La repressione dell’Iran non si ferma. Si contano oltre 200 morti e migliaia di arrestati in un mese di proteste contro l’obbligo del velo per le donne. E ora si apprende che l’atleta Elnaz Rekabi, 33 anni, sarà incarcerata, nella stessa prigionie dove si trova l’italiana Alessia Piperno.
Rekabi, scalatrice, ha partecipato domenica scorsa 16 ottobre a una competizione di arrampicata a Seul, la capitale della Corea del Sud. Ma lo ha fatto evitando di indossare il velo, lo hijab. Le immagini della ragazza hanno fatto il giro dei social e adesso si apprende che non appena rientrerà in Iran la polizia andrà a prelevarla per trasferirla in carcere. Nella famigerata prigione di Evin a Teheran. La stessa in cui si trova detenuta da alcune settimane, per cause che l’Iran non ha chiarito, la travel blogger romana Alessia Piperno, 30 anni.
Secondo IranWire, sito di giornalisti dissidenti iraniani, Reza Zarei, il capo della Federazione di arrampicata iraniana, ha ingannato l’atleta. E l’ha condotta dall’albergo di Seul all’ambasciata dell’Iran dopo aver ricevuto ordini dal presidente del Comitato olimpico iraniano Mohammad Khosravivafa. Quest’ultimo ha agito su input del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie iraniane. Difficilmente ora Elnaz Rekabi potrà sfuggire al triste destino che l’attende. Ovvero la galera, per il solo fatto di non aver indossato il velo sul capo mentre gareggiava.
L’Iran e l’obbligo del velo
In Iran lo hijab – il velo islamico – è obbligatorio per le donne anche nelle competizioni sportive e quando rappresentano all’estero il proprio paese. “Elnaz aveva deciso di apparire senza l’hijab circa un mese fa e sapeva che avrebbe gareggiato senza l’hijab obbligatorio“, ha detto una fonte a IranWire. La donna non ha chiesto asilo politico alla Corea o ad altri paesi “perché suo marito è in Iran e voleva tornare dopo la competizione. Prende sempre decisioni così audaci“.
Il capo della Federazione di arrampicata iraniana Reza Zarei, che in precedenza era un membro del ministero dell’Informazione, avrebbe promesso a Elnaz Rekabi che se gli avesse consegnato il passaporto e il cellulare, lui l’avrebbe portata in Iran senza rischi e senza rendere pubblica la cosa. Ma, spiega una fonte di IranWire, “sappiamo cosa fanno le ambasciate della Repubblica islamica. La porteranno direttamente all’aeroporto e la riporteranno in Iran“. Dove ad attenderla ci sarà probabilmente un provvedimento per l’incarcerazione immediata.
Centinaia di morti, anche ragazzi
Sono finora almeno 215, tra cui 27 minorenni, le persone che hanno perso la vita dall’inizio delle proteste antigovernative in Iran. Lo rende noto l’ong Iran Human Rights, con sede a Oslo, in Norvegia. Si tratta del bilancio della dura repressione da parte della polizia dell’Iran delle proteste esplose dopo la morte di Mahsa Amini, la ragazza di 22 anni deceduta dopo essere stata arrestata dalla polizia morale a Teheran con l’accusa di non aver indossato correttamente il velo islamico. Ma le proteste delle donne non si fermano. Stanno anzi crescendo e coinvolgendo sempre più uomini. Il 17 ottobre la polizia dell’Iran ha arrestato 880 persone nella provincia settentrionale di Gilan. Lo ha reso noto Hossein Hassanpour, vice comandante delle forze di polizia della provincia, citato dall’agenzia di stampa Tasnim.