Maria Sharapova: la campionessa dalla mentalità di ferro
L'infanzia con il papà Yuri, l'atteggiamento sul campo, le ombre della sua carriera
Quando si parla di Maria Sharapova non si può che parlare di una grande sportiva, ma non solo. Imprenditrice di un brand dolciario e modella, Maria è stata la prima tennista a sconfinare dal mondo della racchetta diventando il viso d’angelo dal carattere di ferro del jet set mondiale.
Seppur la sua rivalità con Serena Williams sul campo non ha mai avuto un reale fondamento, visto lo strapotere della tennista statunitense. Il personaggio Sharapova non ha mai avuto dei veri rivali. E con il suo ritiro dalla competizione sportiva nel 2020, passato un po’ in sordina per via della pandemia, il tennis femminile ha perso uno delle sue più importanti protagoniste. Maria nella sua carriera ha collezionato ben 35 titoli WTA, ed è entrata nel club ristretto delle 10 tenniste capaci di conquistare il Career Slam, la conquista di tutti e quattro i major del circuito.
Lei è l’ultima in ordine di tempo con il titolo del 2012. E prima di lei nell’era Open appunto Serena, e miti del calibro di Steffi Graf, Martina Navratilova, Chris Evert e Billie Jean King . E si sa sa che in fatto di sport chi vince ha sempre ragione. Ma com’è nato il sogno di Maria? Qual è il segreto della sua mentalità di ferro?
Maria: gli inizi da bambina con il papà Yuri
Nata il 19 aprile 1987 in una cittadina degli Urali siberiani, Njagan, Maria dimostra sin da subito un autentico talento per il tennis. A soli quattro anni le viene messa in mano la prima racchetta. Il padre Yuri notando il suo talento si impegna sin da subito per farle coltivare la sua passione. Fino a che un giorno all’età di soli 7 anni Maria viene notata proprio dalla Navratilova che consiglia al padre di portarla negli Stati Uniti e di iscriverla all’IMG Academy di Nick Bollettieri. La scuola del momento capace di sfornare André Agassi e Monica Seles. I genitori di Maria a quel punto investono quasi tutti i loro risparmi nel talento della figlia, richiedendo un prestito e avviando le pratiche per trasferirla negli Stati Uniti dove Maria ci arriverà sola con suo padre. Né Maria, né suo padre al tempo parlavano inglese e all’arrivo negli States tutto ciò che avevano era 700 dollari. La lontananza dalla madre, le difficoltà economiche e della lingua, non le regaleranno un infanzia semplice.
La mentalità di ferro di Maria
Per capire il personaggio Sharapova non si può prescindere dalla storia delle sue origini, perché saranno proprio i suoi inizi a segnarla per tutta la vita. Maria ha sin da bambina vissuto con il peso della responsabilità dei sacrifici della propria famiglia. Questo ha forgiato in lei una mentalità di ferro e la volontà inossidabile di non cedere mai niente all’avversario. Qualità che l’hanno da sempre accompagnata sul campo. Secondo le statistiche per battere Sharapova bisognava necessariamente finirla in due set, perché altrimenti Maria avrebbe avuto dalla sua una probabilità del 80% di vincere poi al terzo.
La sua forza non risiedeva solo in quel rovescio a due mani estremamente potente e quasi infallibile, ma soprattutto nel suo spirito guerriero. Maria era temuta dal suo avversario, ancora prima del suo talento tecnico, per il suo atteggiamento sul campo. I suoi “ruggiti” inconfondibili ed il suo sguardo di ghiaccio stampato sul viso durante i match, non lasciavano spazio ad alcuna debolezza.
Ombre e luci: l’infortunio non la ferma, la squalifica sì
Le ombre della sua carriera sono state principalmente due. Prima fra tutti la spalla che l’ha costretta più volte al ritiro dalle scene. Nel 2008 dopo l’operazione, i medici sentenziarono che non avrebbe mai più giocato ai livelli di prima. Masha però riuscì a ritornare più forte che mai. Nel 2012 difatti con la vittoria ottenuta al Roland Garros contro Sara Errani, ridiventava n.1 al mondo e completava appunto il Career Slam, entrando nella leggenda. Il colpo che l’ha segnata maggiormente è stato senza alcun dubbio la squalifica subita nel 2016 a causa di una sostanza dopante, il Meldonium, vietata a partire da quell’anno dalle autorità sportive. Maria in prima persona attraverso una conferenza stampa dichiara la sua positività alla sostanza. La squalifica gli è valsa ben 15 mesi di fermo. Tornata in campo non è riuscita a ritrovare questa volta però i livelli di prima. Tre anni e mezzo dopo, a seguito di risultati altalenanti tornava sempre lei ad annunciare il proprio ritiro.
Campioni e campionesse: tra passato e presente
Oggi il tennis, sia maschile che femminile, sembra essere giunto alla fine di un’era. I campioni di sempre, forse troppo stellari come Federer, Nadal, Djokovic si avvicinano al capolinea non senza regalare ancora grandi record e vittorie spettacoli. Giovani promesse come Zverev, Medved, Tsitsipas e il nostro Matteo Berrettini, si affacciano sul panorama mondiale promettendo di diventare i nuovi campioni di domani. Talento e potenza nei colpi abbandonano, ma la differenza si sa, sta tutta nel possedere la mentalità del campione.
Mentre nel tennis maschile appare chiaro il ricambio generazionale, quello femminile è orfano delle sue dominatrici: le sorelle Williams e Maria. La nuova generazione vince, ma non rivince e si fatica a ritrovare delle campionesse altrettanto costanti nel tempo. Si assiste a ritiri precoci rispetto a chi ha lottato con le unghie e con i denti contro gravi infortuni, ritrovando sempre le motivazioni. Per vincere. Dalle giocatrici come la Sharapova le nuove generazioni hanno senza alcun dubbio ancora da imparare carattere e determinazione. Qualità che Maria Sharapova ha insegnato a tutti noi dentro e fuori dal campo.
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