Il 2024 comincia male per l’Ucraina in guerra contro gli occupanti russi. A poco meno di due anni dall’invasione del 24 febbraio 2022, Kiev è nei guai. Le armate di Putin controllano ormai stabilmente il 20% del territorio e, sebbene siano clamorosamente falliti gli iniziali obiettivi di conquista della capitale e di rovesciamento delle autorità ucraine, la Russia appare un monolite. Impossibile o quasi da espellere tout-court. In questo contesto la popolazione ucraina e gli alleati di Kiev – Usa ed Europa – sono stanchi e mostrano segni di cedimento nella volontà di sostegno militare ed economico alla prosecuzione del conflitto.
Da Washington giunge la notizia che i fondi che il Congresso americano aveva stanziato per le armi a Kiev sono finiti. L’assistenza degli Stati Uniti nella guerra contro la Russia “si è interrotta“, almeno per il momento, secondo le parole del portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale, John Kirby. Ma Volodymyr Zelensky insiste nell’affermare che qualsiasi “pausa” nella difesa dell’Ucraina contro l’invasione russa aiuterebbe solo Mosca a riarmarsi e le permetterebbe di “schiacciare” l’Ucraina.
Al Congresso degli Stati Uniti proseguono i negoziati tra democratici e repubblicani su un nuovo pacchetto di aiuti e tuttavia la strada è in salita. A novembre ci sono le elezioni presidenziali, Joe Biden si è ricandidato e, in base ai sondaggi, sarebbe in questo momento ampiamente sconfitto da Trump. Secondo gli istituti demoscopici, gli statunitensi non sono più favorevoli come in passato a sostenere l’Ucraina. C’è di più: da 3 mesi occorre affrontare le conseguenze della guerra fra Hamas e Israele a Gaza: un conflitto che rischia di far esplodere tutto il Medio Oriente.
La posizione dell’Italia
Volodymyr Zelensky ha visitato in questi giorni i paesi baltici, nemici della Russia, e ha fatto un appello per nuovi e più forti sostegni militari. Estonia, Lettonia e Lituania sono i più convinti sostenitori dell’esigenza di puntare a una vittoria ucraina sul campo. Si tratta però di una prospettiva molto difficile, per non dire impossibile. Più equilibrata appare la posizione del ministro della Difesa italiano, Guido Crosetto.
Il 10 gennaio il Parlamento italiano ha approvato l’8º pacchetto di aiuti all’Ucraina. Ma in Aula, al di là della conferma del sostegno militare a Kiev, è stato lo stesso Crosetto a evocare la possibilità che si aprano spiragli per porre fine alla guerra. “Parrebbe giunto il momento per un’incisiva azione diplomatica – ha dichiarato il ministro – che affianchi gli aiuti che stiamo portando avanti, perché si rilevano una serie di segnali importanti che giungono da entrambe le parti in causa“. E ancora: “Le dichiarazioni di diversi interlocutori russi evidenziano una lenta e progressiva maturazione di una disponibilità al dialogo per porre fine alla guerra. In Ucraina il fronte interno appare meno compatto che nel passato nel sostenere la politica del presidente Zelensky“.
Zelensky in difficoltà in Ucraina
In realtà dal campo russo arrivano dichiarazioni dell’ex presidente Dmitry Medvedev che torna a evocare l’olocausto nucleare. Medvedev mette in guardia l’Occidente dal fornire all’Ucraina missili a lungo raggio capaci di colpire le basi di lancio in profondità nel territorio russo. In tal caso, avverte l’attuale vice capo del Consiglio di Sicurezza nazionale, Mosca sarebbe autorizzata a rispondere con armi atomiche.
Dal canto suo l’Ucraina chiede ai leader europei di mantenere l’impegno a fornire “il milione di munizioni promesso l’anno scorso“, così come ulteriori concrete garanzie sulla futura adesione dell’Ucraina alle strutture della NATO e dell’Ue. Il presidente ucraino ha in questi giorni riservato anche un rimprovero alle migliaia di uomini che hanno l’età per andare al fronte ma hanno preferito riparare all’estero, mentre in patria l’esercito è impantanato in una logorante guerra di posizione. “Questi uomini dovrebbero essere in Ucraina e aiutare l’Ucraina, si tratta di una questione etica e morale” ha detto Zelensky. Il Parlamento di Kiev ha però rinviato al Governo una proposta di legge su una nuova mobilitazione militare. “Non tutte le regole possono essere accettate, alcune disposizioni vìolano direttamente i diritti umani” ha lamentato il capogruppo del partito del presidente, David Arakhamia.
La popolazione, intanto, continua a soffrire. Nella notte tra mercoledì 10 e giovedì 11 gennaio due missili S-300 russi hanno colpito a Kharkiv un hotel dove sono rimaste ferite 11 persone, tra le quali alcuni giornalisti. Secondo la polizia uno di loro è un reporter turco. Continuano anche gli attacchi di droni ucraini in territorio russo. Le autorità di Mosca affermano che velivoli senza pilota sono stati abbattuti sulle regioni di Rostov, Tula, Voronezh e Kaluga. Nell’omonima città capoluogo di quest’ultima regione è stata centrata e danneggiata una stazione di pompaggio del gas, secondo quanto ha fatto sapere il governatore.