La notizia delle tantissime pillole del giorno del dopo inviate in Ucraina per le vittime di stupro ci ha spinto a chiederci qualcosa di più su che cosa accade alle donne negli scenari di guerra e lo abbiamo chiesto alla dott.ssa Nada Starcevic, per la sua formazione e la sua esperienza sul campo.
Esperta di psicosomatica che nella cattedra di Psichiatria II del Policlinico di Milano svolge per quattro anni ricerche nel reparto di Ginecologia su menopausa, problemi di coppia. Di cui pubblica su Scienza e Medicina. Dal 1982 inizia l’attività professionale indipendente. Vanta diverse collaborazioni come opinionista su quotidiani, riviste e televisioni ed è autrice di diverse pubblicazioni di cui parleremo nella nostra chiacchierata. E’ impegnata in diverse ricerche inerenti i problemi della donna, della coppia, sia dal punto di vista psicosomatico, che della sfera sessuale.
Intervista esclusiva dott.ssa Nada Starcevic a VelvetMAG
Dott.ssa Starcevic, possiamo dire che lo stupro è anche un’arma o una strategia di guerra in generale e non solo in questo conflitto?
In realtà ci sono tre aspetti da esplorare che vanno oltre la geografia, la politica, le nazioni o la religione e riguardano le vittime, che spesso sono donne, ma non solo; e non è solo la pillola del giorno dopo, ma le violenze in generale e tra queste lo stupro. E in questo non ci sono differenze purtroppo tra gli aggressori per quella che è la mia esperienza nella terapia di vittime di guerra. Ho applicato sempre le mie conoscenze ad ogni vittima allo stesso modo, per quello che ho imparato sul campo, cioè durante la guerra jugoslava, dove erano in lotta 3 religioni e dove i media e la propaganda sostenevano e armavano gli uni contro gli altri, classificando o declassando le vittime in serie A, B o C.
Solo a distanza di anni è emerso che dietro le quinte tutto era già stato deciso, a tavolino, da chi aveva interessi di conquista. In sintesi, io ho creduto per molti anni, e con me mezzo mondo, che i cattivi erano gli indiani d’America, poi sono diventata grande e ho visto altri film: Un uomo chiamato cavallo, Il soldato blu … Ho imparato a non mettere etichette, forse tra venti anni o forse dopo altri film….
Purtroppo lo stupro è un atto sadico di chi ha perso la sensibilità, l’umanità per colpa della guerra oppure è già partito sprovvisto e con il pregiudizio che l’altro, in quanto nemico deve essere umiliato. Per questo deve essere eseguito come un atto pubblico, di fronte agli altri e magari sotto gli occhi della famiglia della vittima. In questo modo l’umiliazione, per la donna, ma ahimè, anche per il maschio quando è vittima di stupro, diventa doppia, perché oltre ad essere stato vittima si porterà addosso il senso di colpa di fronte ai suoi famigliari per essere stato visto in questo stato di abuso e di impotenza. Purtroppo la pillola del giorno dopo “salverà” solo una parte delle vittime, e solo una piccola parte della loro umiliazione, ma le offese non si smaterializzeranno.
Cosa può dirci dott.ssa Starcevic del prezzo delle donne al fronte, ucraine e non solo?
Non so molto delle ucraine sul fronte, non ho avuto modo di interagire direttamente per capire per cosa e con chi combattono. Personalmente e per la presenza di documentazione conosco cosa è accaduto alle donne slave, jugoslave, russe. Anche in quei casi erano al fronte insieme agli uomini. O in trincea, spesso perché erano più sicure che in casa, proprio per ciò che abbiamo appena detto.
Lei conosce per averlo affrontato sia come psicoterapeuta, che per origine geografica, il peso che le donne hanno subito nell’ultimo conflitto europeo prima di questo: quello balcanico. Ci può illustrare brevemente le somiglianze?
Essendo nata in Jugoslavia, in Bosnia per la precisione, ho percorso le tappe di quella guerra dall’inizio fino ad adesso; dico fino ad adesso, perché non so se posso dire che è finita. All’inizio ho seguito i media con le notizie già programmate in anticipo che non corrispondevano a nulla di ciò che vedevo, lì sul posto. Leggevo e seguivo i media in 4 lingue ed è ciò che faccio anche ora, ed è qui che vengono fuori le analogie: mancanza di notizie che riguardano tutti coloro che sono coinvolti direttamente nella guerra. La libertà di stampa manca, come l’analisi e la raccolta di informazioni di prima mano sul campo. Quasi tutto manca; allora come adesso.
Per l’apporto tecnologico questa guerra appare più mediatica, ma ci sono altre differenze rispetto alle sue conoscenze?
