Libertà di stampa: la macchina del fango esiste e colpisce ancora
La narrazione dominante, la libertà di espressione, l'urgenza di saper pensare
“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.” Così recita l’articolo 21 della nostra Costituzione in difesa del diritto alla libertà di stampa o di espressione che oggi 3 maggio viene festeggiata.
Se in alcuni paesi questo diritto è ancora quasi del tutto inesistente e l’informazione è alla stregua di un monopolio di Stato. In occidente a inquinarne il libero esercizio è oggi la cosiddetta “macchina del fango”. L’azione coordinata da parte di un gruppo di pressione, attraverso i mass media, volta a delegittimare o ledere la credibilità di una persona giudicata avversaria.
Questa strategia è in grado di provocare un’indiretta, ma forte pressione sulla libertà di espressione del soggetto colpito. Frequentemente utilizzata a ridosso di campagne elettorali e contro avversari scomodi, rende oggi più che mai urgente possedere uno spirito critico. Ma siamo in grado di costruirci un’opinione da soli?
Libertà di stampa e la macchina del fango
Oggi viviamo bombardati dai mass media, anche chi non segue i media tradizionali, si informa o viene informato dai social network grazie alle nuove tecnologie. Appare sempre più difficile distinguere l’informazione dalla propaganda. La continua proliferazione di fonti e di nuovi canali di comunicazione ci fa vivere nell’apparente illusione che oggi in Occidente non vi sia più alcun ostacolo alla libertà di espressione. Chiunque dopotutto possiede la libertà di esprimere il proprio pensiero su un social network, che sempre più spesso significare manifestare il proprio scontento. In realtà esiste la possibilità di ostacolare la libertà di espressione di un individuo. E la manipolazione dell’opinione pubblica è una pratica ancora molto frequente. Non mancano esempi difatti nella storia recente di giornalisti, opinionisti, accademici o politici “controcorrente”, anche uccisi o più spesso finiti nell’occhio del ciclone della cosiddetta macchina del fango.
La libertà di stampa/espressione nelle democrazie occidentali, seppur senza paragoni quando messa a confronto con quella “concessa” nelle dittature (non solo orientali), è ancora un concetto molto labile. Lo Stato o le sue élite dominanti, se sotto accusa, tendono inevitabilmente a difendere la propria ‘narrazione dominante’ anche nell’Occidente liberale. Attivare la macchina del fango dopotutto è semplice: basta utilizzare ogni possibile notizia verosimile per screditare l’avversario. Cosicché estrapolare frasi a caso nel mezzo di un’argomentazione complessa e travisarne il significato per trarre un titolo ad effetto l’indomani, può diventare a volte una strategia, spesso vincente per chi la attua, dalle potenzialità devastanti. Soprattutto in tempi di campagna elettorale. Sempre più di frequente così sensazionalismi, giustizialismi, notizie poco fedeli alla dichiarazione originale, inquinano e alimentano un caos mediatico in Occidente in cui oggi la gente comune fa fatica a orientarsi.
Esiste libertà oggi in occidente di esprimere un’opinione lontana dalla narrazione dominante?
Oggi il concetto chiave che i mass media sono riusciti ad imporre anche alla libertà di espressione è quello di mainstream. Ogni opinione lontana dalla narrazione dominante appunto oggi può essere facilmente screditata. La prima tecnica comunicativa è spostare l’attenzione dall’analisi del contenuto all’affidabilità della persona che l’ha dichiarato. L’obiettivo evidente è intaccarne la reputazione. Come abbiamo visto di recente anche nel caso delle polemiche che scoppiano con le ospitate del professor Orsini.
Divulgatore di opinioni alternative alla narrazione dominante filo-atlantista “pura” riguardo il conflitto ucraino, è oggi per questo tacciato e bannato automaticamente dall’opinione pubblica di pesanti accuse di filo-putinismo. Cosicché i giorni seguenti era diventato più che legittimo scrivere accuse gratuite e infondate e paventare un divieto alla sua libertà di espressione.
Cosa accade all’estero?
Ma casi come questo avvengono anche Oltreoceano. Come quello nel 2005 riguardante la giornalista statunitense Mary Mapes. La giornalista stava indagando sul servizio nella guardia nazionale dell’allora presidente George W. Bush. Secondo alcuni documenti era possibile che Bush Junior avesse usufruito di favoritismi per evitare la guerra in Vietnam. Nonostante la commissione d’inchiesta indipendente non stabilì mai che i documenti in questione fossero falsi, dopo l’indagine la Mapes e le altre persone coinvolte vennero comunque licenziate dalla CBS e tacciate pubblicamente dai media di non imparzialità in base alle loro ideologie politiche.
Con minor fortuna ha combattuto invece la propria battaglia alla libertà di stampa, la giornalista e blogger maltese Daphne Caruana Galizia. Uccisa nel 2017 a causa delle inchieste condotte sul fenomeno della corruzione nel proprio paese (Malta, n.d.r.). La macchina del fango allora che ha calunniato per mesi Daphne, preparando il terreno per la sua eliminazione, era volta a irridere pubblicamente la giornalista dipingendola come una pazza. Secondo il rapporto della Commissione d’inchiesta indipendente maltese, silenzi e omissioni di Stato hanno legittimato la campagna d’odio e la rete di protezione di mandanti ed esecutori. Il tutto è stato documentato dai figli nel libro che raccoglie gli ultimi scritti per cui è stata fatta saltare in aria con la sua auto, dal titolo emblematico, Dì la verità anche se la tua voce trema.
L’urgenza di pensare e di saper mettere in discussione le notizie
L’opinione pubblica e la libertà di stampa dunque possono essere manipolate e ostacolate anche in uno Stato di diritto liberale come il nostro. Esserne consapevoli è un nostro preciso dovere. Oggi più che mai, senza cadere precipitosamente in tesi complottiste, è molto importante saper mettere in discussione le informazioni che riceviamo. Appare più che mai necessario leggere fonti diverse, per essere sicuri di avere maggiori punti di vista riguardo una persona o una determinata vicenda. Pensare è diventato oggi un imperativo sempre più urgente, in una società dove la verità sembra essere sempre a portata di smartphone.
Crediamo di essere aggiornati sulle questioni del mondo, ma i dati ci raccontano che più del 60% delle persone si ferma oggi in realtà solo al titolo e non approfondisce mai un argomento. Le nostre opinioni e convinzioni sono diventate così sempre più malleabili e facilmente influenzabili. Perché non sappiamo argomentare neppure in superficie: come dimostrano i “non sa, non risponde” nei sondaggi. Senza una mente capace di confutare o confrontare più tesi, il bombardamento mediatico ci abbandonerà sempre più all’incertezza. Incapaci di costruirci un’opinione nostra, figuriamoci di riconoscere la verità.
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