La guerra tra Russia e Ucraina ha cambiato il significato geopolitico di ogni manovra – anche di routine – compiuta della NATO. Come l’operazione Baltops 23, che ha visto recentemente la luce in Lituania.
A poche decine di km dal confine bielorusso, Vilnius è difatti divenuto un Paese chiave. Con l’obbiettivo strategico di simulare una “dimostrazione di forza”, nell’entroterra del Paese, nella base di Lakunu, è difatti attualmente in corso anche Air Defender: la più importante esercitazione nei cieli della storia della NATO.
Ma l’Europa dell’Est non è l’unico “fronte” nevralgico del Patto Atlantico. L’idea di una NATO globale, capace di integrare e creare alleanze anche con Paesi dell’Indopacifico per arginare la potenza di fuoco cinese, è ormai in corso. E nonostante i colloqui tra Blinken e Xi Jing Ping bisogna riflettere e osservare molto attentamente le mosse dell’alleanza militare più potente al mondo, se vogliamo capire le future mosse e intenzioni di Washington nel conseguimento della pace globale.
La Lituania Paese-chiave della NATO: il pericolo russo di Kaliningrad
Dal 12 al 23 giugno 250 aerei militari di 25 Paesi membri e partner dell’Alleanza, tra cui Giappone e Svezia, si sono impegnati nella più importante esercitazione nei cieli della storia della NATO. Concepita nel 2018 in risposta all’annessione russa della Crimea, l’esercitazione Air Defender oggi risponde anche ad altre “esigenze” che portano il nome di Kaliningrad. Il lembo di terra russa incuneato tra Lituania e Polonia, situato solo a poche decine di km da Minsk. Dove l’utilizzo sempre più avanzato di droni e missili ipersonici Kinzhal schierati dalla Russia, rappresentano una vera spina nel fianco dell’Alleanza Atlantica. Sarebbero in grado difatti di colpire buona parte dell’Europa senza lasciare agli americani il tempo di reagire per proteggere i Paesi membri NATO. Ma non solo. A Est difatti, in Bielorussia, secondo alcune fonti occidentali, il Cremlino sarebbe prossimo a dislocare testate nucleari tattiche.
Da Kaliningrad un’ipotetica manovra a tenaglia da parte dell’esercito russo-biellorusso sarebbe in grado di isolare in una mossa sola, le ex colonie sovietiche di Lituania, Estonia e Lettonia. Ecco perché qui la paura di un attacco russo e il risentimento anti-sovietico è fortemente marcato. In Lettonia come in Estonia la leva militare è ancora obbligatoria. E assieme alla Polonia, i tre Paesi baltici rappresentano per gli americani gli alleati essenziali in Europa in chiave anti-Putin. Anche perché gli stati mediterranei si mostrano più cauti e moderati nel braccio di ferro con Mosca, e riluttanti a un totale strappo economico e diplomatico. Ma gli USA non intendono arretrare dinanzi al loro nemico storico dai tempi della Guerra Fredda. Sono in molti gli esperti ad aspettarsi, allo scadere del mandato di Stoltenberg l’anno prossimo, un esponente estone o lituano come futuro presidente della NATO.
L’espansionismo nell’Indopacifico: Washington progetta un nuovo Patto Atlantico
Ma se nella minaccia russa il Patto Atlantico ha ritrovato vigore, rinsaldandosi e unendosi nel principio che fu fondatore di quell’alleanza militare. Nel frenare l’espansionismo militare cinese, gli americani a livello narrativo incontrano non poche difficoltà. L’idea di una NATO globale che sulla scia delle parole di Stoltenberg, abbia al suo interno anche alleati asiatici come il Giappone, la Corea del Sud, le Filippine, e forse l’India per accerchiare la Cina sul nodo Taiwan. Non solo spariglia, ma cozza radicalmente con le origini e la natura dell’alleanza atlantica. Che rischia di acquisire piuttosto agli occhi della comunità internazionale i connotati di un avambraccio armato statunitense da “risvegliare” a comando contro qualsiasi aspirante potenza egemone. Oggi la Cina, ma un domani l’India o il Brasile.
Dal patto di cooperazione nella difesa tra gli Stati Uniti e il Giappone firmato a gennaio, a quello con le Filippine, i pezzi del mosaico dei piani di Washington appaiono evidenti. Il via libera al dispiegamento di più efficaci forze militari americane nel continente asiatico in funzione anti-Cina, e di contenimento dell’asse Pechino-Mosca, nonché del lancio di nuove “reti” di sicurezza nel Pacifico. Una situazione che dovrebbe spingere noi europei prima che sia troppo tardi, a un importante riflessione politica circa i nostri interessi, come sui metodi messi in campo da Washington per il conseguimento della pace globale. Il presidente Xi Jing Ping a seguito dell’incontro con Blinken ha riaffermato ancora una volta l’insindacabilità e l’irremovibilità di Pechino sull’indipendenza di Taiwan. Provare magari una politica di pace che per una volta non arrivi grazie ad una guerra – spesso – americana.