Gli Open 500 di Pechino vanno a Carlos Alcaraz: il 2 ottobre lo spagnolo ha sconfitto il nostro Jannik Sinner in 3 set. Il punteggio? 6-7 (6) 6-4 7-6 (3) dopo una partita durata 3 ore e 21 minuti. Il match è stato di grande intensità con punti spettacolari, rimonte e colpi di scena a conferma della grande rivalità tra numero uno e numero tre del ranking.

Rivalità accompagnata anche da grande rispetto e amicizia, come sottolinea il Corriere dello Sport. “Jannik, ancora una volta, ha dimostrato di essere il miglior giocatore al mondo, almeno per me“, ha commentato Alcaraz al termine della super sfida di Pechino. E anche l’altoatesino ha dimostrato il bel rapporto che lo lega al collega, sia dentro che fuori dal campo. “Complimenti a Carlos e al suo team, state facendo un gran lavoro. Ti auguro il meglio, spero che ci potremo affrontare un altro paio di volte“, ha detto Sinner dal palco di Pechino.

Foto X @Luciano66488129

Sinner e Alcaraz, rivalità e amicizia

Poi, al momento delle foto di rito con i trofei, Jannik ha lanciato il suo peluche, mascotte del torneo, dentro al trofeo di Alcaraz, scatenando la reazione divertita del pubblico. “Frenemies“, li chiamerebbero gli americani. Amici e rivali, diciamo noi, che ce ne faranno vedere delle belle nei prossimi anni a venire.

Certo, la sconfitta per Jannik non ci voleva. Ma, a parziale consolazione dei tifosi, il tennista bolognese Simone Bolelli in coppia con Andrea Vavassori ha trionfato al torneo di doppio di Pechino. I due azzurri hanno sconfitto i campioni in carica di Wimbledon, Harri Heliovaara ed Henry Patten, per 4-6 6-3 10-5 al super tie-break dopo un’ora e 31 minuti di gioco.
Per Bolelli e Vavassori, che erano entrati al China Open da testa di serie numero 1, si tratta del terzo titolo del 2024. È ormai cosa fatta la qualificazione alle Atp Finals di Torino. Per Bolelli i titoli conquistati in carriera sono 14.

Simone Bolelli e Andrea Vavassori. Foto X @MarcoBeltrami79

La questione doping

La favola Sinner rischia invece di eclissarsi all’improvviso. Non si può più escludere uno stop di uno o 2 anni per il tennista italiano, numero uno al mondo nel ranking Atp. Jannik dovrà infatti affrontare le conseguenze del ricorso al Tas (il tribunale sportivo internazionale di Losanna) che la Wada, l’Agenzia mondiale antidoping, ha presentato contro il verdetto di un tribunale indipendente dell’International Tennis Integrity Agency (Itia). I giudici lo avevano ritenuto “esente da colpa o negligenza” dopo essere risultato positivo per due volte al clostebol, una sostanza proibita, nel marzo 2024.

Adesso la Wada, che ha formalmente presentato ricorso il 26 settembre, ritiene che “la conclusione di ‘nessuna colpa o negligenza’ non sia corretta ai sensi delle norme applicabili“. Siamo sul filo dell’interpretazione giuridica. Qualcuno dice: siamo alla vendetta ‘politica’, per invidia, su Sinner. Non liquidabile, tuttavia, come una questione di lana caprina perché l’Agenzia mondiale antidoping ha chiesto per Jannik Sinnerun periodo di ineleggibilità compreso tra uno e due anni“. La Wada “non sta chiedendo la cancellazione di nessun risultato, salvo quello che è già stato imposto dal tribunale di primo grado”.

Carlo Alcaraz. Foto X @josemorgado

Il ricorso della Wada

Poiché la questione è ora pendente dinanzi al Tas, la Wada fa sapere che non rilascerà al momento ulteriori commenti. Una tegola pesante sulla carriera di Jannik Sinner, che sembrava convinto di aver ormai lasciato alle sue spalle la vicenda doping. Sinner resta un atleta libero di partecipare a tutti i tornei, almeno fino a quando il Tribunale arbitrale dello Sport di Losanna (Tas) non formulerà una sentenza.

L’atleta azzurro, 23 anni, originario di Sesto Pusteria, a gennaio campione degli Australian Open e pochi giorni fa degli US Open, numero 1 della classifica ATP dal giugno scorso, ora dovrà difendersi. ll centro del contendere sono le accuse di doping emerse dallo scorso maggio: clostebol, sia pure in quantità considerate ininfluenti sulle prestazioni sportive. La notizia del ricorso sta monopolizzando la carriera di Jannik che tuttavia non si ferma. E anche Pechino, bene o male, è alle spalle.