A seguito del recente scombussolamento del sistema bancario, continua a rimbalzare la parola “recessione”. Dove vari esperti oggi prevedono un rallentamento dell’economia in Occidente entro qualche mese. La repentina salita dei tassi d’interesse secondo alcuni avrebbe già raggiunto il picco. E molti si aspettano una loro frenata, se non un loro ribasso, a ridare maggiore liquidità al sistema bancario.
La Cina, dal canto suo secondo gli ultimi dati PMI, nel settore manifatturiero non cresce secondo le aspettative. Ma è soprattutto il settore dei servizi a trainare in questo momento, come in Occidente, la sua crescita economica. Proprio a causa di questa lenta ripartenza però, per mantenere il prezzo del petrolio sopra gli 80 dollari a barile, l’OPEC+ ha annunciato recentemente un taglio della produzione.
Quali scenari ci aspettano in questa primavera 2023? Finirà in Europa e negli USA la corsa dei tassi? Siamo davvero alle porte di una recessione?
La Cina non sfonda e in Occidente c’è l’incognita dei tassi di interesse
In Occidente i tassi d’interesse stanno mettendo a dura prova le banche, perché vedono assottigliarsi il valore intrinseco delle obbligazioni tenute in pancia. Causando una crisi di liquidità nel sistema. Da una parte l’inflazione mostra oggi i primi lenti segnali di discesa sia in Europa che negli USA, ma gli esperti non prevedono ancora nulla di buono. Il dollaro è debole e, anch’esso, in discesa, e l’oro, bene rifugio primario, per la prima volta si è portato stabilmente ormai sopra quota 2.000 mila dollari l’oncia. L’incognita della ripresa o no della Cina però, pesa fortemente nei mercati. E c’è chi prevede degli sbalzi inflazionistici in UE nel medio- termine, qualora la crescita economica di Pechino dovesse superare le aspettative. Se il settore manifatturiero cinese difatti ripartisse a tutta birra a macinare materie prime, l’Europa potrebbe nuovamente trovarsi sotto scacco speculativo per le fonti d’approvvigionamento. E subire una repentina impennata dei prezzi.
Nel breve termine però il vero punto interrogativo che attanaglia oggi l’Occidente, riguarda l’andamento dei tassi d’interesse. Dove a seguito del crollo della Silicon Valley Bank, altre 2 banche americane hanno incontrato poi lo stesso destino: la First Republic Bank e la Signature Bank. E pochi giorni dopo l’Europa ha tenuto il fiato sospeso davanti al crack della Credit Suisse e il traballamento della Deutsche Bank. Temendo una nuova crisi finanziaria come nel 2008. Gli operatori finanziari oggi auspicano uno stop da parte delle banche centrali al rialzo dei tassi. Ma solo ieri in Nuova Zelanda, le autorità hanno proceduto verso un rialzo di altri 50 punti base. Mentre l’Australia, è la prima potenza occidentale ad aver lasciato i tassi fermi.
Il ruolo e gli obbiettivi delle banche centrali vs le richieste private
Il rialzo dei tassi, sia negli USA come in Europa, viene perseguito dalle autorità bancarie per tenere a bada l’inflazione galoppante e raffreddare l’economia. Ma nel frattempo sta mettendo a dura prova le banche, che fanno fatica a reperire, a seconda delle necessità, la liquidità. A differenza della crisi del 2008 dunque non stiamo parlando di una crisi di credito, ma delle difficoltà causate dall’aumento sistemico dei tassi d’interesse. Prima ha penalizzato fortemente il sistema delle banche regionali americane, dal 2018 meno regolamentato grazie ad un provvedimento dell’amministrazione Trump. E in generale maggiormente impreparato difronte a stress test di questo tipo. Dove al contrario in Europa l’EBA, l’European Banking Authority, prevede negli stress test da sottoporre alle banche dell’eurozona anche l’eventualità di un repentino rialzo dei tassi di interesse. Fattore non contemplato negli USA.
“L’affaticamento” del sistema bancario oggi sarebbe facilmente risolvibile con un taglio dei tassi ed una maggiore liquidità pompata nel sistema. Il problema rimane però l’inflazione. E per tenerla a bada le banche centrali al momento non possono permettersi di abbassarli. Quest’ultima corsa al rialzo partita nel 2022, ha scatenato numerose polemiche ed esternazioni di importanti guru della finanza che chiedono oggi a gran voce, nei propri canali e sulle testate internazionali, un cambiamento della politica monetaria. Creando previsioni apocalittiche sul futuro dell’economia dell’UE e degli USA qualora questo non si verificasse nel breve termine. Come un imponente recessione in arrivo, causata della stretta creditizia. Ma gli obbiettivi delle banche centrali divergono in questo momento da quelli delle banche private. L’arduo compito oggi della FED e la BCE è tenere a bada l’inflazione senza soffocare la crescita.