Entra nel vivo il giorno più lungo per Mario Draghi e il suo Governo. Oggi 20 luglio il premier ha parlato al Senato. Obiettivo: rilanciare l’esecutivo dopo lo strappo dei Cinque Stelle. In serata il voto di fiducia, quello decisivo. Domani quello alla Camera.
Sì capirà dunque entro questa giornata se il Governo Draghi potrà contare su una nuova solida maggioranza parlamentare oppure se non ci sarà altra strada che le elezioni anticipate. Difficile, infatti, che il Presidente della Repubblica intenda conferire incarichi esplorativi ad altri futuribili capi di Governo. Se Mattarella decidesse di sciogliere il Parlamento (ipotesi che il Quirinale fa di tutto per evitare), per la prima volta da decenni gli italiani andrebbero alle urne fra settembre e ottobre. E non, come solitamente avviene, a primavera. Per altro a pochi mesi dalla scadenza naturale della legislatura (5 anni), nel 2023.
Le sfide che l’Italia deve affrontare richiedono “un governo forte e coeso” ha detto Draghi in Senato. Al Paese “serve un nuovo patto di sviluppo concreto e sincero. Partiti, siete pronti a ricostruire questo patto? Siete pronti? Siamo qui in quest’Aula solo perché gli italiani lo hanno chiesto. È una risposta che dovete dare non a me, ma a tutti gli italiani“.
Draghi, non solo un “nonno“
Così Mario Draghi ha concluso il suo discorso, tutt’altro che distaccato. Certo, ben calcolato, ma anche ‘caldo’, appassionato. Il discorso di un ex banchiere centrale che si è fatto politico. Qualcosa di più del semplice “nonno al servizio delle istituzioni” come Draghi stesso si definì lo scorso inverno, nel bel mezzo della campagna per l’elezione del nuovo capo dello Stato al Quirinale. Non a caso, forse, M5S e Lega non hanno applaudito quest’ultimo esplicito appello del premier all’Aula: Draghi non è più quello del febbraio 2021.
Il Presidente del Consiglio ha richiamato le forze politiche alla responsabilità di portare a termine l’agenda di Governo senza fare sconti. E ha definito “tanto sofferte quanto dovute” le sue dimissioni, che poi il Presidente Mattarella ha respinto. Dimissioni che Draghi ha presentato lo scorso 14 luglio per il venir meno del patto di fiducia nella maggioranza. “L’unica strada, se vogliamo ancora restare assieme, è ricostruire daccapo questo patto, con coraggio, altruismo, credibilità.” La risposta dei partiti è attesa dal dibattito.
“No a fiducia di facciata“
“Non serve una fiducia di facciata” ha evidenziato Draghi nel suo discorso. Una fiducia, cioè, “che svanisca di fronte ai provvedimenti scomodi“. Bisogna spingere sui contratti collettivi, punto di forza del sistema industriale, ha evidenziato. “Serve una riforma delle pensioni – ha proseguito – che garantisca meccanismi di flessibilità in uscita e un impianto sostenibile ancorato al sistema retributivo“. “Il disegno di legge” sulla concorrenza, che riguarda anche “i taxi” e le “concessioni balneari” deve “essere approvato prima della pausa estiva. Ora c’è bisogno di un sostegno convinto all’azione dell’esecutivo” non il sostegno a proteste talvolta violente, ha aggiunto Draghi.
Il voto decisivo
A seguito delle comunicazioni di Draghi al Senato, il dibattito durerà fino alle 17, quando il presidente del Consiglio farà la sua replica. Alle 17.30 via alle dichiarazioni di voto e alle 19 comincerà la ‘chiama‘ dei senatori per il voto di fiducia. Sarà il momento decisivo: non è chiaro, infatti cosa farà il Movimento Cinque Stelle, che ha aperto la crisi. Potrebbe spaccarsi in due sulla fiducia al Governo. In Aula ci sono, tra gli altri, Matteo Salvini e Matteo Renzi. In tribuna ci sono diversi deputati, che sono venuti a sentire in diretta le comunicazioni di Draghi. Presente in Senato anche Giuseppe Conte. Domani 21 luglio alla Camera le comunicazioni del premier arriveranno sotto forma di testo scritto; la votazione per appello nominale comincerà alle 13:45.