La riforma del sistema giudiziario e della Corte Suprema sta mettendo in crisi Israele. Nella notte fra il 26 e il 27 marzo decine di migliaia di persone – forse centinaia di migliaia – hanno protestato invadendo strade, autostrade e piazze delle principali città a cominciare da Tel Aviv. Ci sono stati scontri con la polizia. Una così massiccia mobilitazione antigovernativa non ha precedenti nella storia recente del paese.
Questo dopo che il premier Netanyahu ha licenziato il ministro della Difesa Gallant, reo di avere chiesto lo stop alla riforma. Si attende che lunedì 27 marzo Benyamin Netanyahu parli alla nazione, a cui potrebbe annunciare la sospensione del provvedimento. Anche perché, all’alba, il presidente della Repubblica, Isaac Herzog, ha chiesto al Governo di fermarsi e bloccare di tutto di fronte alla “profonda preoccupazione” che “circonda l’intera nazione“. “La sicurezza, l’economia, la società: tutto è minacciato” ha scritto il capo dello Stato su Twitter in un messaggio dai toni drammatici.
Israele, forte ondata di proteste
Dopo il brusco licenziamento da parte del premier Benyamin Netanyahu del ministro della Difesa, Yoav Gallant, il 26 marzo, i leader delle opposizioni hanno indetto una manifestazione a Tel Aviv di fronte al ministero della Difesa. Altri manifestanti sono andati a dimostrare in segno di solidarietà sotto la casa dell’ex ministro, a Gerusalemme. Proteste si sono svolte anche a Beersheva e ad Haifa.
I leader delle proteste hanno quindi indetto una manifestazione di massa davanti la Knesset – il Parlamento monocamerale di Israele – a Gerusalemme. “Non consentiremo alcun compromesso che danneggi l’Indipendenza della Corte Suprema” hanno sostenuto. Gli stessi leader hanno chiesto che Gallant torni al suo posto di ministro della Difesa.
Perché la riforma è contestata
Secondo gli iniziali programma del Governo, il 27 marzo una Commissione apposita avrebbe dovuto modificare il meccanismo di nomina dei giudici della Corte Suprema, la più alta istanza giudiziaria di Israele. Il punto è che la riforma del premier Benyamin Netanyahu vorrebbe assicurare alla maggioranza politica la preminenza nella scelta dei magistrati.
Ai leader dell’opposizione ciò appare una mossa per porre sotto il controllo dell’esecutivo le attività della magistratura, annullando di fatto l’indipendenza dei poteri. Il leader più importante dei partiti politici che si contrappongono alla destra del Likud di Netanyahu è Yair Lapid di Yesh Atid (“C’è un futuro“), formazione relativamente recente, sorta nel 2012, centrista e laica.
L’appello del presidente di Israele
Lapid, sconfitto alle elezioni politiche dell’1 novembre scorso, ha attaccato la decisione di Netanyahu, sostenendo che “il premier può licenziare il ministro. Ma non può licenziare la realtà del popolo di Israele che sta resistendo alla follia della maggioranza“. Il segretario generale dell’Histadrut, il potente sindacato laburista, Arnon Bar-David, ha annunciato una conferenza stampa il 27 marzo. Potrebbe scattare in tutto il paese lo sciopero generale.
Da parte sua il capo dello Stato, Herzog, ha chiesto a Netanyahu di fermare la riforma della giustizia che “indebolisce il sistema giudiziario“. Herzog ha fatto appello direttamente al premier, facendo riferimento anche ai disordini avvenuti nel paese. “Abbiamo assistito a scene molto difficili. Faccio appello al Primo Ministro, ai membri del Governo e ai membri della coalizione. Per il bene dell’unità del popolo di Israele, per amore della responsabilità a cui siamo obbligati, ti invito a interrompere immediatamente il processo legislativo” della riforma.
Netanyhau però è preso tra due fuochi. Il leader del partito di estrema destra Potenza ebraica e ministro per la Sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir, ha minacciato Netanyahu che farà cadere subito il Governo se il premier decidesse di fermare la riforma giudiziaria.
Gli Usa “preoccupati“
Reazioni immediate sono avvenute anche oltreoceano. Il licenziamento in tronco del ministro della Difesa e le conseguenti durissime proteste popolari hanno destato allarme nell’Amministrazione Biden. “Siamo profondamente preoccupati per gli sviluppi in corso in Israele, compreso il potenziale impatto sulla capacità di reazione militare sollevato dal ministro della difesa Yoav Gallant. Il che sottolinea ulteriormente l’urgente necessità di un compromesso“.
Così il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale, John Kirby. “Come il presidente ha recentemente discusso con Netanyahu direttamente, i valori democratici sono sempre stati, e devono rimanere, un segno distintivo delle relazioni Usa-Israele” ha aggiunto. “Continuiamo a sollecitare con forza i leader israeliani a trovare un compromesso il prima possibile basato su un ampio sostegno popolare“.