Marilina Succo è nel film di Pupi Avati, Nato il sei ottobre, in onda su RaiUno e nei panni di Ines Viviani Donarelli, la prima presentatrice radiofonica. Era il 6 ottobre del 1924 e, all’epoca, si diventava una star anche con la sola voce.
«Posso aggiungere un’altra cosa?», mi domanda con voce decisa Marilina poco prima di concludere l’intervista. Sapevo che sarebbe stato un virgolettato dal tono più alto rispetto alla nostra chiacchierata. Una parentesi da aprire prima di salutarci e necessaria per abbattere qualche limite di troppo. «E‘ molto noioso quando le persone dicono: “Sei un’attrice. Ah, ma dipingi anche“. A me, quell’anche, mi dà tremendamente fastidio. Penso che l’arte sia un tutt’uno. E’ ovunque, come l’amore». Perché ragionare a compartimenti stagni e, ad educare le menti a vedere una cosa o l’altra? Marilina ne è convinta di quanto sia un bene – invece – esplorare altre linee artistiche che magari neanche si sa di conoscere e avere. E come darle torto?
Le passioni di Marilina Succo crescono e maturano in lei. Creano cose, elaborano concetti e la determinazione e il coraggio non le mancano. Esattamente come è stato per un’altra donna la cui sua voce è stata la prima ad entrare nelle case degli italiani. L’attrice è Ines Viviani Donarelli nel docufilm di Pupi Avati dal titolo Nato il sei ottobre. Film che racconta un pezzo importante della vita di questo Paese nel centesimo anniversario della radio.
In esclusiva a VelvetMAG, l’intervista di Marilina Succo
La nostra radio compie 100 anni. Per celebrare l’anniversario, andrà in onda su RaiUno “Nato il sei ottobre”, docufilm di Pupi Avati. Tu, interpreterai la prima conduttrice radiofonica, Ines Viviani Donarelli. In che modo ti sei avvicinata al personaggio?
E’ un’epoca che chiaramente pochi di noi hanno vissuto. Un’epoca di grande difficoltà che ha attraversato il femminile e che ancora oggi, si discute. Possiamo infatti immaginare a quei tempi, nel 1924, cosa potesse essere. Tuttavia, ho lavorato su di lei – più che altro – sotto un punto di vista di forza in quanto donna che ha dovuto lottare e farsi valere. Ines è stata una donna raffinata ed elegante. Ma allo stesso tempo con un grande carattere, ritrovandosi a fare quel primo annuncio, così, un po’ per caso.
Interpretando Ines Viviani Donarelli, cosa ti ha colpito di più del suo carattere e dei suoi modi di fare?
La raffinatezza e l’eleganza. E di quanto lei fosse totalmente a suo agio in quel ruolo, forse grazie anche alla musica e al violino, sua grande passione. E a quel quartetto nel quale lei faceva parte. Questo, un aspetto che mi ha colpito molto nonostante le difficoltà del periodo e di quanto una donna veniva vista come essere inferiore.
Come è stato lavorare con Pupi Avati?
Lui è fantastico! E’ stato super simpatico e ha un’ironia molto sottile, che a me esalta. E’ una persona intelligente e di grande cultura oltre alla fama che lo precede. Per me è stato un onore prendere parte a questo progetto, scritto molto bene e con una fotografia bellissima. Qualche immagine l’ho vista di sfuggita e il trailer stesso, lo mostra.
Tempo fa hai dichiarato di non amare molto riguardarti sul grande o piccolo schermo. Questa volta riuscirai a fare un’eccezione?
Non lo so! E’ una cosa che non mi piace fare e provo molto imbarazzo. In realtà sono una persona timida nonostante possano dire: «Va beh, fai questo lavoro!», «Sì però, facendo questo lavoro, non sono Marilina ma qualcun altro». Quindi, le mie vesti mi ricoprono di grande coraggio, [ride, n.d.r.].
La radio si è evoluta nel tempo. Anche il modo in cui ci si avvicina, per esempio oggi, che è tanto differente da un tempo. Ma i ricordi di quello che è stata in una certa epoca, quelli non cambiano mai. Parlando di radio, che ricordo riaffiora in te?
E’ una cosa legata molto a mio nonno, il papà di mia mamma. Estate, campagna e lui con il trattorino con il quale andava a raccogliere le viti. Mi ricordo che sul volante, mio nonno, si era attaccato questa radio con l’antenna molto lunga e se penso alla radio, penso a quel momento lì. Sono comunque ricordi molto vaghi perché essendo nata nel 1994, in quei anni c’era già la televisione, c’erano già i cartoni a colori. C’era già una cultura diversa, più propensa alla televisione che alla radio. Ormai, quasi nessuno più la ascolta. In macchina per esempio, parlo per la mia generazione, si collega subito il cellulare attivando la propria playlist ed è un peccato che non la si ascolti più e non nego che a me piacerebbe molto lavorare in radio. Sono una grande appassionata delle voci e mi alleno molto in questo.
Quindi aggiungo anche lo speakeraggio, oltre al cinema, alla Tv e al teatro che già fai. E un’altra attività che fa parte del tuo quotidiano è la pittura e la scultura. Il 14 giugno scorso, nel cuore di Roma, c’è stata la tua personale chiamata L’Ora Blu. Cosa si legge attraverso la tua grammatica pittorica?
E’ da un po’ di anni che sto lavorando su una serialità. Io dipingo dei volti che raffigurano delle presenze oniriche e che vogliono – in qualche modo – ipnotizzare. Ciò che accomuna un volto con un altro, sono gli occhi a spirale. Di tutti i cinque sensi, gli occhi sono quelli che utilizziamo di più. La vista è il senso più istintivo ed è quello che ci provoca più godimento, perché più immediato rispetto per esempio all’olfatto o al tatto, che hanno bisogno di qualche secondo in più di reazione per arrivare al nostro cervello. E quindi, in questa società, proprio perché siamo tutti molto immersi da ciò che è estetismo, apparenza e poco avvezzi invece ad andare un po’ oltre, i miei quadri vogliono fare questo, cercare di ipnotizzare la persona per ‘educare’ e sensibilizzare di più ad un linguaggio che ha una sensorialità diversa.
Questa serialità toccherà altre città? Quali saranno i progetti futuri?
Dal 30 ottobre al 3 novembre parteciperò ad Artissima Torino che avrà diverse collaterali. Io esporrò parte dei miei lavori e ci sarà un lavoro super recente che sto ultimando. Inoltre, sto collaborando-lavorando ormai da un po’ di mesi, con la basilica la basilica di San Salvatore in Lauro e con Lorenzo Zichichi, figlio del grande ricercatore Antonio Zichichi. Lui è proprietario della casa editrice Il Cigno ed è il gestore agli uffici dentro San Salvatore in Lauro dove vi è via dei Coronali. E’ una basilica meravigliosa dove a marzo del prossimo anno esporrò i miei lavori facendo la mia performance dal titolo The process, unione del teatro che è quello dal quale vengo perché sono laureata in Arte Drammatica. Ho ideato e scritto questa performance e la metterò per la terza volta a Roma.