Alla 18esima edizione della Festa del Cinema di Roma le testimonianze vivide ed emozionanti di Tante facce nella Memoria di Francesca Comencini. Tratto dall’omonimo spettacolo teatrale, un lungometraggio che affronta da una prospettiva diversa e, forse, poco esplorata il tragico eccidio alle Fosse Ardeatine.
Francesca Comencini porta sul grande schermo lo spettacolo teatrale da lei curato con Mia Benedetta. Opera tratta dalle registrazioni raccolte da Alessandro Portelli tra il 1997 e il 1999. Si tratta di uno straziante e lancinante racconto orale di madri, moglie e figlie che hanno vissuto l’eccidio delle Fosse Ardeatine in prima persona, sui loro affetti più cari. Brevi e intensi monologhi che sembrano dialogare l’uno con l’altro fino ad intersecarsi in quello che sicuramente è un ritmo incalzante e doloroso. Emozioni forti, vere e vivide di quelle vedove ‘sconosciute’ e di quegli orfani dal 1944. In scena Lunetta Savino, Mia Benedetta, Bianca Nappi, Carlotta Natoli, Simonetta Solder. 80 minuti in cui la memoria di sei donne si accende viva in chiunque la stia ascoltando nella narrazione di Tante Facce nella Memoria.
Un resoconto storico carico di emozioni
Tante Facce nella Memoria è un racconto lancinante sulla memoria della tragedia terribile che segnò Roma tra il 23 e il 24 marzo del 1944, dove 335 uomini furono prelevati dalle loro case, dai posti di lavoro o dalle carceri in cui si trovavano come detenuti politici per essere fucilati e ammassati alle Fosse Ardeatine. Oggi luogo sacro, di culto e di memoria, all’epoca simbolo di un eccidio che lasciò vedove tante donne e orfani tanti bambini nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Un racconto struggente che rivive nel ricordo e nella memoria di chi resta e che si fa più duro e forte delle stesse lapidi. E se c’è qualcosa che rende il tutto ancora più drammatico e pressante, sicuramente, è il fatto che si tratta di un resoconto storico vero, fatto di testimonianze, di donne che hanno vissuto in maniera diretta l’esperienza che restituiscono al racconto.
Il palco accende i riflettori su queste sei donne che, apparentemente, potrebbero essere viste come due lati opposti della stessa moneta, ma che in realtà appartengono ad un unico coro che si oppone ad un nemico comune. L’orrore delle Fosse Ardeatine avvenne, si racconta, come conseguenza all’attentato da parte della Resistenza verso l’esercito tedesco in Via Rasella del 23 marzo 1944. Poco dopo i tedeschi misero in atto una vera e propria rappresaglia che culminò con l’assassinio di 335 persone. Qualcuno parlò all’epoca di manifesti nei quali l’esercito invitava gli artefici dell’attentato a consegnarsi per salvare la vita ai prigionieri, ma di quei manifesti nessuno ne vide mai la traccia.
Voci di donne
Grazie alle interviste fatte da Alessandro Portelli nello spettacolo trova voce un resoconto tutto al femminile che, tra storie che si incrociano inevitabilmente, da luogo ad una storia unica, tragica ed emotiva. Voci di donne che parlano di ricordi, memorie, emozioni, gesti che rivelano un volto di una Roma diversa, silenziosa e al tempo stesso eroica. Portelli fa una considerazione nel suo libro L’ordine è già stato eseguito e scrive: “Una cosa di cui io non mi ero mai molto reso conto prima è che lì alle Fosse Ardeatine sono morti tutti uomini e hanno lasciato tutte donne. Questa è una storia che non viene mai raccontata: le vite delle persone che sono rimaste, sua madre, sua sorella, cioè voi vi siete trovate“.
Grazie anche alla collaborazione con l’archivio sonoro Franco Coggiola del Circolo Gianni Bosio e Casa della Memoria e della Storia, Mia Benedetta e Francesca Comencini hanno costruito un racconto in cui si nota l’eroismo, la forza, la fragilità, il dolore di donne che sono rimaste, che hanno lottato, donne che sono dovute sopravvivere al dolore. Lucia Ottobrini, Carla Capponi e Luisa Musu rivelano le loro emozioni più intime legate agli anni nella Resistenza. Ada Pignotti, Vera Simoni e Gabriella Polli consegnano a tutti la loro tragica esperienza legata alla perdita di padri, mariti e figli. Tutte capaci di restituire uno sguardo personale e vero su un periodo storico della storia moderna. Con lucidità, intelligenza e passione, queste donne restituiscono uno squarcio realistico e doloroso su uno degli eventi più atroci della nostra storia moderna nazionale.
La memoria di una Storia ‘divisa’ in storie
Il focus, come del resto suggerisce anche il titolo del lungometraggio, è la memoria. Una memoria da apprendere, tramandare, dalla quale lasciarsi toccare e coinvolgere per conoscere e non smettere di divulgare. Come riporta in una nota Fondazione Teatro di Roma, che ha ospitato lo spettacolo teatrale Tante Facce nella Memoria, Francesca Comencini ha spiegato: “Le interviste di Alessandro Portelli sono un fiume di parole tenute nel loro letto dall’ascolto partecipato dell’intervistatore. Sono fatte per essere ascoltate, più che trascritte. La storia orale, che sminuzza la Storia in storie, tante e complesse, piene di dettagli, di ‘frantumaglie‘, per dirla con Elena Ferrante, mi appassiona da sempre. Nei miei documentari ho ogni volta tentato di tracciarne umilmente un pezzetto. È ciò che amo fare di più“.
“In questo caso – rivela ancora Francesca Comencini – ho pensato che le voci, raccolte da Portelli, spesso inedite, di donne protagoniste a vario titolo, da eroine riconosciute della Resistenza a anonime cittadine romane capitate quasi loro malgrado nella grande macchina della Storia, meritassero un più ampio e nuovo ascolto. Sono, doppiamente, l’altra faccia della storia: perché storia orale, e perché storia orale al femminile“. Ed ecco che allora emergono queste tante facce della stessa Memoria, con sfumature diverse e precise.
Sinossi di Tante facce nella Memoria
Sei donne sedute in fila l’una accanto all’altra. Sullo sfondo scuro e spoglio di un teatro raccontano. Sono Lucia Ottobrini, Carla Capponi, Luisa Musu, Ada Pignotti, Vera Simoni, Gabriella Polli. Tra di loro mogli, madri, figlie di alcuni di quei 335 uomini che il 24 marzo del 1944 furono assassinati alle Fosse Ardeatine. Tre di loro sono, invece, due medaglie d’argento e una medaglia d’oro nella lotta partigiana che, in quegli anni, prese il nome di Resistenza. Schierate, come si potrebbe erroneamente immaginare, in due poli opposti, si ritrovano alla fine tutte unite nello stesso comune denominatore. Popolane o piccolo borghesi, gappiste o figlie di generali e ingegneri. Tutte raccontano, vogliono e devono raccontare, la loro storia. Chi con rabbia, chi con disperazione, chi con pena e chi con testardaggine.