La propaganda: Hitler e Putin a confronto
Lo spirito revanscista, il disprezzo della democrazia, la contro-narrazione occidentale
Oggi circa 133 anni fa, nasceva il dittatore più studiato e cruento della storia. Il suo nome era Adolf Hitler. Passato alla storia non solo per aver causato una delle due guerre più sanguinose del secolo scorso, ma soprattutto per il suo delirante piano di sterminio del popolo ebraico.
Con lo scoppio del conflitto ucraino-russo è riapparsa l’ombra di una possibile terza Guerra Mondiale in Europa. Lo spettro di Adolf Hitler è tornato sovrapponendosi al volto di un uomo Vladimir Putin che, alla pari del leader tedesco, oggi vuole stritolare sotto il suo potere un popolo inerme, colpevole di voler scegliere il proprio destino. “Le dittature” raccontava in un intervista Oriana Fallaci “di qualsiasi colore, nere o rosse che siano, alla fine sono sempre uguali”. Lo stesso si può dire dei dittatori e della loro propaganda. Quali punti di convergenza si riscontrano nella propaganda nazista hitleriana e quella putiniana? Esiste una contro-narrazione occidentale?
Lo spirito revanscista: le radici comuni della propaganda di Putin e Hitler
Hitler aveva sposato l’ideologia nazionalsocialista. Un’ideologia in grado di intercettare perfettamente lo spirito revanscista di una nazione umiliata non solo dalla sconfitta subita nel primo conflitto mondiale, ma anche dalle pesanti riparazioni di guerra imposte dai paesi vincitori nel Trattato di Versailles del 1919. Alla pari di Hitler, Putin ha vissuto lo sfaldamento dell’URSS come il più grande fallimento della patria russa. L’impero sovietico al crollo del Muro di Berlino, con la vittoria del mondo liberal-democratico, veniva smembrato perdendo quel primato di superpotenza mondiale che aveva recitato per quasi quarant’anni. Nell’era Putiniana il revanscismo è nato dalla volontà di rivalsa nei confronti di quella sonora sconfitta politica subita nell’89.
Il popolo russo, nella narrazione della propaganda Putiniana, si è inginocchiato al liberal-capitalismo americano ed ha dovuto subire la pesante umiliazione dello smembramento del proprio territorio. Ma non solo, ha dovuto poi assistere e subire “inerme” il progressivo espansionismo politico-militare del proprio nemico, con il successivo allargamento ad est della NATO.
Il nemico comune hitleriano nella propaganda di Putin: la liberal-democrazia
Insieme al sentimento revanscista alla pari della propaganda nazista Putin ha creato poi l’identificazione del male da combattere e dei propri avversari sul campo. Una propaganda per essere efficace ed unire un intero popolo necessita di un nemico comune. Hitler unì il popolo tedesco nell’odio nei confronti del popolo ebraico e delle minoranze etniche. La razza ebraica rappresentava per lui il veleno periNATcoloso all’interno della società tedesca che la Germania nazista doveva sradicare dalla propria comunità. La società democratica occidentale è stata descritta negli anni da Putin, e di recente dal patriarca Kirill, sulle orme di questa narrazione. Putin non ha mai nascosto difatti nelle sue interviste il suo disprezzo nei confronti dell’ordine mondiale liberal-democratico a trazione USA. Per Putin questo è brutale ed ipocrita, finge di esportare la libertà e la pace nel globo, ma in realtà domina il mondo secondo i propri interessi.
Alla pari della propaganda hitleriana per il presidente russo la democrazia è un regime falso e corrotto, dove il popolo non è il detentore del potere. Nel 2010 il presidente Putin alla domanda di un giornalista riguardo una possibile transizione russa verso il modello democratico occidentale, il leader del Cremlino rispose seccamente che questo modello non esisteva. Era solo una farsa. In America la democrazia significa mandare al potere chi possiede più soldi, visti gli alti costi della campagna elettorale e della politica statunitense. In Europa invece il regime democratico è solo causa di una forte instabilità politica dove non sempre chi possiede i numeri più grandi finisce alla fine per governare. “I cittadini votano per un partito” spiega Putin nell’intervista, “ma alla fine il premier non è necessariamente un’esponente di quel partito”. Una realtà per noi italiani molto familiare.
La contro-narrazione filoatlantica e il margine di libertà concesso al popolo dalle democrazie
Quando si leggono i libri di storia si tende sempre a pensare che quelle pagine raccontino di un mondo lontano o parlino di eventi irripetibili. Putin però con nuove narrazioni e sotto nuovi linguaggi, ha ricostruito sotto i nostri occhi un nuovo regime revanscista e di oppressione. La realtà dicotomica tra il regime democratico falso e caotico e il regime autoritario forte e cristallino, è da sempre il punto chiave della propaganda putiniana. Il patriarca Kirill ne ha rafforzato poi la narrazione, descrivendo la società occidentale come il frutto della perdizione, priva di valori. Un veleno da evitare e da scacciare per preservare la comunità del bene.
Sarebbe una menzogna affermare che alla pari della propaganda putiniana oggi non esista qui da noi anche una contro-narrazione filo-atlantica o americo-centrica. Certamente esiste una propaganda o quantomeno una marcata tendenza a sminuire e giustificare certe violazioni del diritto internazionale quando perpetuate da certi paesi. L’invasione dell’Iraq e la guerra in Libia ne sono i due esempi recenti più eclatanti. L’unica verità a cui possiamo aggrapparci è che da una parte vi è un regime dove lo stato di diritto è in grado di garantire forse un giorno di poter fare giustizia e di punire gli atti, quando criminali, dei propri governanti. Come accadde ad esempio per gli orrori commessi dall’esercito USA in Iraq nella prigione di Abu Grahib. Dall’altra parte i regimi autoritari non offrono alcuna garanzia. Come diceva Charlie Chaplin “i dittatori sono liberi perché rendono schiavo il popolo“. Il margine di libertà concesso al popolo dalla democrazia non ha eguali.
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