L’incertezza derivante dagli effetti del cambiamento climatico, le lunghe catene di approvvigionamento messe alla prova da due guerre regionali, iniziano a dare i primi segnali di allarme. Cacao, zucchero, caffè sono solo alcune delle materie prime che stanno registrando un impennata dei prezzi senza precedenti. E presto tutto questo si riverserà su noi consumatori.
Da gennaio ad oggi, i prezzi del succo d’arancia hanno segnato un +98%, il cacao +65%, lo zucchero +40%. Cosa sta succedendo? Da una parte la siccità, uragani, e le malattie del raccolto, stanno impattando sulla produzione di queste materie prime. Innescando una corsa da parte dei traders ad accaparrarsi quante più scorte possibili. Dall’altra questo clima di incertezza ha creato le condizioni perfette per una speculazione finanziaria, che oggi contribuisce a gonfiare i prezzi sui mercati. A danno dei consumatori, che ben presto dovranno abituarsi a dei costi mai visti prima.
Come la speculazione finanziaria e il cambiamento climatico fanno salire i prezzi
L’Occidente dovrà presto fare i conti con un aumento dei prezzi spropositato di alcune materie prime in arrivo da oltre Oceano. Alcune di queste nei prossimi decenni inizieranno a scarseggiare e non saranno più dunque alla mercé di tutti, ma sono destinate a diventare dei beni di lusso. Da una parte inevitabilmente questo costringerà le famiglie meno abbienti a farne un consumo minore, e dall’altra porterà le aziende verso operazioni di shrinkinflation. Che consiste nel ridurre la quantità o la qualità di un prodotto mantenendo stabile il prezzo. In poche parole nel caso del cioccolato, riguardo a tutti i prodotti in commercio a base di questa materia prima. Il brand di una baretta X, potrebbe decidere di ricorrere ad un cacao di minor qualità o di ridurre la grandezza della barretta, lasciando il prezzo invariato.
Recentemente a schizzare sui mercati finanziari sono stati zucchero, caffè, cacao, e succo d’arancia. Il clima geopolitico di grave incertezza e gli effetti del cambiamento climatico, stanno creando infatti la tempesta perfetta per la speculazione finanziaria su queste risorse. Il raccolto del succo d’arancia è ai minimi storici: secondo le stime diffuse dal Dipartimento dell’Agricoltura degli USA, la campagna 2022/2023 ha raggiunto i livelli più bassi dalla Seconda Guerra Mondiale. I dati parlano di una riduzione della produzione USA di un terzo, rispetto alla precedente campagna, e di un meno 5% al livello globale. Tra le cause, le perturbazioni climatiche come l’uragano Ian, che hanno colpito Brasile, Messico e USA, che hanno messo in ginocchio le aziende agricole. Ma recentemente anche la diffusione della malattia dell’inverdimento degli agrumi, ha fatto la sua parte.
Il clima di incertezza accelera la speculazione
In questo clima di incertezza gli operatori finanziari hanno sentito l’odore del profitto e si sono buttati a capofitto sul mercato dei futures. Facendo segnare una crescita delle speculazioni che oggi contribuiscono a impennarne i prezzi. Per quanto riguarda il cacao, le sue quotazioni, dopo i danni subiti dalle piantagioni dei grandi Paesi produttori dell’Africa occidentale per il passaggio di El Niño, nell’ultimo anno sono aumentate del 250 per cento. Le piogge irregolari poi, alternate a periodi di tempo caldo e secco, hanno provocato diverse malattie delle piante, decimandone i raccolti. Virus come il Cocoa swollen shoot hanno contagiato centinaia di migliaia di piantagioni, provocando il più grande deficit registrato nel mercato del cacao da più di sessant’anni.
Ghana e Costa d’Avorio insieme producono più del 60% del raccolto di cacao al mondo. Ma il 2024 sarà il terzo anno di seguito nel quale la domanda di cacao mondiale supera l’offerta, costringendo a metter mano alle scorte. Lo zucchero, da parte sua, ha raggiunto in questi mesi un prezzo massimo dal 2011 e potrebbe salire ancora se l’India dovesse bloccare le esportazioni per calmierare i prezzi interni. Questo è solo un assaggio di ciò che sta già accadendo. E per avvicinarci ad un alimento che ci riguarda più da vicino sotto il mirino c’è anche l’olio d’oliva. Simbolo centrale della nostra dieta mediterranea, la sua pianta negli ultimi anni è finita vittima delle avversità del cambiamento climatico. Dove siccità e agenti patogeni dall’Italia alla Spagna stanno partecipando a portare il prezzo alle stelle. E l’alta finanziarizzazione dei mercati delle commodity mondiali oggi non fa che aggiungere benzina sul fuoco. Penalizzando noi consumatori.