Sarà il racconto della vita di Paolo Villaggio, nel nuovo film di Rai Uno, un racconto sulla persona prima che sul personaggio, come il più celebre ragionier Fantozzi. Nel cast di questo interessante biopic anche Vincenzo Zampa, con un ruolo veramente speciale.

Classe 1984, Vincenzo Zampa è un artista, o come preferisce definirsi lui stesso “un lavoratore dello spettacolo“, a tutto tondo. Nella sua carriera si elencano ruoli ed esperienze praticamente a 360°, che spaziano dalla televisione, al cinema e al teatro e, come ci ha rivelato nel corso della chiacchierata esclusiva per VelvetMAG, anche ad altri mondi dell’arte. Uno dei suoi prossimi lavori lo vede, anche, tra i protagonisti di un racconto che intende narrare la storia di Paolo Villaggio, soffermandosi sulla persona che ha dato vita al personaggio. Il film, Come umano lui, è diretto da Luca Manfredi che, dopo essersi cimentato in un film biografico sul padre, torna a raccontare un altro grande attore del cinema italiano.

Vincenzo Zampa @Foto Crediti Paolo Palmieri – VelvetMag

Pillole sulla carriera di Vincenzo Zampa

Cresciuto a Monopoli, Vincenzo Zampa si appassiona alla carriera teatrale da giovane e ‘migra’ a Genova per frequentare la Scuola del Teatro Stabile. Collaborare con registi di fama internazionale e tra le sue interpretazioni cinematografiche l’esordio con Carlo Vanzina in Sotto il vestito niente – L’ultima sfilata, seguito da Diaz – Don’t Clean Up This Blood, diretto da Daniele Vicari. E poi ancora per la regia di Gabriele Salvatores in Il ragazzo invisibile e Comedians e The last planet diretto da Terrence Malick.

Molti gli spettacoli teatrali, arte nella quale si destreggia dal 2004 e che lo ha visto in opere di grandi spessore come la più recente Moby Dick alla prova di O. Wells alla regia di Elio De Capitani. Diversi anche i ruoli in televisione, come nel film In arte Nino diretto dallo stesso Luca Manfredi. A queste innumerevoli esperienze si aggiunge la passione per la musica, la scrittura e il Fringe Theatre da cui è derivata anche la partecipazione al Roma Fringe Festival 2022 presso il Teatro Vascello dove con lo spettacolo Home Run di Damiano Nirchio, a cui ha preso parte insieme ad Alessio Genchi, ha vinto il premio Special OFF.

Vincenzo Zampa @Foto Crediti Paolo Palmieri – VelvetMag

Intervista a Vincenzo Zampa per VelvetMAG

Vincenzo, vorrei iniziare questa intervista chiedendole dove tutto è incominciato. Ovvero, quando ha compreso che la recitazione dovesse far parte della sua vita?
Io ho sognato di fare, nell’ordine, prima il calciatore e poi il giornalista ed ho scritto anche degli articoli quando ero giovanissimo. Al terzo anno di liceo sono andato a vedere uno spettacolo e, mentre prendevo quasi in giro i miei compagni che recitavano, ho capito che invece era quello che volevo fare anche io. E da quel momento ho avuto una sorta di ‘vocazione‘, con tutto il rispetto del termine che non mi permetterei mai di utilizzare impropriamente. Ma mi sentivo fremere e da lì è stato solo quello per me. Nel frattempo suonavo anche il basso elettrico e i miei professori dicevano: “Vincenzo si divide tra la musica e il teatro e nel tempo libero studia“, espressione che ad oggi definirei anche poco vera, perché mi piaceva anche molto studiale e leggere. Ma sì, ho capito al liceo che volevo fare questo lavoro.

Nella sua carriera è stato diretto da registi del calibro di Salvatores, Malick, Vicari o Vanzina. Quanto e in che modo ciascuna esperienza ha contribuito nella sua evoluzione come attore?
Sono state fondamentali, perché ogni regista, come anche ogni interprete, ogni attore o ogni scrittore, ha il suo modo. Tuttavia, c’è sempre bisogno di una guida, di una sorta di ‘padre’. E per me lo sono stati tutti questi registi che, fino ad oggi, sono stati dei ‘padri artistici‘ che mi hanno saputo guidare e dai cui ho preso. Ho rubato, nel senso più nobile del termine, delle cose da loro ed ho cercato di tradurre a mio modo quello che loro volevano che io facessi nei loro film. Volendo attribuire una caratteristica ai quattro registi citati nella domanda, potrei dire: Gabriele Salvatores è un delizioso padre, Terrence Malick è gioco, Carlo Vanzina è il mio battesimo da interprete e Daniele Vicari è un fantastico mondo.

