A due anni dalle elezioni americane, abbiamo assistito a delle drammatiche immagini di assalto ai luoghi del potere: questa volta arrivavano dal Brasile. Dove masse inferocite hanno attaccato i simboli del potere per sovvertirlo.
Questi gesti violenti ed eclatanti da parte delle masse, a volte estremi, a volte epici a seconda del giudizio della storia, sono sempre esistiti: l’ultimo è accaduto a Capitol Hill, ma la matrice è la stessa della presa della Bastiglia.
Analizzare gli eventi della storia quando sono passati è più razionale, ma il giornalismo deve raccontare il mentre. Negli Anni Settanta, che oggi appaiono così lontani, gli assalti erano diversi: parliamo del periodo della lotta di classe e dello scontro tra due visioni diametralmente opposte come comunismo e capitalismo, a determinare lo scontro sociale e politico. Oggi viene da chiedersi: chi sono le due parti al centro del conflitto? Cosa accomuna gli assalitori di Capitol Hill e quelli del Congresso brasiliano?
In Brasile come negli USA alla base la sfiducia nelle istituzioni
Sono passati più di cinquanta anni dalle lotte della classe operaia mondiale che almeno in Occidente scendeva in piazza per i propri diritti. Il ’68 come movimento politico giovanile che chiedeva una società più giusta, senza più guerre, e che concedesse più diritti e libertà anche agli ultimi. Quel decennio ebbe il risultato di stravolgere per sempre i costumi e le tradizioni della società piccolo-borghese occidentale. Oggi però è molto difficile delineare le ragioni politiche ed i principali antagonisti dello scenario, perché alla base non vi sono apparentemente né ideologie, né visioni politiche e di classe sociale nettamente agli antipodi come nel Novecento. Eppure se questi gesti estremi, prima in USA e ora in Brasile, si verificano significa che delle spaccature all’interno della società esistono. E che un importante malessere ribolle oggi nelle sue viscere.
In Brasile come negli USA, l’assalto è stato guidato da persone fermamente convinte dell’irregolarità del voto elettorale. Gli assalitori sono certi che il voto sia stato manipolato e corrotto da influenze esterne. Convinti dalle parole – o spesso dalla propaganda – del proprio leader. Multinazionali, intelligence straniere, finanza globalizzata, sette elitarie o esoteriche, come sostenevano i militanti di Qanon nell’assalto di Capitol Hill. Questo significa che viviamo in un momento storico di una drammatica e crescente sfiducia nel popolo verso le istituzioni. Non si tratta difatti di piccoli numeri, ma di decine di migliaia di persone che a seguito della vittoria di Lula si sono riversate nelle piazze a favore di Bolsonaro, rivendicandone la vittoria. Definirli o declassarli come pazzi o estremisti, è forse fin troppo facile. Nella maggior parte dei casi in realtà gli assalitori sono gente comune che si è radicalizzata a seguito di una polarizzazione della politica che non risparmia ormai alcuna democrazia.
Gli assalitori uniti dal rifiuto del potere: i fallimenti della globalizzazione
Dall’Europa agli Stati Uniti, passando per il Brasile la polarizzazione dello scontro politico ha toni novecenteschi. In parte dovuti sia al livello globale, che in ogni singolo Stato, all’inasprimento della dicotomia politica fra USA-Cina; dall’altra alle battute d’arresto della globalizzazione. Dalla crisi finanziaria del 2008, all’inquinamento globale, passando per l’impoverimento della classe media, con la ricchezza sempre di più concentrata nelle mani di pochi. Fattori questi che inevitabilmente hanno alimentato un livore ed una profonda sfiducia in una fetta di persone, che oggi semplicemente non si riconosce più nel sistema vigente.
Questo malcontento e desiderio di rinnovamento viene raccolto in parte oggi dai partiti, che formulano delle proprie proposte anti-sistema. Da una sinistra progressista e ambientalista alla Melanchon in Francia, che ripropone la questione dello Stato sociale. A una destra conservatrice che rivendica invece maggiore autonomia e indipendenza a dispetto della globalizzazione. Il problema è che non sempre lo scontento riesce a trovare politicamente un partito di riferimento. E quando questo accade alcuni formulano le proprie tesi su internet, abbracciando le teorie complottiste più disparate. Gli assalitori di Capitol Hill e quelli in Brasile, non rivendicano determinati diritti, né possiedono in realtà una vera e propria visione politica. Sono piuttosto, uniti dal rifiuto del potere. Un potere dai tratti pasoliniano senza volto e senza nome, non più identificato nello Stato o in un partito, ma in un sistema più grande, elitario, corrotto, e colpevole, che deve essere sovvertito.