Questa guerra non è più mediatica, è solo che la vogliono definire prima. Dopo il Vietnam, gli Stati Uniti hanno “organizzato” la stampa sempre allo stesso modo. Ci sono società che si occupano di decidere chi ammettere alle informazioni; stampa e giornalisti che seguono la linea editoriale sull’economia, come sulla politica. Spesso decisa in anticipo e non corrispondente con la realtà. Oggi abbiamo di sicuro i social network che possono ancora, non so per quanto, sfuggire al mainstream.
Anche grazie a questa sua esperienza ha elaborato il metodo MAKOS 21. Dott.ssa Starcevic può illustrarlo ai nostri lettori?
Avendo iniziato il mio lavoro di ricercatrice in psicosomatica, ho subito scoperto che dovevo sceglier tra il percorso tracciato, accademico, sempre con delle persone oppure cercare di dare il senso alle ansie, nevrosi e traumi delle persone che si presentavano in ambulatorio, nei confronti delle quali mi sentivo impegnata. Insomma, gli accademici hanno tenuto la poetessa Alda Merini in manicomio per 30 anni. Per ciò dopo anni di lavoro con pazienti fondo un’associazione per la libera ricerca e da diversi studi comparati infine “sintetizzo” l’essenza di ciò che ho registrato come metodo MAKOS, che ho presentato all’Università Statale di Milano, sotto il patrocinio della Regione Lombardia.
L’essenza dei bisogni e della ricerca del senso in ogni individuo si concentra in poche parole. L’ecologia di un organismo è così ben definita e perfezionata, mentre l’uomo della società moderna deve trovare la via che collegi il cuore con la coscienza. Il mio lavoro è sempre stato e adesso ancora di più legato alla linguistica, più precisamente alla fenomenologia e alla semiotica. In sintesi, quello che nella lingua serbo-creata si chiama Dus’evna bolest (malattie dell’anima, n.d.r.) in italiano sono le malattie mentali o nervose. Io osservo lo stato animico, quello degli affetti e dei sentimenti; il linguaggio del corpo e lo traduco per la persona che si trova in crisi.
Facciamo un passo indietro e parliamo di questi due anni di pandemia e della nostra priorità di reagire psicologicamente
Durante questo periodo di chiusura e di isolamento si è verificato massicciamente ciò che prima era sporadico. La mancanza di dialogo, l’incapacità di esprimere sentimenti e di trovare con chi condividerli ha aumentato enormemente il disagio, le paure e le fobie. Spesso queste patologie sono ancora tenute nascoste. Ma chi osserva in senso lato vede una crisi delle coppie, dei figli che abbandonano la scuola, genitori e figli che hanno paura di trovarsi nella stessa casa. Ho visto ragazzi che non escono dalla stanza per giorni, attaccati al PC e si perdono nel virtuale senza riuscire a trovare la via di ritorno. Il non senso è difficile da gestire.
Cosa possiamo fare nel concreto per reagire nel modo giusto?
Bisogna sentire il bisogno di fare qualcosa – dove è quando è possibile – perché l’evoluzione non è lineare, ma è fatta di scale. E ognuno ha i propri tempi: qualcuno è già uscito, qualcuno è ancora sul divano, qualcun altro è già in viaggio. Come ho detto bisogna collegare l’anima con la mente; dialogo e sentimenti, provare a metterli vicini.
Abbiamo letto di aumento divorzi, violenze per la convivenza forzata. Come sta la coppia in generale?
I numeri dicono che molte coppie si sono divise; altre sono rimaste nella stessa casa, ma hanno vissuto come estranei. Per non parlare delle divisioni familiari sulla questione del vaccino. Ho conosciute donne che non sono uscite di casa per 2 anni, e adesso non riescono più a tornare a quello che facevano prima, magari escono solo in macchina e limitando i contatti. Il consiglio per la coppia è capire se l’altro è quella persona che possa ascoltarci e comprenderci. Poi il corpo stesso si metterà in moto e chiederà man mano ciò di che cosa ha bisogno, ciò che gli darà il senso.
Spesso ha tratto spunto dalle storie delle persone che ha aiutato e sono diventati libri assai noti: Eros il sesto senso e Fedeli al sé. Cosa resta valido di entrambi anni dopo?
Qualche lettore mi ha definito profetica. I miei libri hanno anticipato anni e anni prima quello di cui molti parlano solo ora. Quando in una trasmissione televisiva parlavo della necessaria “fedeltà al sé” Maurizio Costanzo sorrideva. Quando ho scritto che la mente aiutava il sistema immunitario e ci può difendere dallo stress e dal cancro molti collegi si sono dissociati e molti hanno provato a fermarmi. Ma io continuo e negli ultimi anni continuo a fare nelle 3-4 lingue che parlo. La scorsa settimana ho partecipato ad una serie di convegni in Istria sulle manipolazioni nella coppia, sul narcisismo e sugli strumenti di semiotica .