute, la stragrande maggioranza è composta da persone che liberamente hanno scelto di non ricevere alcuna dose. La campagna pediatrica, intanto, avviata da 10 giorni, ha riguardato finora 168.041 bambini tra i 5 e gli 11 anni.
Fra le ultime novità decise dal Governo, il fatto che dal 10 gennaio l’avvio delle somministrazioni dei richiami booster avverrà con un intervallo ridotto a 4 mesi dalla seconda dose. A confermare la data, che finora era soltanto un’ipotesi, lo stesso generale Francesco Paolo Figliuolo, commissario straordinario per l’emergenza Covid, durante la sua visita all’hub vaccinale nella caserma degli Alpini di Cuneo. “Darà un ulteriore impulso alla campagna” ha detto Figliuolo. “Stiamo correndo per cercare di arginare la variante Omicron – ha spiegato il generale – Mi preoccupano ancora gli indecisi. Si tratta di milioni di persone che potrebbero dare una mano ad arginare il virus e soprattutto queste varianti“.
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