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Fare la spesa costa sempre di più, i salari perdono potere d’acquisto

Per gli italiani stipendi fermi da trent'anni a fronte di aumenti dell'inflazione come non si vedevano dal 1986

Il 2022 sarà un anno da dimenticare, non solo per la guerra in Ucraina ma anche per l’inflazione che cresce, i salari fermi al palo e l’aumento dei prezzi di energia, carburanti e generi alimentari. 

Non siamo ancora a metà anno ma è sotto gli occhi di tutti che le bollette della luce, del gas e dell’acqua, così come il costo di un rifornimento alla pompa di benzina sono, in alcuni casi, raddoppiati. Fare la spesa al mercato rionale costa anche 20 euro in più se prima ne spendevamo 50. La grande distribuzione può garantire rincari minori ma sempre comunque consistenti. Il carrello della spesa, anche in questo caso, si fa più costoso.

Inflazione Italia
Foto Ansa/Ciro Fusco

L’inflazione non è mai stata così alta dal 1986. E sta erodendo il potere d’acquisto delle buste paga e dei salari medi degli italiani, il cui potere reale d’acquisto si è ridotto rispetto al 1990. Mentre quello di tutti gli altri paesi dell’Unione europea è aumentato. Secondo le stime preliminari dell’Istat del 31 maggio, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic), al lordo dei tabacchi, registra un aumento dello +0,9% su base mensile. E del +6,9% su base annua. “A maggio 2022, dopo il rallentamento di aprile – spiega l’Istat – l’inflazione è tornata ad accelerare, salendo a un livello che non si registrava dal marzo 1986“. Nel 2022 l’inflazione eroderà gli stipendi e dunque i lavoratori e le loro famiglie perderanno potere d’acquisto. Non è escluso che si entri in una nuova recessione, che secondo alcuni è già in corso. Ma perché tutto questo, dopo che il nostro Paese sperava nella rinascita economica e sociale dopo la pandemia di Covid?

Inflazione e prezzi dell’energia

Si tratta, in primo luogo, di un esito strettamente collegato all’impennata dei prezzi energetici in corso ormai da alcuni mesi. Cioè da prima che scoppiasse la guerra in Ucraina. E che l’invasione russa ha aggravato ulteriormente. L’inarrestabile ascesa dei prezzi di gas naturale, petrolio, e idrocarburi potrebbe forse rallentare nei prossimi mesi, ma l’incremento dell’indice dei prezzi al consumo, quindi dell’inflazione, probabilmente si attesterà, alla fine di quest’anno, a un valore vicino al +6%, secondo le previsioni del Governo Draghi e della Banca d’Italia. Il balzo sarebbe ancora più brusco in caso di ulteriore deterioramento della situazione, ad esempio se dovessero essere interrotte le forniture di gas con la Russia.

Salari Italia

Il tema del salario minimo

E gli stipendi? In questi giorni circola sui social un grafico che riproduciamo parzialmente sopra. La fonte è l’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Nel grafico si nota come l’Italia sia l’unico paese europeo in cui, nel 2020, i salari sono mediamente diminuiti rispetto al 1990. Quest’anno si può supporre che anche in caso di incremento dei salari esso si aggiri intorno al +2%: lo ha ipotizzato il Governo nel recente Documento di economia e finanza. Ma se l’inflazione si attesterà a +6% a fine anno, gli italiani avranno comunque perso il 4% del potere d’acquisto dei propri stipendi. E stiamo parlando del migliore dei casi. Anche per questo le forze politiche cominciano discutere seriamente dell’introduzione del salario minimo, come del resto avviene in altri paesi d’Europa. A trent’anni dal crollo del Muro di Berlino e dall’avvio della globalizzazione dei mercati mondiali c’è molto da rivedere. E oggi l’Europa (e l’Italia con essa), ha dichiarato il ministro Roberto Cingolani, si trova di fatto in un’economia di guerra per gli effetti del conflitto in Ucraina.

Inflazione spesa
Foto Ansa/Matteo Corner

 

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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