Fare ‘a botte’ e poi la ‘pace’ con ogni personaggio

Vincenzo, esiste un ruolo nel quale si è sentito particolarmente a suo agio o al contrario un ruolo con il quale, magari, ha dovuto scontrarsi prima di conciliarsi?
In realtà in tutti i ruoli che ho interpretato mi sono sentito a mio agio e mi sono scontrato. Perché alla fine è quello che si fa nella vita e con sé stessi e quindi sentirsi sempre a proprio agio, ma anche scontrarsi. Io metto sempre Vincenzo in ogni ruolo, perché ritengo che ogni personaggio vada trattato con amore, così come nella vita bisogna trattare le persone con amore ed essere in grado di amare. Ed è la stessa cosa anche nel lavoro. Del resto, è proprio nello scontro e nel caos che nasce tutto. Anche il mondo è stato generato dal caos e se non c’è un contrasto iniziale non può nascere niente. Io faccio ‘a botte’ con ogni personaggio e poi ci ‘faccio la pace’ ed infine creo qualcosa.

Vincenzo Zampa @Foto Crediti Paolo Palmieri – VelvetMag

Vincenzo Zampa veste i panni del confidente di Paolo Villaggio

Il 30 Maggio la vedremo su Rai 1 in Com’è umano lui. Volendo citare uno dei personaggi più iconici di Paolo Villaggio, il Ragionier Ugo Fantozzi e quindi le ‘maschere fantozziane’, le chiedo che ‘personaggio allegorico’ è il suo all’interno del racconto?
Vesto i panni del “rocciatore“, ovvero una figura volutamente molto vicina alla famiglia, può essere considerato un amico intimo di Paolo o un confidente. Non è un ruolo specifico, proprio perché lascia allo spettatore la libertà di lasciarsi guidare dall’immaginazione e la scoperta. Il mio personaggio non veste una vera e propria maschera iconica, nel suo ruolo di confidente, è presente in tutti i momenti più importanti, compresi quelli familiari, della vita vera di Paolo Villaggio e lo guida in questo suo percorso. Il mio personaggio, in qualche modo, rappresenta una sorta di ‘grillo parlante‘, la voce della coscienza che, tuttavia, lascia allo spettatore la possibilità di immaginare e di stupirsi.

… e questa guida ha avuto anche un’influenza nella scelta professionale di Paolo Villaggio?
Può essere, ma è lasciata allo spettatore la facoltà di comprenderlo. “Lo scopriremo solo vedendo” parafrasando Battisti.

Com’è stato prendere parte ad un racconto così importante?
È stato bello, è stato incontrare un gruppo di attori che erano anche amici. Ma è stato anche tornare a casa mia, Genova dove ho vissuto per cinque anni, ed è stato un tuffo nella mia adolescenza. Posso dire, infatti, che la mia adolescenza, quella vera, si sia formata a Genova dove ho sperimentato l’aspetto del ‘mugugno‘, quello che si attribuisce spesso ai genovesi e che, del resto, apparteneva anche a Paolo Villaggio. E la cosa bella è che quando da ragazzino vedevo i film di Fantozzi mi soffermavo sull’aspetto comico, poi crescendo ho scoperto che dietro quella comicità c’è una grande drammaticità. Quello che definiamo tragicomico e che, infondo, è un po’ come la vita stessa.

Vincenzo Zampa @Foto Crediti Paolo Palmieri – VelvetMag

L’attore che si racconta

Volendo citare ancora Paolo Villaggio e alla sua capacità di costruire personaggi che fanno sia ridere (a volte amaramente) che riflettere. Nel suo ruolo d’attore, qual è l’obiettivo al quale auspica particolarmente?
Dare dignità a tutti i personaggi che porto, vivere del mio lavoro con la serietà e il rispetto. Vorrei che lo spettatore vedesse in me umanità a 360°, vorrei che non vedesse l’attore, ma che vedesse una storia e un personaggio e che poi riuscisse a riflettere. Mi piacerebbe che lo spettatore si lasciasse stupire dalle emozioni, ma che tornasse a casa con un pensiero.

E rispetto a questo è più facile fare ridere o fare piangere?
L’importante è che il personaggio in grado di far ridere sia capace anche di far piangere e viceversa.

Vincenzo, prima di salutarla, le chiedo, in merito alla sua carriera che ci auguriamo sempre più in ascesa. Quali sono i suoi progetti futuri?
Si stanno muovendo un po’ di cose. La cosa più concreta è lo spettacolo dal titolo “Poesie dal basso” del prossimo 8 giugno all’Artemadia di Milano. Qui, per la prima volta, porto qualcosa di mio, delle poesie performative scritte da me. E all’interno di questo happening suono anche il basso elettrico (che è la mia passione) e mi accompagnerà il cantante Ansiah. Lo spettacolo è prodotto da Il Menù della Poesia con la supervisione artistica di Ksenija Martinovic.

E un sogno nel cassetto che può rivelarci?
Essere libero di lasciare andare il cuore e rendere concreti i sogni.