La “riunificazione” di Taiwan alla Cina si farà. Lo ha dichiarato il presidente cinese Xi Jinping all’apertura del XX° Congresso del Partito Comunista Cinese, in corso a Pechino. Xi ha inoltre chiesto agli uomini del partito di “prepararsi allo scenario peggiore“.
Parole che il capo supremo della Cina ha pronunciato con tono deciso, facendo presagire un irrigidirsi del clima, già teso, nel mondo. La guerra in Ucraina, l’alleato russo che però non segue le indicazioni cinesi di far prevalere il dialogo per risolvere il conflitto, la guerra commerciale, informatica e finanziaria in corso fra Pechino e Washington. Sono tutti fattori che fanno da sfondo allo “scenario peggiore” che Xi ha in mente.
Ma non per questo il presidente della Cina rinuncia all’obiettivo centrale della sua politica estera, un totem ormai quasi sacralizzato: l’isola indipendente di Taiwan. “La riunificazione deve essere raggiunta e sarà raggiunta“, ha dichiarato Xi ai delegati al Congresso, dai quali è partito un lungo applauso alle parole del segretario generale. Benzina sul fuoco dello scontro con l’America. La Cina promette dunque di “risolvere la questione di Taiwan” e di continuare a impegnarsi per la “riunificazione pacifica“. E tuttavia avverte che non intende rinunciare all’uso della forza e si riserva di utilizzare “tutti i mezzi“ per la riunificazione.
La Cina e la riunificazione di Taiwan
“La questione di Taiwan deve essere risolta dai cinesi“, ha scandito Xi. “Continueremo a impegnarci per la riunificazione pacifica, ma non prometteremo mai di rinunciare alla forza e ci riserviamo di usare tutti i mezzi” per la riunificazione, ha aggiunto Xi. Al tempo stesso la Cina non cercherà mai l’egemonia e l’espansionismo, dice il suo presidente. Quella della Cina, ha detto, è una “posizione chiara” contro l’egemonismo, l’unilateralismo e il protezionismo “in ogni forma“. Difetti che la Cina imputa, in primo luogo, agli Stati Uniti. “Tutto questo ci ha dato un ampio riconoscimento internazionale“, ha aggiunto.
Xi Jinping, potere assoluto
Ed è così che Xi ha richiamato il Partito Comunista Cinese a essere preparato per “lo scenario peggiore“. Ossia per riconoscere che ci possono essere “grandi sfide” da affrontare in futuro. Per affrontare questo scenario, ha aggiunto, “dobbiamo aderire ai grandi principi” del PCC, tra cui ha citato il rafforzamento della leadership e l’adesione al socialismo con caratteristiche cinesi. Un modo per chiarire inequivocabilmente che non esiste altra guida suprema del partito e della nazione che non sia egli stesso. Del resto negli ultimi dieci anni – il periodo della sua ascesa incontrastata al potere – la Commissione per l’Ispezione Disciplinare contro la corruzione ha messo sotto inchiesta quasi 5 milioni di funzionari presunti corrotti. Chiunque intenda sfidarlo è avvisato.