Roberto Vecchioni il significato “nascosto” all’interno delle sue poesie in musica
Una delle voci e delle "penne" più stimate della musica italiana, capace di rendere orecchiabile anche un testo che parla di morte
Roberto Vecchioni è, ad oggi, uno degli artisti più stimati della musica italiana; capace di scrivere e interpretare poesie in musica dalla grande potenza comunicativa. Voce calma e rassicurante, profondo nelle parole così come nelle espressioni. Le sue canzoni restano nella mente portano sempre un significato che va al di là, forse, della prima impressione.
Roberto Vecchioni inizia la carriera musicale scrivendo testi per altri artisti negli Anni ’60; tra le interpreti delle sue canzoni Ornella Vanoni, Iva Zanicchi e Gigliola Cinquetti. Sin dagli esordi nei suoi testi è possibile scorgere la nostalgia del passato e l’utilizzo di fatti storici per ricostruire assonanze con il presente.
Il suo debutto come autore avviene nel 1968, quando la Cinquetti canta a Sanremo Sera; da quel momento Roberto Vecchioni non è più solo ‘un professore che scrive canzoni’. Diventa il ‘maestro‘, il maestro della musica, il cantautore che, anche con filo di voce, riesce a restituire emozioni profonde.
Sentimenti e nostalgia
Il primo 45 giri di Roberto Vecchioni esce nel 1968, ma non ha un grande successo; fama che arriva, invece, tre anni dopo con l’album Parabola. Quest’ultimo contiene uno dei testi più celebri del cantautore milanese: Luci a San Siro; brano di forte intensità, autobiografico, nel quale Vecchioni parla sì del suo primo e puro amore, ma fa anche una denuncia a quel mondo discografico che lo accusa di scrivere testi quasi troppo ‘puliti‘, dove non c’è spazio per i facili costumi. A tali accuse Vecchioni risponderà di aver vissuto sempre di sentimenti e di cose semplici, come quell’amore puro e giovanile vissuto sotto le luci che illuminano San Siro. Nel 1973 arriva a Sanremo con L’uomo che si gioca il cielo a dadi; arriva ottavo. Ma è il 1977 l’anno di un altro grande successo: Samarcanda, brano che da il titolo anche all’album che lo contiene.
“Oh oh cavallo, oh oh…” ripete il ritornello, quasi a restituire un’atmosfera gioiosa, di festa. Ma quelle sonorità, introdotte da Angelo Branduardi riportano all’Oriente e alla storia drammatica di un soldato che ritorna dalla guerra. “Ridere, ridere, ridere ancora, ora la guerra paura non fa“; ma non fa davvero paura la guerra ad un soldato che ha combattuto, che ha visto sangue, morte e disperazione? Impossibile dirlo, tanto che quando lui stesso si trova di fronte alla Morte (alla Signora vestita di nero) cerca di sfuggire, perché gli orrori di un conflitto possono restituire tanto dolore, ma mai, pare, serenità. C’è tutta la malinconia di un uomo che ha appena perso il padre in questo testo, di un figlio che si rassegna alla morte e al destino; ma che forse, per esorcizzarla e svuotarla da quell’estremo senso di negatività si presenta sotto forma di ballata: “Oh oh cavallo, oh oh…“.
Roberto Vecchioni: l’amore la vita
Un picco di sentimenti e di strofe cariche di passione, anche se interpretate con una voce che non si fa mai acuta, mai arricchita da virtuosismi; semplice, pulita anche quando affronta i temi più forti, i temi più struggenti. L’amore, la vita, la morte, il destino, la nostalgia, attraversano la carriera musicale di Roberto Vecchioni, che dimostra di essere un artista grande fra i grandi quando nel 2011 porta sul palco di Sanremo quella poesia intitolata Chiamami Ancora Amore, che vince portandosi in testa anche agli artisti più acclamati del momento. “Chiamami ancora amore, chiamami sempre amore” è un testo che parla di attualità, di cultura e di contesto sociale; una canzone che inneggia all’unica arma possibile, quella dell’amore. Perché, infondo, tutti abbiamo bisogno di sentirci chiamare “ancora amore“; come simbolo di una vita che riparte, di un cuore che può riprendere a battere. Di una crisi che si può superare solo sotto la guida del più grande dei sentimenti.
Ma la grandezza di Roberto Vecchioni risiede anche nella sua capacità di sapere affrontare temi opposti e allo stesso tempo diametralmente complementari, con la stessa potenza e intensità. È tutta la grandezza e la vastità della vita che il cantautore milanese restituisce attraverso le sue poesie in musica; così con una magica mescolanza e melodica passione, Roberto Vecchioni canta di morte e di vita, di destino e di speranza. Ed è impossibile in questo contesto non citare quel brano del 2018 dedicato ad Alex Zanardi; in duetto con un altro grande della musica italiana, Francesco Guccini, Roberto Vecchioni ci regala Ti insegnerò a Volare. Un brano che parte dall’esempio del pilota di Formula1, metafora vivente della passione per la vita; più forte del destino, più forte della morte. “E se non potrò correre e nemmeno camminare imparerò a volare imparerò a volare“.