Novembre 2024 non sarà un mese come un altro: negli Usa si svolgono le elezioni presidenziali più importanti del mondo. E non solo perché stiamo parlando degli Stati Uniti.  

Ma perché la sfida fra l’ex presidente repubblicano di nuovo in corsa, Donald Trump, e la vicepresidente uscente, la democratica Kamala Harris, configura quasi uno scontro di civiltà. Più ancora di 4 anni fa, nel momento in cui, cioè, il democratico Joe Biden sconfisse il tycoon di New York. La posta in gioco non è mai stata così alta.

Foto Ansa/Epa Sara Yenesel

Elezioni, un anziano e una donna

Trump e Harris rappresentano, anche iconicamente, direi fisicamente, due visioni dell’America e del mondo apparentemente inconciliabili. Trump è un anziano imprenditore d’assalto, bianco, ancora brillante, ma di quasi 80 anni. Kamala Harris ha 60 anni (li compie il 20 ottobre), ha origini etiche miste, non è bianca, come non lo è l’ex presidente Barack Obama. E rappresenta un’altra generazione di politici, malgrado che finora quasi nessuno l’abbia considerata una politica con rilevanti capacità di leadership. Ed è una donna: potrebbe diventare la prima donna presidente nella storia americana.

Le politiche di Trump

Per Trump gli Stati Uniti vengono prima di ogni altra cosa (America First e Make America Great Again) sono i suoi slogan. L’economia va rinvigorita per ridare potere d’acquisto ai lavoratori abbassando il costo della vita; gli immigrati illegali vanno “deportati” anche perché tenderebbero a delinquere. L’Europa, e l’Ucraina in particolare, possono andare per la loro strada perché gli Usa non si faranno più carico di difenderli allo stesso modo di prima. Tanto più dal dittatore russo Vladimir Putin, con il quale Trump ha sempre tenuto e terrà ancora buoni rapporti.

E quelle di Harris

Per Kamala Harris, invece, agli americani serve un sistema sanitario pubblico efficiente; una battaglia per la riduzione del pericolo dovuto all’incontrollata proliferazione delle armi fra i cittadini. Un’economia in grado di assottigliare le profonde disuguaglianze fra gli statunitensi ricchi e quelli poveri. Ma occorre anche un rilancio della capacità americana di leadership nel mondo.

I sondaggi? Battaglia all’ultimo voto

A fronte di tutto ciò, Donald Trump può vincere le presidenziali del 5 novembre ma non è più il favorito assoluto come lo è stato prima della ‘discesa in campo’ della sua avversaria. Come si ricorderà, Kamala Harris è subentrata al candidato Joe Biden, il presidente uscente ultraottuagenario, dopo che quest’ultimo si è ritirato dalla corsa per un secondo mandato alla Casa Bianca a causa di manifeste difficoltà di salute fisica e mentale.

Donald Trump e Kamala Harris al dibattito in tv dello scorso 10 settembre. Foto Ansa/Epa Demetrius Freeman

Ebbene, secondo un sondaggio Reuters/Ipsos, a un mese dal voto in America la vicepresidente democratica Kamala Harris è favorita sul repubblicano Donald Trump di 3 punti percentuali: 46% contro  43%. Significa che i due candidati alla Casa Bianca vivono una corsa serrata per vincere le elezioni presidenziali. Nel mese di settembre, infatti, lo scarto di consenso fra Harris e Trump si è ridotto a vantaggio di quest’ultimo che sta recuperando voti.  Molti degli intervistati da Reuters/Ipsos hanno valutato l’economia come il problema principale che gli Usa devono affrontare. E circa il 44% ha affermato che Donald Trump ha l’approccio migliore nell’affrontare il “costo della vita”, rispetto al 38% che ha scelto Harris.

Elezioni, gli Stati che contano di più

Mentre i sondaggi nazionali, compresi i sondaggi Reuters/Ipsos, forniscono segnali importanti sulle opinioni dell’elettorato, i risultati Stato per Stato del collegio elettorale determinano il vincitore, con 7 Stati teatro di battaglia (Battleground Sates) che probabilmente saranno decisivi.

I sondaggi mostrano che Harris e Trump sono testa a testa nei Battleground States. Vale a dire: Arizona, Georgia, Michigan, Nevada, North Carolina, Pennsylvania e Wisconsin. Qualcosa che avviene almeno dalla fine di agosto. Nel 2020 Biden e Trump vinsero e persero in ciascuno degli Swing States (Stati in bilico, come sono anche detti), per poche migliaia di voti. Anche il prossimo 5 novembre la battaglia finale fra Harris e Trump sarà lì. Gli altri 44 Stati dell’America staranno a guardare col fiato sospeso.