Il bilancio del 2023 per l’Ucraina purtroppo non è felice come sperato. Che a seguito del fallimento dell’offensiva ora deve fare i conti con la stanchezza di una guerra logorante. Quasi due anni di conflitto sono lunghissimi e il fattore tempo inizia a pesare sempre di più sui fronti russo-ucraino.
Il futuro del Paese è ora legato alla tenuta del fronte est e all’arrivo degli aiuti economici e militari occidentali. Che però sono ancora bloccati sia per quanto riguarda l’alleato statunitense che quello europeo. Fonti di Mosca nel frattempo fanno sapere che «gli obiettivi dell’operazione speciale saranno raggiunti». Mentre Kiev parla di «7 fronti di avanzata aperti dal nemico» a est e di un dicembre come «il mese più difficile».
L’Ucraina e la dipendenza dagli aiuti europei e americani
Il fattore tempo ha iniziato da parecchi mesi a pesare sull’umore dell’esercito ucraino, come pure fra i suoi alleati. Dove gli effetti della guerra si riverberano sullo scacchiere mondiale. Nelle ultime settimane sulla stampa internazionale circolano tutte le varie problematiche che potenzialmente potrebbero rappresentare il punto di non ritorno per Kiev. Che deve fare anche i conti oggi con lo scoppio di un secondo importante conflitto come quello in Medio Oriente, che inevitabilmente sta assorbendo risorse e attenzione mediatica. Ma ad oggi a pesare sull’ingranaggio della macchina di Kiev, vi sarebbero diversi fattori. Dove il primo è economico. Kiev dipende in toto dagli aiuti occidentali. E non si parla di sole forniture militari. Senza le centinaia di miliardi al governo Zelensky dei Paesi europei e, soprattutto degli Stati uniti, l’Ucraina sarebbe uno stato in default.
L’Ucraina e gli aiuti USA: i Repubblicani li bloccano e chiedono qualcosa in cambio a Biden?
E dunque l’annuncio di metà dicembre arrivato dai deputati repubblicani americani di bloccare la votazione per il rinnovo degli aiuti economici a Kiev, non può che generare enorme preoccupazione. Gli aiuti, nello specifico, riguarderebbero 61 miliardi che fanno parte di un pacchetto più ampio di 106 miliardi di fondi straordinari. Gli USA hanno deciso di destinare ben 14miliardi ad Israele e il resto di dedicarlo al Pacifico e alla gestione del confine con il Messico. Lo speaker della camera Mike Johnson, avrebbe spiegato che l’opposizione repubblicana non sarebbe direttamente contro l’Ucraina, ma che sarebbero le “politiche fallimentari di Biden”, che non stanno portando ad alcun risultato, ad alimentare il dissenso fra i Repubblicani.
I democratici dal canto loro ovviamente in piena campagna elettorale non intendono mollare, dato che la fine della guerra in Ucraina rappresenterebbe un gigantesco successo per l’amministrazione Biden. Che ha sempre dichiarato come proprio interesse strategico il suo pieno sostegno a Zelensky per raggiungere l’obbiettivo di arginare Putin. Ma per ottenere lo sblocco di nuovi sostanziosi aiuti i Repubblicani vorranno qualcosa in cambio. E secondo gli analisti potrebbe riguardare una delle lotte chiave del partito come: la gestione della politica migratoria americana alla frontiera messicana e una modifica alla legge sui visti. Concessioni molto difficili da concedere per Biden, che rischia di perdere così parecchi consensi nell’ala sinistra del suo partito.
Il fattore militare: i nuovi fronti a Est e pochi uomini
Ma un altro fattore determinante oggi a penalizzare Kiev sarebbe anche e soprattutto quello militare. Ci sono voluti parecchi mesi affinché gli uomini più vicini a Zelensky ammettessero che «la controffensiva non è andata come sperato». Ma adesso la sconfitta a Marinka, ha delineato un ulteriore cambio di rotta dell’evoluzione del conflitto. Non solo gli ucraini non sono più all’attacco, ma ora sono costretti a difendersi. Vicino Marinka c’è Avdiivka, dove i russi bombardano costantemente da mesi. E rappresenta oggi un ennesimo fronte aperto come le precedenti Mariupol e Bakhmut. Si stima che ogni giorno ad Avdiivka muoiano tra i 20 e i 200 soldati in totale. E all’Ucraina da tempo servono più uomini per lo sforzo bellico. Dove il conflitto si è trasformato in quello che in gergo militare si chiama guerra di posizione. E il numero di uomini – che pende a favore dei russi – sulla lunga gittata inizia a fare la differenza.