Il sommergibile Titan, impegnato in una spedizione per esplorare il relitto del Titanic, è tragicamente imploso nelle profondità dell’Atlantico nel giugno 2023. Questo tragico evento ha colpito profondamente l’opinione pubblica e ha portato a una serie di indagini e discussioni sulla sicurezza dell’esplorazione sottomarina.

Poco prima della catastrofe, uno degli ultimi messaggi inviati dall’equipaggio del Titan alla nave di supporto Polar Prince recitava semplicemente: ‘Qui tutto bene‘. Questo messaggio, inviato tramite un sistema di comunicazione a testo, ha purtroppo segnato l’ultimo contatto tra il sommergibile e la superficie. Subito dopo, il Titan ha perso ogni contatto e l’implosione si è verificata in maniera catastrofica, senza lasciare scampo alle cinque persone a bordo.

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Titan, un tragico silenzio

Dopo l’invio dell’ultimo messaggio, la nave di supporto non ha ricevuto ulteriori comunicazioni, il che ha immediatamente generato una grande preoccupazione. Per giorni il mondo ha seguito con il fiato sospeso gli sforzi di ricerca e soccorso ma le speranze si sono rapidamente affievolite. Gli esperti hanno poi confermato che il sommergibile aveva subito un’implosione a una profondità elevatissima, causando la morte immediata di tutti i membri dell’equipaggio.

Le indagini sul disastro

Le indagini, condotte dalla Guardia Costiera statunitense, hanno rivelato dettagli importanti riguardanti la struttura del sommergibile. Uno dei fattori chiave sembra essere stato l’assenza di verifiche esterne sulla sicurezza del mezzo. Si è scoperto che sullo scafo del Titan, in particolare, non c’erano stati controlli indipendenti. Questa scoperta ha sollevato molte domande sul livello di rischio che l’equipaggio e i passeggeri avevano accettato partecipando alla spedizione.

Il Titan era gestito da OceanGate, una compagnia privata che organizzava spedizioni turistiche verso il Titanic. A bordo del sommergibile si trovavano cinque persone, tra cui Stockton Rush, co-fondatore della società stessa. La tragedia ha sollevato un acceso dibattito sull’etica delle spedizioni turistiche in ambienti estremi e sugli standard di sicurezza adottati.

I cinque passeggeri morti a bordo del Titan: in alto Hamish Harding (s), Suleman Dawood e Shahzada Dawood (d); in basso Stockton Rush (s), Paul-Henry Nargeolet.

Stop alle esplorazioni

Dopo il disastro OceanGate ha sospeso le sue operazioni. Il mondo dell’esplorazione sottomarina è ora in una fase di riflessione. Gli esperti stanno discutendo su come migliorare le normative e i controlli tecnici sui mezzi utilizzati per le spedizioni in acque profonde, al fine di evitare tragedie simili in futuro. L’implosione del Titan ha toccato profondamente l’opinione pubblica internazionale ricordando a tutti i rischi estremi che accompagnano l’esplorazione degli abissi oceanici. Resta tuttavia aperta la questione su come bilanciare la curiosità umana con la sicurezza e il rispetto per la vita.

Il Titan si era già bloccato in passato

A bordo del Titan, la cui tragedia si consumò fra il 18 e il 23 giugno 2023, c’erano il fondatore e Ceo di OceanGate Stockton Rush, l’esploratore britannico Hamish Harding, il veterano subacqueo francese Paul Henri Nargeolet, l’imprenditore britannico-pakistano Shahzada Dawood e il figlio 19enne Suleman. I detriti del sommergibile sono stati recuperati nei giorni successivi, quando le autorità hanno concluso che Titan aveva subito una “catastrofica implosione“, collassando verso l’interno sotto un’enorme pressione.

A quanto si è appreso, inoltre, il Titan aveva già in passato riscontrato gravi problemi. Nel 2021 e nel 2022, nel corso di 13 immersioni aveva avuto 118 problemi all’attrezzatura e, in particolare, in un’immersione, le sue batterie si erano esaurite e i passeggeri erano rimasti bloccati all’interno per 27 ore.