Si è da poco concluso in Sud Africa l’ultimo Summit dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa) dove è stata annunciata ufficialmente l’adesione di sei nuove Nazioni: Argentina, Etiopia, Iran, Arabia Saudita, Egitto e gli Emirati Arabi Uniti. Che dal prossimo anno entreranno a far parte a tutti gli effetti del blocco geopolitico che i media occidentali definiscono come l’anti-G7.
Ma gli equilibri all’interno dei BRICS stanno cambiando. E l’egemonia economica della Cina è oggi messa in forte discussione dalla ormai quinta potenza mondiale: l’India. Gli americani e l’Occidente ora puntano su di lei per detonare il potere cinese e assicurarsi che i BRICS non diventino una piattaforma guidata dalla Cina. E dunque mentre l’economia di Pechino arranca l’India sta avanzando come nuovo ponte tra il Sud globale e le principali democrazie mondiali. Perché? E in che modo?
Il nuovo ruolo anti-Cina dell’India tra i BRICS
Il XV summit dei BRICS si è concluso con la già prevista espansione del blocco e l’annuncio dei nuovi membri. Ma se l’inclusione dell’Iran spaventa gli esperti per un rafforzamento di una possibile svolta del blocco sempre più anti-occidentale, i riflettori sono puntati sul nuovo ruolo dell’India. Oggi percepita come un’economia forte in grado di far parte del blocco senza doversi piegare alle richieste della Cina. Che finora aveva guidato i BRICS in solitaria perseguendo il progetto di un gruppo separato di Nazioni cosiddette “in via di sviluppo”, che via via contrastassero l’egemonia economica dei Paesi del G7. E più nello stesso specifico l’egemonia finanziaria statunitense. Il fatto è che oggi il BRICS non rappresenta più il fanalino di coda della globalizzazione, ma mette insieme economie mature e con un importante sviluppo tecnologico. E dunque la leadership cinese non è più così scontata come un tempo.
Il presidente cinese Xi Jing Ping è difatti abbastanza insoddisfatto del summit poiché è fallito, almeno per ora, il progetto di una propria valuta dei BRICS per contrastare il dollaro statunitense. In cui aveva sperato anche il presidente Vladimir Putin, che qualche mese fa aveva descritto la nuova moneta come una realtà imminente. Ma l’annuncio nei fatti a Johannesburg non c’è stato. E il blocco al contrario ha incoraggiato i membri a commerciare nelle loro valute locali. Il leader cinese sta inoltre combattendo con un’economia in forte decelerazione, e la crisi sta inevitabilmente concorrendo a porre delle crepe sulla sua capacità di leadership. Mentre al contrario l’India, non solo è divenuto il Paese più popoloso del mondo, la più grande “democrazia” e la quinta economia mondiale. Ma ha recentemente raggiunto un importantissimo traguardo tecnologico.
L’India come portavoce del Sud globale
Classificandosi come il primo Paese a raggiungere il polo sud della luna e il quarto ad atterrare sulla superficie lunare. L’India concorre a impensierire la Cina nella sua strategia per ottenere la leadership del Sud globale. New Delhi nei decenni in realtà si è sempre ritagliata il suo ruolo di portavoce dei Paesi in via di sviluppo, dando voce alle loro preoccupazioni verso le economie occidentali. Ed è per questo che persino in Africa, nonostante i mastodontici investimenti, non è detto che in futuro l’influenza cinese non si possa indebolire nel tempo. Dove tra l’Iniziativa della Via della Seta (Bri) e l’assistenza allo sviluppo, il leader cinese ha elargito negli ultimi decenni miliardi di dollari in aiuti e prestiti.
Ma i leader africani sono incappati in un approccio dalle logiche non troppo lontane di quelle del colonialismo occidentale. Dove la maggior parte di questi prestiti è stata finalizzata difatti a rendere i loro Paesi dipendenti da Pechino e a impossessarsi di asset strategici come porti e altre infrastrutture in caso di inadempienza. L’India, invece, che non ha mai avuto ambizioni imperiali, ma al contrario ha subito lo stesso saccheggio coloniale, l’umiliazione, e la fame, potrebbe veder attecchire il proprio aplomb ancora più in profondità di Pechino. Ora che ha anche la forza, la credibilità, l’autorità e la comprensione delle questioni del mondo in via di sviluppo, per giocare ad armi pari con Cina e Russia.
L’opportunità dell’Italia: la presidente Meloni e i rapporti con Modi
La piccola esperienza italiana come potenza imperiale in Etiopia e Libia è durata molto poco. La presidente Meloni ha compreso in anticipo rispetto agli altri leader europei la nuova battaglia geopolitica che si sta consumando in Africa. Lanciando il suo Piano Mattei”, che si concentra sullo sviluppo e sulla cooperazione con il subcontinente africano, piuttosto che a un suo forsennato sfruttamento. Visiterà l’India a settembre 2023, che sarà il suo secondo viaggio a New Delhi di quest’anno. Meloni e Modi hanno sviluppato un forte rapporto dalla sua elezione ed entrambi hanno strategie convergenti per l’Africa. Questo regala oggi una grande opportunità e importanti margini di manovra al nostro Paese, che nei riguardi del Terzo Mondo si è sempre contraddistinto come approccio rispetto ai propri partner europei. La presidente Meloni ha dunque l’opportunità storica di consolidare il ruolo dell’Italia sulla scena globale.