Gli occidentali abbandonano il Sudan al suo destino. In queste ore tutte le comunità straniere europee e nord americane presenti nel grande paese dell’Africa centro-orientale sono costrette ad andarsene il più rapidamente possibile.
La guerra civile infuria, dopo il tentato golpe dello scorso 15 aprile, quando le fazioni antigovernative, appoggiate dalla Russia hanno sferrato l’attacco a Khartoum. I morti sarebbero già centinaia, forse migliaia, i feriti altrettanti, molti sono civili e bambini.
I comboniani rischiano la vita
“Sono state ore convulse, di notizie che si accavallavano, spesso smentite. Unica certezza l’urgenza di dover lasciare il Sudan” ha scritto su Twitter Antonella Napoli, direttrice di FocusOnAfrica.info. “La maggior parte degli italiani è già in viaggio con centinaia di altri europei. Ma almeno 50 nostri connazionali sono rimasti per loro scelta nel paese. Tanti sanno, come gli operatori di Emergency e di Msf Italia, che andare via ora significa abbandonare il popolo sudanese al suo destino. Non si può biasimare chi ha deciso di tornare a casa, mai stata tanto pericolosa Khartoum. Ma è doveroso evidenziare scelte di coraggio.”
“Un abbraccio particolare – scrive ancora Napoli – ai tanti padri comboniani che sono rimasti nonostante il ripetuto ‘invito’ a lasciare il paese. Sono stati loro a farmi amare il Sudan. E come nel 2021, dopo aver rischiato la vita quando gli uomini di Bashir (dittatore fino a 4 anni fa, ndr.) mi presero nel 2019, non esiterei a partire.”
La Ue e l’implosione del Sudan
“Centinaia di cittadini europei sono fuori dal Sudan, più di un migliaio di persone” ha dichiarato l’Alto rappresentante della politica estera dell’Unione europea, Josep Borrell. “Ringrazio la Francia e saluto con favore gli sforzi comuni di molti paesi. Ora dobbiamo spingere per una tregua. Non possiamo permettere che il Sudan imploda perché creerebbe scosse telluriche in tutta l’Africa“.
La comunità italiana
Anche l’Italia sta cercando di mettere in salvo i connazionali che si trovano a Khartoum, la capitale del Sudan con 5 milioni di abitanti. Si tratta di lavoratori, imprenditori e operatori delle organizzazioni umanitarie con le loro famiglie. Nella serata del 23 aprile era già decollato alla volta di Gibuti, nel Corno d’Africa, il primo aereo militare C-130. Hanno lasciato Khartoum anche l’ambasciatore Michele Tommasi con il personale militare.
In salvo 200 persone anche straniere
“Dopo una giornata di trepidante attesa, tutti i nostri connazionali in Sudan che hanno chiesto di partire sono stati evacuati. Con loro ci sono anche cittadini stranieri. L’Italia non lascia nessuno indietro“, ha dichiarato la premier Giorgia Meloni. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha poi precisato che si tratta di 140 persone cui si aggiungono alcuni svizzeri, alcuni dipendenti della Nunziatura apostolica e una ventina di cittadini europei per un totale di circa 200 civili. Per tutti loro il caos e l’incertezza erano scoppiati lo scorso 15 aprile, col deflagrare degli scontri armati.
Guerra in Sudan, tregua violata
L’aeroporto di Khartoum è sotto il controllo dei lealisti, ovvero dell’esercito regolare guidato dal generale Abdel Fattah al-Burhan, di fatto presidente del paese. In Sudan è in corso da anni una complessa transizione verso una forma di governo pluralista e democratica dopo trent’anni di dittatura. Già prima del tentato golpe dello scorso aprile, la situazione era stata molto difficile.
Lo scenario a Khartoum è adesso drammatico: le forze armate che si combattono si accusano reciprocamente di avere violato la tregua di 72 ore stabilita in questi giorni. Combattimenti e massacri stanno avvenendo anche in altre zone del paese come nel Darfur. Gli Stati Uniti hanno chiuso la propria ambasciata ed evacuato il personale diplomatico con un aereo militare. Stesso discorso per il Regno Unito, a pochi giorni dall’incoronazione di Re Carlo III. In corso evacuazioni da parte di Francia, Germania, Belgio e Olanda. A Khartoum inoltre si sono diretti alla volta di Port Said decine di veicoli bianchi delle Nazioni Unite.