L’allarme smog si fa dirompente a Milano e in tutta la Lombardia, dove da martedì 20 febbraio scattano misure drastiche nel tentativo di svelenire almeno in parte l’aria ipertossica che le persone respirano ogni giorno. La Pianura Padana è una delle zone a più alto inquinamento d’Europa ma il capoluogo e tutte le altre province cercano di non rassegnarsi. 

Il superamento dei livelli del Particulate Matter (PM, particolato o polveri fini) di varie dimensioni – PM10, PM 2,5 – per 4 giorni consecutivi, ha spinto la Regione Lombardia ad adottare nuove regole. Anche perché le previsioni meteo non indicano pioggia almeno fino al 22 febbraio. Il che significa che lo smog non sarà spazzato via presto. È così che scattano limitazioni al traffico dei veicoli in 9 province lombarde. Le norme non riguardano dunque solo Milano ma anche Monza, Como, Bergamo, Brescia, Mantova, Cremona, Lodi e Pavia.

Foto X @TgrRaiLombardia

Lo smog e le auto

Nei Comuni con più di 30mila abitanti circolazione limitata il 20 febbraio tutti i giorni nella fascia oraria 7.30-19.30 per i veicoli Euro 0 e 1 di qualsiasi alimentazione. E anche per i veicoli Euro 2, 3 e 4 a gasolio. Rispetto a quelle previste dalle misure permanenti, le limitazioni antismog si applicano anche sabato e domenica e coinvolgono anche i veicoli Euro 4 diesel commerciali anche se con Fap e gli Euro 0 e 1 a Gpl e metano. Gli autoveicoli che hanno aderito a MoVe-In sono soggetti alle limitazioni temporanee della circolazione come gli altri veicoli inquinanti.

Le stufe a pellet sono un guaio

Capitolo riscaldamenti: in tutti i Comuni delle province coinvolte è vietato tenere temperature superiori a 19 gradi nelle abitazioni e negli esercizi commerciali. In presenza di impianto alternativo non si possono utilizzare generatori a legna per riscaldamento domestico di classe emissiva fino a 3 stelle compresa (primo livello).

Questo è un punto importante: secondo il database Inemar (Inventario Emissioni Aria), nel 2021 oltre la metà delle polveri PM 2,5 presenti nell’aria della Lombardia proveniva dal riscaldamento a legna e pellet (52,2%). Il traffico produceva ‘solo’ il 18,4% dello smog. Il vero fattore resta però la stufa a pellet, che inquinerebbe oltre 10 volte di più di un vecchio camion diesel. Rispetto alla Lombardia, la situazione a Milano è parzialmente diversa. La Commissione europea ha rilevato come le polveri PM 2,5 derivino in primo luogo sempre dal riscaldamento a legna e pellet (33%), in secondo luogo dal traffico (27%). E infine dall’industria (16%).

Foto X @sil_gam

Smog e agricoltura

Le misure anti smog della Regione Lombardia colpiscono anche l’agricoltura. In tutti i Comuni delle 9 province che abbiamo ricordato scatta il divieto di spandere gli effluenti di allevamento – liquami, letame, ecc.. – delle acque reflue, dei digestati – residui dell’attività agroalimentare, sottoprodotti di origine animale, ecc. Ma anche dei fertilizzanti e dei fanghi di depurazione. Salvo iniezione e interramento immediato. Completano il quadro, infine, i divieti di combustioni e di accensione di fuochi all’aperto.

Possibile una class action

Fanno discutere, intanto, le rilevazioni della società svizzera IqAir, che ha collocato Milano in cima alla classifica delle città più inquinate del mondo. Il sindaco Beppe Sala ha polemizzato contro i risultati di questa ricerca, sostenendo come la qualità dell’aria sia in realtà migliorata negli ultimi anni. “Siamo sicuramente in un periodo con superamento di standard normativi. Ma non è vero che Milano è la terza città peggiore al mondo” per lo smog, ha detto all’Adnkronos Guido Lanzani, responsabile Qualità dell’aria di Arpa Lombardia.

Classifiche o meno, oltre 50mila milanesi mostrano manifestazioni di interesse per una class action – cioè un’azione legale collettiva in giudizio – a causa dei pesanti livelli di smog. Ad annunciarlo all’Adnkronos è l’avvocato Bruno Borin, della società Consulcesi che offre consulenze e assistenza legale. Secondo il legale, che ha già depositato in tribunale gli atti, per avviare la causa bastano le sentenze della corte di giustizia europea. “L’Italia -dice all’Adnkronos – è stata condannata nel 2020 e nel 2022 per aver sforato ripetutamente dal 2008 al 2017 i limiti giornalieri di PM10 e biossido d’azoto (…). È arrivato il momento per un’azione legale collettiva. Non possiamo aspettare di ammalarci“. Del resto sono ormai numerosi gli studi e le classifiche che indiano il nostro Paese come uno dei più inquinati a livello internazionale, perlomeno in Europa.