Anche se colpita con sanzioni senza precedenti, arrivate oggi al tredicesimo pacchetto, la Russia si è sempre mostrata in grado di reggere l’urto. E con l’aiuto delle cosiddette triangolazioni economiche e di nuove rotte, ha creato oggi una rete di intermediari che hanno permesso al mercato globale di adattarsi alle sanzioni ed eluderle.
Mentre l’Unione Europea si affanna nel tentativo di bloccare o quantomeno rallentare l’economia russa. La Russia continua a ricevere beni di lusso e prodotti di alta tecnologia occidentale. Senza contare che ha ormai pienamente rimpiazzato i flussi di greggio che prima andavano verso l’UE con altri mercati come Cina e India. Ma quali sono queste falle del sistema delle sanzioni che consentono a Putin di continuare a prosperare? Sarebbero soprattutto le cosiddette triangolazioni economiche, che hanno creato una rete di Nazioni intermediarie che oggi hanno permesso alla Russia di arginare le sanzioni, continuando a ricevere e smerciare i suoi prodotti da e in Occidente.
Le triangolazioni economiche della Russia con gli ex Paesi dell’URSS
Questi fedelissimi alleati sarebbero soprattutto ex colonie dell’impero sovietico come l’Armenia, il Kazakistan, il Kirghistan, e nuovi “amici” di Mosca come la Turchia e l’Arabia Saudita. Il loro ruolo non è altro che fare da tramite per l’ingresso o l’export dei beni occidentali da e per la Russia. Per eludere le sanzioni europee sui combustibili ad esempio, come riferito dall’agenzia Reuters e confermato da diverse testate a Mosca, le petroliere russe effettuano trasferimenti di greggio in alto mare da nave a nave. In particolar modo nel mar Baltico e nell’Egeo, dove lo immettono sul mercato attraverso partner commerciali privi di vincoli. In alternativa Paesi europei hanno comprato il greggio da quei partner di Mosca, che dallo scoppio della guerra hanno iniziato a raddoppiarne le importazioni. Come il caso dell’Arabia Saudita che dal 2022 ha raddoppiato la quantità di prodotti petroliferi russi. Intensificando nel frattempo il commercio di greggio con la Polonia.
Per quanto riguarda invece i beni di lusso e l’alta tecnologia, come microprocessori e chip. La Russia riesce ad eludere le sanzioni avvalendosi dell’aiuto di Stati ponte come Armenia, Turchia, Serbia, Kazakistan o Tajikistan. A conferma della strategia di Mosca vi sarebbero evidenze inequivocabili come il caso dell’Armenia e della Georgia. Che già dal primo anno dallo scoppio del conflitto in Ucraina hanno registrato un aumento del PIL rispettivamente del 12,6% e 10,1%. E dove il dato significativo riguarderebbe proprio l’export. Le esportazioni armene verso la Russia infatti sono aumentate del 463% tra il 2022 e il 2023. Prima del 2022, l’Armenia esportava principalmente prodotti agricoli, materie prime e una quantità parecchio limitata di tecnologie. Ma nel corso del 2022, il contenuto e la portata delle esportazioni armene sono “magicamente” mutate. Mentre parallelamente si è assistito a un aumento significativo delle importazioni armene da USA e UE. Come conferma un documento dell’US Bureau of Industry and Security, l’Armenia ha importato il 515% in più di chip e processori dagli USA, e il 212% in più dall’UE rispetto al 2021.
Mosca non è mai stata isolata: l’inefficacia delle sanzioni
Il volume degli scambi commerciali russi con questi Paesi dall’inizio della guerra, è aumentato in una quantità tale da permettere già alle importazioni aggregate della Russia di tornare ai livelli prebellici a novembre del 2022. Un dato che confermerebbe quanto l’isolamento di Mosca non si sia mai effettivamente realizzato. Il fenomeno ovviamente non è passato inosservato dai vertici dell’UE, che nei pacchetti hanno previsto misure restrittive nei confronti di quei Paesi terzi, che mancano in maniera sistemica di impedire l’esportazione di prodotti sanzionati dall’UE. Ma è un fenomeno quasi impossibile o comunque non così facile da arginare.
Anche se i governi degli Stati sopracitati hanno fornito tempestive rassicurazioni e predisposto sistemi di monitoraggio, e di controllo delle riesportazioni verso Mosca. Le vie di fuga rimangono ancora tante. Prima di tutto i dati relativi alle importazioni e alle esportazioni di Stati terzi possono essere facilmente distorti e resi approssimativi dai governi stessi. Ma poi vi è il fatto che spesso la responsabilità è di singole aziende private, che controllate o collegate ad altre aziende russe, come nel caso del Kazakistan, sono capaci di inventare via via sistemi alternativi sempre più sofisticati e difficili da tracciare. Come il pagamento delle operazioni commerciali in una valuta diversa dall’euro, come lo yuan, che rende le transazioni ancora più difficilmente tracciabili.