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Rayan in fondo al pozzo, il Marocco nel terrore. E l’Italia ripensa ad Alfredino

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Muove gambe e braccia, risponde alle domande, chiama la mamma: è ancora vivo Rayan, il bambino di 5 anni caduto in un pozzo a Chefchaouen, nel nord del Marocco, martedì 1 febbraio. I soccorritori sono riusciti a fargli arrivare un po’ di cibo e il piccolo ha mangiato una banana. Dopo quattro giorni di ricerche si è a un passo dal piccolo. La situazione però è estremamente delicata. Per raggiungerlo le squadre di soccorso hanno scavato un tunnel alternativo a quello in cui è precipitato il bambino – profondo 32 metri e largo all’imboccatura circa 30 centimetri. Tuttavia ogni mossa e ogni passo avanti sono potenzialmente pericolosi. Si rischiano crolli e le operazioni procedono quindi con estrema lentezza.

Alfredino nel pozzo, l’incubo che ritorna

Una vicenda, quella del piccolo Rayan, che riporta alla mente la tragedia di Alfredo Rampi, detto Alfredino, 6 anni, il bambino che il 10 giugno 1981 cadde per decine di metri in un pozzo artesiano, profondo 36 metri e largo all’imboccatura circa 30 centimetri, a Vermicino (Roma). I tentativi di salvarlo furono vani, milioni di italiani rimasero ‘incollati’ alla diretta televisiva della Rai, partecipando a quella che divenne un’autentica tragedia nazionale. Il Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, si recò sul posto cercando di comunicare col bambino in fondo al pozzo tramite un megafono. La stessa cosa facevano la madre, Franca Rampi, e il vigile del fuoco Nando Broglio.

Sandro Pertini comunica con Alfredino

I tentativi di Licheri e Caruso

Si scavarono due tunnel a fianco del pozzo in cui era precipitato Alfredino, uno verticale e uno orizzontale. In questo modo le squadre di soccorso riuscirono a raggiungere il punto in cui si sarebbe dovuto trovare il bimbo. Ma il piccolo era scivolato a oltre 60 metri di profondità probabilmente per le vibrazioni del terreno durante gli scavi. Angelo Licheri, e poi lo speleologo Donato Caruso, tentarono disperatamente di salvare Alfredino calandosi nel pozzo. Per un momento afferrarono il bambino ma non riuscirono a riportarlo in superficie.

Rayan, la paura che il pozzo sprofondi

I pericoli connessi all’escavazione di tunnel a fianco del pozzo sono quelli che ora deve affrontare la squadra di soccorso intervenuta per il piccolo Rayan. Un funzionario ha affermato che a separare gli uomini dalla posizione del bambino restano pochi metri. Ma anche che “le operazioni di perforazione sono eseguite con cautela per evitare ogni possibile crollo“. Si deve evitare a tutti i costi che il bambino scivoli ancora più in basso.

Un cratere di 30 metri

Rayan è finito nel pozzo martedì 1 febbraio, mentre giocava davanti casa, nel villaggio di Tamrout. Un pozzo senza più acqua, che aspettava di essere messo in sicurezza, protetto soltanto da un telo di plastica e qualche asse di legno. Sono servite più di 100 ore di lavoro con 6 escavatori a sbancare la montagna, prima di arrivare a un soffio da Rayan. Senza poterlo ancora salvare. Le squadre di soccorso hanno scavato un cratere di 30 metri, parallelo al pozzo, poi, con i picconi, un corridoio orizzontale. Il rischio di innescare frane è enorme. Il dispiego di forze è senza limiti di budget: lo ha decretato il Governo del Marocco in seduta speciale.

Il percorso dei soccorritori per salvare il piccolo Rayan. Foto Twitter @ROBZIK

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Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore. Segui Domenico su Facebook Segui Domenico su Linkedin

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