Per la Via Crucis del Venerdì Santo Papa Francesco ha scelto una famiglia russa e una ucraina. E in particolare due ragazze amiche, appartenenti ai due popoli in conflitto. Domani 15 aprile porteranno insieme la croce e leggeranno la meditazione per la tredicesima stazione.
Come ogni anno (salvo il periodo più forte della pandemia), il Pontefice percorrerà la Via Crucis al Colosseo. La tredicesima stazione è considerata una delle più strazianti del percorso. Rappresenta il momento in cui Cristo è deposto dalla Croce e la Madonna accoglie il suo corpo senza vita. Un momento particolarmente profondo della Passione, che ha ispirato centinaia di opere d’arte la più famosa delle quali è la Pietà di Michelangelo, in Vaticano.
La scelta di Francesco di far pregare assieme russi e ucraini guarda alla guerra che sta sconvolgendo l’Ucraina. E in particolare alle famiglie ucraine e a quelle russe che hanno soldati al fronte. Gli altri temi delle meditazioni per le altre stazioni della Via Crucis riguardano la crisi acuita dalla pandemia. Ma anche la mancanza di lavoro e la conseguente angoscia di una vita familiare precaria. E, infine, il il dramma dei migranti. “Signore dove sei? Parla nel silenzio della morte e della divisione ed insegnaci a fare pace, ad essere fratelli e sorelle, a ricostruire ciò che le bombe avrebbero voluto annientare“. Sarà questa la conclusione della meditazione che risuonerà domani sera al Colosseo.
Ma la scelta del Papa ha suscitato polemiche da parte ucraina. La croce portata insieme da una famiglia ucraina e da una russa? “Considero questa idea inopportuna e ambigua perché non tiene conto del contesto di aggressione militare russa contro l’Ucraina”. Così l’arcivescovo cattolico di rito greco di Kiev, Svjatoslav Ševčuk. La stessa contestazione l’aveva fatta l’ambasciatore dell’Ucraina presso la Santa Sede. Nel comunicato si arriva a parlare di “indignazione” e “rifiuto” trasmessi al Vaticano.
La pensano in maniera opposta le due ragazze che porteranno la croce: Irina, infermiera ucraina, e Albina, specializzanda russa. “Questa guerra ci ha unito di più” spiegano le due donne. Durante i primi giorni di guerra avevano testimoniato la loro amicizia oltre ogni steccato in un servizio del Tg1. Irina e Albina sono amiche da tempo e condividono la corsia dell’ospedale al Campus biomedico di Roma, al Centro di cure palliative. Vivono insieme la fatica di dover alleviare le sofferenze delle persone, che spesso non possono essere guarite ma solo curate con amore e attenzione fino alla fine. “Quando ci siamo incontrate poco dopo l’inizio della guerra – ha raccontato Irina all’Ansa – Albina (russa) è venuta nel reparto. Io ero di turno. È bastato il nostro sguardo: i nostri occhi si sono riempiti di lacrime e Albina ha cominciato a chiedermi scusa. Si sentiva in colpa e mi chiedeva scusa. Io la rassicuravo che lei non c’entrava niente in tutto questo“.
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