Dopo un decennio di potere quasi assoluto Nicolas Maduro è stato ancora una volta riconfermato presidente del Venezuela a seguito delle elezioni del 28 luglio. Il Consiglio elettorale nazionale ha annunciato che il presidente uscente “ha ottenuto 5.150.092 voti, ovvero il 51,2%. Mentre il suo diretto avversario, Edmundo Gonzalez Urrutia, ne ha ottenuti 4.445.978, ovvero il 44,02%”. L’affluenza alle urne è stata del 59%. L’opposizione denuncia irregolarità e afferma di avere vinto con il 70% dei consensi. Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha espresso dubbi sull’andamento della consultazione elettorale.
Da parte sua Maduro – da anni sotto accusa in Venezuela come in Occidente per corruzione, populismo e sostanziale dittatura imposta la suo Paese – parte all’attacco. “Non ci sono riusciti con le sanzioni, con l’aggressione, con la minaccia” le sue prime parole dopo il voto. “Non ce l’hanno fatta ora e non ce la faranno mai con la dignità del popolo del Venezuela. Il fascismo in Venezuela, la terra di Bolivar e Chavez, non passerà“. In precedenza il ministro degli Esteri venezuelano Yvan Gil aveva denunciato un “intervento” contro il voto presidenziale da parte di un gruppo di 9 Paesi latinoamericani “e di potenze straniere“.
La situazione del Venezuela
Il Venezuela “denuncia e avverte il mondo di un intervento contro il processo elettorale. Contro il nostro diritto alla libera autodeterminazione e la sovranità della nostra patria, da parte di un gruppo di governi e potenze straniere“, aveva scritto il ministro parlando di un complotto internazionale. “Questo gruppo, una versione del famigerato, defunto e sconfitto Gruppo di Lima, comprende funzionari governativi di Argentina, Costa Rica, Ecuador, Guatemala, Panama, Perù, Uruguay e Repubblica Dominicana. Insieme a un gruppo di sicari politici di ultradestra specializzati nella destabilizzazione dei governi della regione. È un gruppo che sta cercando di destabilizzare il processo elettorale“.
Le elezioni sono state regolari?
A molti osservatori, però, le parole di Yvan Gil e del riconfermato presidente Nicolas Maduro appaiono soltanto una cortina fumogena degna del peggior populismo. L’opposizione ha sollevato dubbi sull’andamento del voto e ha denunciato irregolarità nello scrutinio. La leader dell’opposizione, Maria Corina Machado, ha affermato che “il nuovo presidente eletto” del Venezuela è l’ambasciatore Edmundo Gonzalez Urrutia, nonostante il Consiglio elettorale abbia annunciato la vittoria di Nicola Maduro. La forza anti-chavista ha proclamato di aver “vinto con il 70%” dei voti.
In precedenza l’ex deputata della Plataforma unitaria democrática, Delsa Solórzano aveva denunciato irregolarità: “Lo denuncio con le prove in mano. Stanno ritardando la trasmissione dei dati al centro di computazione e la pubblicazione dei verbali. C’è un numero significativo di seggi elettorali da cui vengono allontanati i nostri testimoni e altri in cui si rifiutano di trasmettere i risultati della scheda di conteggio“. “Ma con i risultati che abbiamo – ha aggiunto – possiamo dire di sapere cosa sta accadendo nel Paese“.
Il Segretario di Stato Usa, Antony Blinken, ha espresso “seri dubbi” che i risultati delle elezioni presidenziali in Venezuela rappresentino la volontà del popolo. E ha chiesto un conteggio dei voti “equo e trasparente“. Il Venezuela è un Paese in cui le disuguaglianze sociali sono molto forti e la povertà è molto estesa. Eppure è uno dei più importanti Paesi al mondo per la produzione di petrolio. E possiede una delle più ampie diversità ecologiche in assoluto di tutto il nostro pianeta.