Un bambino neonato di 40 giorni si è salvato dalla cecità grazie a un intervento chirurgico in cui è stata utilizzata una tecnologia 3D. L’operazione, a entrambi gli occhi, sulla parte anteriore e posteriore, è stata eseguita nel reparto di oculistica delle Molinette (Città della Salute di Torino).
Il piccolo era affetto da cataratta congenita associata a una rarissima e grave patologia della parte posteriore dell’occhio. Un male la cui causa risiede in un incompleto sviluppo anatomico. Si tratterebbe del primo intervento al mondo di vitrectomia bilaterale associata alla chirurgia per la cataratta congenita su un neonato eseguito mediante visualizzazione tridimensionale (3D).
La visualizzazione in 3D
I medici avevano diagnosticato al piccolo paziente, nei suoi primi giorni di vita, un anomalo riflesso bianco (leucocoria) in corrispondenza della pupilla. A individuare l’anomalia era stata l’équipe della dottoressa Caterina Carbonara, della Neonatologia dell’ospedale Sant’Anna. A quel punto si è deciso di procedere. Visto che il neonato sarebbe andato incontro a una cecità irreversibile non c’era più da perdere alcun tempo. Il sistema di visualizzazione 3D ha permesso ai chirurghi una percezione della profondità notevolmente superiore rispetto ai microscopi tradizionali.
Perché il neonato si è salvato
Questa precisione è stata cruciale considerando le dimensioni estremamente ridotte degli occhi del bambino, nato da soli 40 giorni. “La tempestività dell’intervento e la competenza degli specialisti di tutti gli ospedali della Città della Salute di Torino sono state determinanti. Si è potuto offrire al neonato una possibilità concreta di vedere la bellezza del mondo attorno a sé” ha dichiarato l’assessore alla Sanità della Regione Piemonte, Federico Riboldi.
Per Giovanni La Valle, direttore generale della Città della Salute “l’intervento rappresenta un esempio significativo dei progressi della chirurgia oculistica. E anche di come l’utilizzo delle innovazioni tecnologiche alla Città della Salute di Torino permettano di affrontare i casi più complessi, fino a poco tempo fa ritenuti non trattabili. Come in questo caso, dove i nostri professionisti in un intervento senza precedenti hanno dato nuove speranze di vista a un piccolo neonato“.
Le Molinette, il fegato ‘tenuto vivo’
All’ospedale Le Molinette di Torino medici e chirurghi non sono nuovi a interventi all’avanguardia sui pazienti, come avvenuto per il caso del neonato. Basti ricordare come nel giugno 2020, in pieno periodo di pandemia di Covid, una équipe medica avesse trapiantato con successo un fegato che prima aveva tenuto in vita artificialmente per quasi un giorno.
Per oltre 23 ore, infatti, si era provveduto ad ‘alimentare’ il fegato nel corpo di una donna deceduta per un improvviso infarto: la donatrice. In un secondo momento all’interno di apposite macchine da perfusione. In sequenza i medici avevano attuato le più innovative tecnologie di preservazione d’organo che sono attualmente disponibili.
Il fegato era stato poi trapiantato così come i due reni. L’ospedale aveva quindi comunicato di aver dimesso i tre pazienti che avevano ricevuto gli organi. La ricerca, spiegarono dalle Molinette, aveva individuato nella possibilità di curare e far vivere fuori dal corpo gli organi, prima del trapianto, la reale innovazione in ambito trapiantologico. Gli organi della donatrice erano infatti stati posti all’interno di sistemi di preservazione ex vivo, ovvero extracorporei. Dopo 5 ore all’interno del cadavere, gli organi avevano quindi continuato a restare in vita all’esterno, grazie a sangue umano.