L’affossamento politico della legge che in Veneto avrebbe dovuto normare tempi e procedure del suicidio medicalmente assistito ha portato alla ‘punizione’ della consigliera regionale del PD, Anna Maria Bigon. Il suo partito l’ha sollevata dal ruolo di vicesegretaria provinciale a Verona. Un’iniziativa autonoma della segreteria scaligera dei democratici. Che ha determinato rabbia e sconcerto fra i vertici romani dello stesso PD. Un partito che non sembra godere di ottima salute, e dove regna non poca confusione, mentre si avvicina la campagna elettorale per le elezioni europee dell’8 e 9 giugno prossimi.

Con la sua astensione, la scorsa settimana, Bigon ha di fatto portato alla bocciatura della legge di iniziativa popolare sul suicidio medicalmente assistito in Veneto, fortemente appoggiata dal governatore Luca Zaia. Fermo restando, naturalmente, che tale legge – sulla quale i partiti avevano dato libertà di coscienza ai propri consiglieri al momento del voto – ha spaccato in primo luogo la maggioranza di Centrodestra. Fratelli d’Italia e Forza Italia hanno votato contro; la Lega di Zaia si è divisa in due fra contrari e favorevoli.

Anna Maria Bigon. Foto X @unitaonline

Non c’è più rapporto di fiducia

Ma la crisi è scoppiata nel PD che ha rimosso Bigon. In una nota congiunta, il segretario regionale del Veneto, Andrea Martella, e il responsabile nazionale dell’organizzazione del Partito Democratico, Igor Taruffi, hanno parlato di una decisione presa a livello localein totale autonomia“. Una scelta che “non è frutto di indicazioni nazionali“.

Franco Bonfante, segretario provinciale del PD di Verona, ha spiegato così la revoca della delega alla consigliera sua concittadina: “Per il venir meno del rapporto di fiducia politica, tenuto conto del generale sentimento di iscritti ed elettori del Pd veronese, in grandissima maggioranza sconcertati e delusi dalla scelta di Bigon. E favorevoli a regolamentare il fine vita a seguito della sentenza della Consulta“. “Non credo nelle sanzioni disciplinari su temi etici, ed è corretto che sia lasciata libertà di voto per motivi di coscienza” ha aggiunto Bonfante. “Ma chi la pratica deve essere consapevole delle conseguenze politiche, a maggior ragione se vi erano alternative, come l’uscita dall’aula“.

PD, la rabbia di Delrio e Serracchiani

Nel Partito Democratico, l’ala cattolico-riformista protesta. L’ex ministro Graziano Delrio ha parlato di un “brutto segnale“. Perché “è inammissibile processare una persona per le sue idee“. Per il senatore “la decisione del segretario provinciale di Verona di revocare l’incarico di vice ad Anna Maria Bigon motivata come ‘conseguenza politica‘ della sua scelta in aula è un brutto segnale“.

“È certamente decisione sua, come rivendica e come chiarito dai vertici regionali e nazionali del partito. Tuttavia resta inammissibile che si voglia processare una persona per le sue idee e non può essere accettato. Ad Anna Maria confermo la mia vicinanza e condivisione per le scelte compiute in piena libertà“.

Sul punto è intervenuta anche la ex capogruppo alla Camera ed ex presidente del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, ben consapevole che la mancata legge sul fine vita in Veneto ha spaccato persino la Lega. “Non ho personalmente condiviso la decisione di Anna Maria Bigon – ha scritto su X – ma su un tema come il fine vita nel Partito Democratico l’esercizio della libertà di coscienza non può essere punito. Rispetto l’autonomia del livello provinciale, ma chiedo al segretario del PD veronese di ripensarci“. Dopo la storia sull’hotel con le piscine emozionali dove andava Berlusconi che i deputati del PD hanno scelto per la loro convention, la vicenda veneta sul voto di coscienza è un’altra tegola. Molto più seria e grave, per la segretaria nazionale Elly Schlein.