La Germania registra per il secondo trimestre di fila una contrazione del PIL, entrando in quella che gli esperti indicano come: “recessione tecnica”. Una brutta notizia per il governo tedesco, ma anche per l’economia dell’eurozona, dove il Paese rappresenta da sempre “la locomotiva d’Europa”. 

I fattori che spiegano questo andamento negativo sono molteplici. Prima ancora di quelli economici a pesare sono soprattutto quelli geopolitici. Dove la Germania è senza alcun dubbio la superpotenza europea più penalizzata dalla linea di Washington perseguita nel vecchio continente dallo scoppio della guerra in Ucraina. 

Presidente Olaf Scholz/ FOTO ANSA

L’economia tedesca che non si giova di questa guerra a causa del fattore Russia 

Da gennaio a marzo 2023, il Prodotto Interno Lordo (PIL) della Germania si è ridotto dello 0,3 per cento rispetto al trimestre precedente. Dove anche nell’ultimo trimestre del 2022 il PIL si era contratto, dello 0,5 per cento. È il secondo trimestre di fila dunque in cui l’economia tedesca si contrae. Gli economisti definiscono una circostanza del genere come “recessione tecnica”, ossia una situazione certificata di difficoltà economica di un Paese. Le previsioni degli scorsi mesi erano più ottimistiche, nonostante tutti gli indicatori anticipatori importanti nel settore manifatturiero stessero diminuendo. Ma oggi non c’è più alcun dubbio, ed il futuro economico della Germania appare buio e pieno di incognite. Jorg Kramer, capo economista di Commerzbank, prevede che il Paese non uscirà dalla recessione nemmeno nella seconda metà dell’anno. 

Ursula Von Der Leyen/ FOTO ANSA/ WOLFGANG KUMM

La guerra in Ucraina ha inceppato il motore tedesco, innescando una serie di concatenazioni fatali. Prima fra tutte il fattore Russia. Un alleato economico chiave per la locomotiva tedesca. Grazie ad essa la Germania aveva accesso a fonti energetiche a basso costo, dove il gasdotto Nord Stream 2 ne avrebbe ulteriormente abbattuto i costi, non solo per l’economia tedesca, ma anche per l’Europa intera. Mentre adesso i costi dell’approvvigionamento energetico in Germania come in gran parte d’Europa, sono alle stelle. Decisi in gran parte dal mercato e non più dai contratti a lungo termine. Il GNL americano ad esempio ha un prezzo di trasporto esorbitante rispetto al gas russo. E inevitabilmente il costo dell’energia ha pesato e pesa molto sull’economia tedesca, che vede a causa dell’inflazione i consumi delle famiglie calati nei primi tre mesi di quest’anno dell’1,2%. Colpite anche la spesa di cibo, abbigliamento e nuove automobili.

Il settore automobilistico in Germania: incombe il pericolo cinese

Nel settore di punta della locomotiva tedesca impensieriscono non di poco le ultime prestazioni di Cina e Giappone. La Cina, secondo gli ultimi dati della Cina Association of Automobile Manufacturers, ha strappato recentemente difatti al Giappone il rango di primo Paese esportatore di auto al mondo. Trainate dalla crescente domanda mondiale di auto elettriche, dove Pechino vanta uno sviluppo tecnologico impressionante, le vendite cinesi hanno registrato un balzo record.  Tuttavia la Cina sa che il suo dominio globale non può avvenire senza una migliore presenza nei mercati sviluppati, come: Europa, Stati Uniti, Giappone e Corea. Gli ultimi due Paesi però a differenza dell’UE, hanno mercati piuttosto protetti. E dato il braccio di ferro geopolitico e commerciale in corso con Washington, non resta che la fetta di mercato di settore dell’Europa. Presidiata attualmente dalla Germania.

Ex cancelliera tedesca Angela Merkel/ FOTO ANSA/ ARNO BURGI

L’arrivo di un sempre maggior numero di offerte di auto cinesi in Europa potrebbe da una parte far piacere ai consumatori, ma dall’altra diventerà un serio problema per i brand automobilistici locali. Soprattutto le case automobilistiche che offrono meno prodotti e che sono ancora in ritardo nella corsa all’elettrificazione, sarebbero le più esposte all’arrivo dei cinesi. Non sono pochi gli esperti a temere, in un eventuale accordo di pace commerciale fra Washington e Pechino, una tale “concessione”.  Il mercato europeo dell’auto come agnello sacrificale per la fame cinese. Dopotutto l’entrata del Dragone nel WTO fu una decisione presa a tavolino dell’amministrazione statunitense. L’abbraccio con la Cina è stato utile ai tempi anche alla Germania. Che vede nel Dragone uno dei Paesi più importanti per l’export del proprio settore manifatturiero. Il più grande d’Europa. Difatti anche il rallentamento dell’economia cinese, è una delle concause del trend negativo del PIL tedesco. 

Il disfacimento del “piano Merkel” e il diktat di Washington

L’economia tedesca si trova dunque ora ad un importante bivio, e alla disperata ricerca di nuovi mercati emergenti che diano linfa vitale al proprio settore manifatturiero. Il più grande d’Europa. Il “piano Merkel” di una Russia sempre più vicina all’Europa, che rifornisca il vecchio continente di energia a basso costo.  E di un dialogo privilegiato fra Cina e UE, è  andato in fumo con lo scoppio della Guerra in Ucraina. L’ultima volta nella storia che la Germania ha riscontrato questa convergenza economica l’Europa intera è sprofondata nella Seconda Guerra Mondiale. Per scoraggiare scenari apocalittici restano solo quelle soluzioni europee che proteggano da una parte e incentivino dall’altra lo sviluppo economico dell’eurozona.