La presidente Meloni ha preso parte a Bruxelles, al suo primo incontro con i vertici dell’UE da quando è la nuova Presidente del Consiglio. “La voce dell’Italia in Europa sarà forte“, ha annunciato la stessa premier su Facebook. “Siamo pronti ad affrontare le grandi questioni, a partire dalla crisi energetica, collaborando per una soluzione tempestiva ed efficace al fine di sostenere famiglie e imprese”.
Ma quale progetto politico europeo ha in mente la presidente Meloni? Seguendo le sue più recenti dichiarazioni cercheremo di stilarne i tre punti chiave e obbiettivi politici di medio-termine.
Meloni e il controllo da parte dell’UE delle filiere fondamentali
“Quello che ci racconta l’attuale crisi è che questo modello europeo paventato dai centristi ha avuto dei limiti. Noi pretendevamo di normare come si cucinano gli insetti. Una delle mille direttive surreali che sono state fatte. Ma non ci accorgevamo che non avevamo una strategia energetica, che non avevamo una politica comune di difesa, che non avevamo una politica estera, che avevamo catene di approvvigionamento troppo lunghe.” Sono le parole della presidente Meloni in una nota trasmissione televisiva di quest’anno nei riguardi dell’assetto politico-economico attuale dell’UE. Uno dei punti chiave della sua visione politica consisterebbe nel recupero di una maggiore incisività politica dell’Unione Europea, e di un maggiore controllo delle catene fondamentali di approvvigionamento.
Soluzioni comunitarie basate su catene di approvvigionamento più corte e investimenti, alleggerirebbero per la premier la dipendenza strategica dell’UE, nel medio-termine, da potenze straniere. A tal proposito in un settore cruciale come quello delle tecnologie ad esempio, l’UE è ad oggi tragicamente esposta a shock esogeni. Dipendente per circa il 99% dai chip di Taiwan, e all’80% dalle big tech statunitensi dei big data o cloud. Realtà come Amazon, Google, e Microsoft la fanno da padroni, trasportando circa il 70% del fatturato del settore oltreoceano. Recentemente l’iniziativa a trazione franco-tedesca Gaia-X, aveva gettato le basi per un infrastruttura paneuropea. Che aveva incontrato inizialmente il sostegno della Commissione UE proprio in virtù del valore della “sovranità digitale”. Ad oggi “inspiegabilmente” bloccato, lascia l’UE in una posizione di sudditanza tecnologica, con la “chip war” fra Cina e USA rischia di esserci fatale.
L’Europa e i rapporti con gli USA
“Io dico sempre che la NATO dovrebbe avere due colonne, una europea e l’altra americana. Il nostro destino è certamente occidentale come quello degli americani, ma i nostri interessi, per ragioni geopolitiche, non sempre sono gli stessi. Quindi l’Europa dovrebbe farsi sentire.” Nei confronti dell’alleato americano, la presidente Meloni, ribadisce la necessaria posizione atlantista, ma con un ruolo europeo più protagonista sulla scena globale, a difesa strenua degli interessi geopolitici europei se necessario anche verso Washington. Da ciò nasce la richiesta pressante dell’esercito europeo. “Se l’Europa decide come ha deciso in questi anni di demandare ad altri la sua difesa, l’Europa demanda ad altri anche la sua libertà. Perché gli altri non ti difendono gratis. Ti difendono in cambio di una sfera di influenza. E tu quei soldi che hai risparmiato sulle armi li paghi poi in altre cose.” Sul fronte delle risorse militari infatti l’UE è oggi fortemente esposta. Acquista circa il 60% delle stesse al di fuori dell’Europa. L’acquisto di armamenti statunitensi è un modo per garantirsi una sorta di protezione militare aggiuntiva da parte di Washington.
Meloni e la richiesta di una svolta confederale (e non federale)
“La mia idea di Europa è quella di un’Europa confederale in cui viga il principio di sussidiarietà. Dove Bruxelles non faccia quello che può fare meglio Roma, e dove Roma non agisca lì dove, da soli, non si è competitivi.” La presidente Meloni sarebbe favorevole ad un maggiore coinvolgimento delle istituzioni UE nelle questioni politiche globali e prettamente macroeconomiche. Energia, difesa, esteri, moneta: sono interessi da tutelare con forza “all’esterno” come europei nel mercato globalizzato. Senza abdicare per la logica del principio di sussidiarietà, all’autonomia di ogni singolo stato membro nell’esercizio della propria sovranità nazionale.
Qual è la differenza con il disegno federalista? Il federalismo prevede al contrario un maggiore accentramento e, dunque un maggiore controllo da parte delle istituzioni europee sulle politiche nazionali, a partire da quelle fiscali e di bilancio. L’UE non è ancora né una confederazione, né una federazione. Entrambi i percorsi nascondono parecchie incognite. Il disegno confederale, auspicato della presidente Meloni, necessita di una coesione politica e di un sentimento di solidarietà consolidato per generare un reale impatto globale. Mentre quello federale ha il vantaggio di assicurare rapidità e compattezza. Anche solo il passaggio ad un voto a maggioranza – e non più all’unanimità – in seno alla Consiglio Europeo rappresenterebbe una svolta verso una nuova idea di Europa.