Grandi manovre al centro: l’incognita politica del M5S e la forza attrattiva di Calenda
I tanti attriti tra le formazioni di dichiarata collocazione centrista animano la scena di questo inizio di campagna elettorale
Com’era prevedibile la campagna elettorale si sta rivelando incandescente. Specie al centro dello scenario politico, complice una radicalizzazione del conflitto, come non accadeva da decenni. In una tendenza che sulla carta dovrebbe essere sempre più bipolare, il centro appare oggi una ‘cosa’ – per usare un termine di morettiana memoria – ad oggi indecifrabile. Molte facce e si parla pochissimo di programmi. Dall’ex M5S Di Maio a Toti, da Brunetta a Beppe Sala, emergono chiare le ambizioni personali – non si sa ancora con quale corrispondenza di “peso politico” – che un comune progetto aggregatore.
In teoria per certi versi centrista – non foss’altro che per la presenza in contemporanea di personalità sia di desta che di sinistra – dobbiamo considerare il Movimento 5 Stelle. Correrà con ogni probabilità in solitaria per cercare di scrollarsi di dosso un quinquennio al governo, prima di ispirazione leghista, per poi volgere all’opposto all’insegna del garantismo e del moderatismo affianco del Partito Democratico.
E infine il periodo “draghista”, che ha portato l’uscita di un ex capo politico come Di Maio. Conte in poche parole oggi spera di incarnare una sorta di terza via fra le due coalizioni “litiganti”. Ma anche questa trovata lampo acchiappa-voti, secondo i sondaggi, non sembrerebbe destinata a decollare.
L’incoerenza politica del M5S: dalle scelte in ambito internazionale alla compagine di governo
In casa M5S l’obbiettivo principale sembra focalizzato a far dimenticare, al costo di rinnegarle, alleanze e scelte di campo, portate avanti e ostentate in questi cinque anni con immenso orgoglio. Oggi quelle battaglie – spesso abbandonate in nome della real politik, sono decisamente troppe per non pesare. I NO ripetuti come un mantra: No-Tav, No-TAP, No-Euro, No Europa. Ma anche le affermazioni apodittiche – una su tutte “mai col PD” dopo l’affaire Bibbiano – sono diventati l’opposto o dimenticati in nome della permanenza nelle stanze del potere. Il M5S ha saputo dare prova in questi anni di un trasformismo sfrenato, fino all’aplomb “istituzionalissimo” del governo a larghissima maggioranza.
Perché sorprendersi dunque delle parole di Giuseppe Conte nei riguardi dell’ex alleato PD su un loro possibile riavvicinamento? “Che rapporti può avere il M5S con una forza politica che fa alleanze che vanno da Calenda a Renzi a Di Maio, è un ammucchiata in cui non ci potremmo mai ritrovare. La coerenza ha un costo alto” – ha dichiarato di recente l’ex Presidente del Consiglio. Il richiamo alla coerenza politica nelle alleanze sorprende tanto se si pensa ai cambi di posizionamento del partito in ambito internazionale. Passando dall’accordo economico con la Cina sulla “via della seta”, fino agli anni dell’affiatamento con la Russia di Putin. Dove nel 2016 proprio Di Maio, oggi paladino dell’Atlantismo, invocò davanti alle telecamere la revoca delle sanzioni alla Russia dopo l’annessione della Crimea. Oggi non sono pochi i pentastellati, specie lo zoccolo duro, a sperare in una nuova leadership, magari a guida Di Battista, capace di far dimenticare il governismo e di cancellare la storia.
Il movimento al centro: Calenda e gli attriti nel centro-sinistra
Nell’area di centro si assiste invece al tentativo di aggregare e abbracciare quanti più elementi possibili, in una campagna elettorale lampo. Il Patto Repubblicano di Calenda, si pone l’obiettivo di superare Forza Italia. Azione ha difatti già accolto due ex ministri forzisti come Gelmini e Carfagna, berlusconiane della prima ora. Ma il tempo stringe e si avvicina un momento cruciale come la scelta dei candidati nei collegi per l’area di centro-sinistra, in cui alla fine Calenda dovrebbe confluire. Tuttavia i mal di pancia non sono pochi e riguardano la parte più estremista che il PD porta con sé: Roberto Speranza e Nicola Fratoianni. Con quest’ultimo che guarderebbe con maggiore gioia al “fu (?) campo largo” con il M5S.
Se Calenda decidesse di correre da solo però, verrebbe meno l’adesione pesante al suo progetto di Emma Bonino, che è pronta a togliergli il simbolo +Europa. Lo costringerebbe dunque così a raccogliere le firme per partecipare alle Politiche non avendo ad oggi un gruppo in parlamento. La condizione resta l’alleanza con il PD e con il resto del centrosinistra. Circola un sondaggio sulle potenzialità in solitaria della strategia di Calenda: basterà a convincere l’ex leader radicale di innumerevoli battaglie? Sarà davvero il centro a stravolgere gli equilibri e l’esito delle prime elezioni di settembre in era repubblicana?