Il 20 febbraio è la Giornata mondiale della Giustizia sociale 2022 e per parlare non si può non partire dall’analisi del fenomeno disuguaglianza economica. Da tempo assistiamo ad una crescita che è tutto fuorché inclusiva. Circa l’82% dell’incremento di ricchezza globale negli ultimi anni è finito nelle casseforti dell’1% più ricco della popolazione, mentre la metà più povera del mondo ha avuto lo 0%. La globalizzazione aveva promesso benessere, una maggiore inclusione nel processo economico da parte di tutti. Con le sue infinite catene di valore sparse in tutto il globo e la progressiva integrazione dei mercati prometteva di redistribuire ricchezza e competenze più equamente in tutto il mondo. Ma con i dati alla mano la realtà ci racconta un’altra storia. Un sistema economico artificiale ed iniquo che concentra sempre di più la ricchezza nelle mani di pochi privilegiati.
La globalizzazione incentiva la ricchezza artificiale e non la giustizia sociale
L’economia reale, costituita dallo scambio di merci, immobili, terreni, fabbriche, conta ormai sempre meno e cresce a ritmi più bassi, mentre è la finanza oggi ad assorbire e generare sempre più ricchezza. Il problema è che la ricchezza generata, spesso, è solo un gran castello di carta. Una bolla gigantesca, gonfiata e ingigantita senza nessun collegamento con la realtà in grado di generare crisi sistemiche da cui non è facile riprendersi. I mercati finanziari sono iper inflazionati o in termini più semplici sopravalutati. E se il sistema finanziario che dovrebbe fungere da motore propulsore dell’economia reale pretende risorse che sono 5 o 6 volte superiori ai ritmi reali, è evidente che finisce per diventare solo uno sleale gioco d’azzardo senza benefici. La volatilità delle valute, l’utilizzo mirato del debito dalle banche, una scarsa qualità dei titoli stessi, i sospetti sulle agenzie di rating, sono solo alcune delle cause.
E sono cause da rimuovere costose anche per gli Stati sovrani per l’opposizione di interessi e lobby. Nel 2008 gli Stati per far fronte agli ingenti debiti che il sistema bancario aveva contratto sui mercati finanziari hanno dovuto ricorrere all’emissione di enormi quantità di liquidità. Queste si sono tradotte poi in esorbitanti debiti sovrani, aumento delle tasse per i cittadini e tagli alla spesa pubblica. La finanza sfreccia e corre più veloce della realtà e quando si schianta però pretende dalle banche centrali le risorse per continuare a sopravvivere, in un circolo vizioso e malato che sta distorcendo e affogando l’economia reale.
Più profitti per le multinazionali globali e meno occupazione
La tendenza più evidente degli ultimi decenni è stato un aumento dei profitti delle imprese e delle rendite finanziarie. Grazie alla globalizzazione hanno guadagnato maggior capacità di spostamento attraverso i confini nazionali alla ricerca delle opportunità migliori. La quota dei salari però nella distribuzione del reddito è calata notevolmente. Nei paesi più avanzati difatti, come l’Europa, si assiste ad una perdita di occupazione complessiva con bassi salari e delle precarie condizioni di lavoro a caratterizzare invece l’occupazione attiva. La stragrande maggioranza dei lavoratori possiede oggi una minor forza contrattuale, costantemente minacciata dal cambiamento tecnologico e dall’internazionalizzazione della produzione. Nei paesi in via di sviluppo, il costo della manodopera è sottopagato e quando aumenta le stesse produzioni prontamente si trasferiscono in altri paesi.
Paesi come la Cina minacciano la competitività dei lavoratori e dei prodotti occidentali con la produzione a costi stracciati. La concorrenza nel mercato globale finisce così per avvantaggiare chi propone prezzi più competitivi a discapito molto spesso della qualità della manodopera e dei prodotti. Solo una piccola percentuale della popolazione può permettersi davvero il meglio.
Ritmi di consumo insostenibili
L’ industria inseguendo il mito della crescita infinita promesso dalla globalizzazione, viaggia a ritmi di consumo insostenibili. Si stima che noi Occidentali che siamo all’incirca un miliardo, abbiamo bisogno di consumare l’80% delle risorse della terra. Se tutti consumassero ai ritmi degli USA servirebbero almeno altri 4 o 5 pianeti. Estraiamo circa 60 miliardi di tonnellate di risorse l’anno, quasi il 50% in più rispetto a solo 30 anni fa. L’occidente ha necessariamente bisogno di sfruttare le risorse naturali e le materie prime dei paesi del Terzo Mondo, a prezzi fuori mercato. Il Coltan ad esempio è un minerale di superficie estratto da adulti e bambini in Congo, essenziale per assemblare i nostri cellulari e quindi per sfamare la nostra dipendenza da Smartphone. Se queste aree del mondo conducessero il nostro stesso tenore di vita, la Terra non esisterebbe più.
Per la giustizia sociale serve un’economia più umana
La liberalizzazione dei mercati ha inevitabilmente esposto i lavoratori e l’economie nazionali ad una concorrenza sfrenata. Il mondo delle multinazionali supera di fatto la sovranità delle varie nazioni, prediligendo un basso livello di regolamentazione e imponendo un costo del lavoro sempre più basso. Tutto deve essere venduto, messo all’asta per il mondo globalista, ma esistono beni che non hanno prezzo. E che vanno tutelati: ambiente, qualità della vita di tutti, cultura e territorio.
I rischi poi sono molteplici: perdere l’unicità e l’identità dei territori, il diritto dei popoli di essere proprietari di ciò che spetta loro dalla nascita. Anche la questione della regolamentazione dei bandi degli stabilimenti balneari in Italia si può iscrivere in questa argomentazione. Rischiamo di svendere le nostre terre e un settore per noi strategico allo strapotere dei colossi dell’economia globale. Sono necessarie politiche che ridimensionino il potere dei mercati nell’imporre la direzione e il ritmo del cambiamento tecnologico, della produzione internazionale e della finanziarizzazione dell’economia. I governi di tutto il mondo devono agire subito per costruire un’economia più umana che riconosca ciò che conta veramente per la società, anziché alimentare l’eterno perseguimento di profitto e di ricchezza. La concorrenza può migliorare la vita dei cittadini, ma non deve compromettere la giustizia sociale e spogliarli dei propri beni e di ogni diritto.
LEGGI ANCHE: Giornata Internazionale contro le Mutilazioni Genitali Femminili: per tutti i corpi ‘strappati’