Heath Ledger e quel triste destino legato a Joker
L'interprete si è spento improvvisamente 14 anni fa: ma non prima di lasciare il segno
“Joker è a tanto così dal non avere alcuna coscienza dei suoi atti. È un completo sociopatico, un clown inumano e omicida di massa.” C’è stato un momento, nel percorso artistico di Heath Ledger, in cui l’arte ha preso il sopravvento sulla persona. Nel tracciare ogni singola sfaccettatura del villain targato DC Comics, nulla è stato lasciato al caso. Ogni reazione, piega del volto, angolatura del proverbiale sorriso alla Joker sono stati il frutto di un lavoro durato mesi. Per Heath Ledger si è trattato certamente del culmine della sua vita professionale. Ma anche dell’inizio di un baratro profondo che man mano lo ha inghiottito, senza lasciargli scampo.
Heath Ledger: 14 anni fa ci lasciava il celebre Joker de Il cavaliere oscuro
Attore e regista australiano, Heath Ledger ha debuttato a Hollywood con la commedia romantica – di stampo shakespeariano – 10 cose che odio di te, al fianco di Julia Stiles. In cerca di affermazione, ha preso parte a progetti di diverso genere, venendo poi scartato ai provini di Moulin Rouge!. In questa occasione, l’interprete ha conosciuto Jake Gyllenhaal, anch’egli in lizza per la parte (andata poi a Ewan McGregor). Dall’incontro nacque un’amicizia duratura che si è consolidata, nel 2005, grazie alla realizzazione de I segreti di Brokeback Mountain di Ang Lee. Il soggetto, ritenuto inizialmente troppo sovversivo, è passato di mano in mano fino a che Lee ha deciso di assumersi il grande rischio di portarlo sul grande schermo. E, in Ledger e Gyllenhaal ha intravisto i perfetti Ennis Del Mar e Jack Twist.
Il film fu un successo sia di pubblico che di critica, regalando all’interprete australiano la prima nomination al Premio Oscar. Per la sua vita è stato un vero e proprio spartiacque. Oltre a dare un’idea decisiva delle sue qualità drammatiche, il film gli ha consentito di conoscere Michelle Williams – sua moglie sul set – con cui ha intessuto una relazione, dalla quale è nata nel 2005 Matilda Rose. Nel 2007 la storia è finita in modo non propriamente pacifico e, da quel momento, la sua vita ha percorso due strade ben distinte: da un lato le burrascose vicende sentimentali e, dall’altro, la carriera sfavillante. Quello stesso anno è impegnato, infatti, sul set de Il cavaliere oscuro di Christopher Nolan, nel maledetto ruolo di Joker che fu la sua fortuna, ma anche la sua condanna.
Gli ultimi mesi e l’Oscar postumo
In quel periodo, Heath Ledger era impegnato anche sul set Parnassus – L’uomo che voleva ingannare il diavolo di Terry Gilliam. L’amico e coinquilino Gerry Grennell, che gli è stato accanto in quei mesi, ha confessato che tuttavia fosse più inquieto. In un’intervista rilasciata a People Magazine aveva difatti ammesso: “Lo sentivo vagare per l’appartamento, mi alzavo e gli dicevo: ‘Dai, amico, torna a letto, domani devi lavorare’. E lui mi rispondeva ‘Non ci riesco, non riesco a dormire.‘” Oltre alla situazione burrascosa che stava passando per la fine della storia con Michelle Williams, pare che proprio il lavoro su Joker avesse avuto un peso specifico nel suo malessere. In un’intervista rilasciata al New York Times, Heath Ledger aveva difatti ammesso di essersi trovato impreparato, sia emotivamente che fisicamente, ad affrontarlo.
Pare che già prima di iniziare le riprese, l’interprete di fosse isolato di sua volontà in una stanza d’albergo per sei settimane, senza vedere e parlare con nessuno. Per entrare più in intimità con il villain, ha inoltre tenuto un diario. Ben presto, il personaggio arrivò ad occupare gran parte della sua routine, fino a prendere tragicamente il sopravvento, portando l’interprete a soffrire di un disturbo di insonnia. Ben presto, iniziò a prendere dei farmaci con prescrizione, fino a quando la situazione si aggravò in modo ormai irreversibile. Il corpo dell’attore fu rinvenuto privo di vita il 22 gennaio 2008. La morte fu causata da un’intossicazione di ansiolitici, sonniferi e analgesici. Quell’interpretazione agghiacciante, però, è rimasta nella storia della settima arte, facendogli vincere l’Oscar postumo come Miglior Attore Non Protagonista, rendendo omaggio a uno dei più grandi interpreti della sua generazione.
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