Il deputato riformista ed ex ministro della Sanità Massoud Pezeshkian, 69 anni, ha vinto il ballottaggio delle elezioni presidenziali in Iran. Diventerà il nono leader della Repubblica islamica. Il vantaggio di Pezeshkian contro il conservatore Saeed Jalili è stato di oltre 2 milioni di voti.

I sostenitori di Pezeshkian, cardiochirurgo e deputato di lunga data, sono scesi nelle strade di Teheran e di altre città prima dell’alba del 6 luglio per festeggiare. Il tutto mentre ancora il suo vantaggio cresceva su Jalili, un ex negoziatore per il programma nucleare iraniano che ha sempre adottato una linea politica e strategica dura nei confronti dei Paesi stranieri avversari dell’Iran.

Masoud Pezeshkian. Foto Ansa/Epa

La vittoria di Pezeshkian vede l’Iran ancora in un momento delicato, con le alte tensioni in Medio Oriente per la guerra Israele-Hamas nella Striscia di Gaza. Ma anche a causa dell’avanzata del programma nucleare iraniano e delle imminenti elezioni americane che potrebbero mettere fine a qualsiasi possibilità di distensione tra Teheran e Washington.

Nel suo primo messaggio dopo la vittoria elettorale ai ballottaggi delle presidenziali in Iran, il riformista Masoud Pezeshkian ha ringraziato i cittadini iraniani che sono andati a votare “con amore e per aiutare” il Paese. “Tenderemo la mano dell’amicizia a tutti. Siamo tutti popolo di questo Paese. Ci sarà bisogno di tutti per il progresso del Paese” ha detto alla televisione nazionale cercando di inviare un messaggio dai toni di riconciliazione.

L’Iran di oggi

Come è noto, parte delle popolazione dell’Iran è in rivolta contro il regime teocratico degli ayatollah dal 16 settembre 2022. Ovvero da quando la 22enne Mahsa Amini morì uccisa dalla polizia perché non indossava correttamente lo hijab, il velo islamico sul capo. Una goccia che fece traboccare il vaso già colmo di rabbia verso il sistema di potere clericale islamico che soffoca i diritti delle donne, dei giovani e dei lavoratori. E visto da molti iraniani come traditore dei precetti stessi della religione islamica.

Fu in quel momento che cominciò a dilagare il movimento Donna, vita, libertà. Donne, adulte ma anche giovanissime, supportate da molti uomini, cominciarono a portare i capelli sciolti senza più indossare il velo. Pronte a subire per questo arresti, torture, stupri e omicidi. Si contano a centinaia, se non migliaia, i morti ammazzati dalla polizia, molti dei quali minorenni, in Iran dal 2022 a oggi.

Donne iraniane al voto per il ballottaggio delle presidenziali, il 5 luglio 20024. Foto Ansa/Epa

Bassa affluenza al voto

Quella ribellione, pur soffocata, non è ancora spenta. Da lunghi decenni l’Iran subisce le sanzioni americane e occidentali che hanno schiacciato l’economia. Ma ormai crescono sempre di più le manifestazioni di protesta contro gli ayatollah e, al tempo stesso, un’intensa repressione di ogni forma di dissenso.

Il ballottaggio delle elezioni, svoltosi il 5 luglio, ha fatto registrare la percentuale più bassa di affluenza alle urne nella storia della Repubblica Islamica dai tempi della rivoluzione del 1979 (45 anni): il 49,8%. Queste elezioni anticipate mostrano dunque una crescente disaffezione della popolazione verso il regime.

Elezioni che si sono rese necessarie per l’improvvisa morte in un incidente aereo del presidente Ibrahim Raisi, lo scorso 19 maggio. Il protetto della Guida Suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, stava rientrando in elicottero a Teheran dopo l’inaugurazione di una diga al confine con l’Azerbaigian.

Una manifestazione a Parigi, nel 2023, per chiedere la liberazione del musicista Toomaj Salehi, una delle voci principali della rivoluzione iraniana. Foto Ansa/Epa Teresa Suarez

Annullata la condanna a morte del rapper

Nel complesso, i funzionari governativi – fino allo stesso leader supremo, Khamenei – hanno subito uno smacco. Avevano infatti previsto un tasso di partecipazione più elevato alle elezioni politiche che hanno sancito la vittoria di Masoud Pezeshkian. In tanti si chiedono adesso cosa farà il nuovo presidente riguardo alle numerose condanne a morte di giovani incarcerati perché accusati di blasfemia e rivolta contro il regime. Come il rapper Toomaj Salehi, 33 anni, uno dei simboli delle nuove generazioni che domandano giustizia e un netto cambiamento nel Paese.

Salehi si è visto annullare la condanna a morte per il reato di “corruzione della Terra” una settimana prima del voto. Cose che di solito accadono in Iran, sotto elezioni, per placare il popolo e invogliarlo a recarsi alle urne. Il rischio è che poi tutto torni come prima, sebbene nel caso del rapper che canta contro il regime sia stata determinante la pressione dell’opinione pubblica internazionale e delle istituzioni come le Nazioni Unite.