“Un italiano che ha servito il Paese con tutta la forza di cui è stato capace“. E’ il Capo dello Stato Sergio Mattarella a definire così il suo predecessore Francesco Cossiga, durante la commemorazione per i 10 anni dalla scomparsa lo scorso 17 agosto del 2020.
L’ottavo Presidente della Repubblica (1985-1992) nasce a Sassari nel 1928, il 26 luglio; oggi avrebbe compiuto 93 anni. Estremamente precoce, tanto da diplomarsi a 16 anni. Vista la famigliarità con la giurisprudenza e la magistratura del suo ambiente, sceglie anche lui di laurearsi in Giurisprudenza, continuando a bruciare le tappe: ha soli 19 anni e mezzo. Insegna poi diritto costituzionale nell’Università della sua città.
Precoce nel privato come nella vita politica: è stato a lungo il più giovane sottosegretario alla Difesa, ministro dell’Interno, e ad oggi ancora il più giovane a essere stato eletto al Quirinale (57 anni).
La carriera politica nella DC dall’amore al caso Moro
Si iscrive alla Democrazia Cristiana nel 1945 a 17 anni. A Sassari conosce il suo primo mentore Antonio Segni, concittadino e anch’egli futuro presidente della Repubblica nei primi anni Sessanta. Francesco Cossiga guida fin da giovanissimo la corrente dei giovani turchi locali da cui scalerà la politica nazionale fino al suo massimo vertice.
Eletto Deputato nel 1958 a soli trent’anni; poi riaccade nel 1963, 1968, 1972, 1976 e 1979. La prima nomina a Sottosegretario di Stato arriva nel 1966 con il III° Governo Moro: il dicastero è quello della Difesa a cui sarà molto legato per grande parte della sua carriera politica, come al Presidente Moro stesso. Bissa nel 1968 con il II° Governo Leone e il I° Governo Rumor, come l’anno dopo con il II° Rumor.
Il primo incarico da Ministro arriva nel 1974 con il IV° Governo Moro come titolare dell’organizzazione della pubblica amministrazione (senza portafoglio). E’ solo l’inizio, perché due anni più tardi sempre Aldo Moro nel rimpasto lo nomina all’Interno: sono gli anni duri delle contestazioni studentesche, della lotta armata e del Terrorismo rosso e nero. Giulio Andreotti gli riconosce la stessa fiducia sia nel suo III° Governo, che nel tragico 1978 fino a quando, proprio a seguito del rapimento e dell’uccisione di Aldo Moro da parte delle BR, Cossiga il 9 maggio del 1978 si dimette.
Dal ritiro – temporaneo – alla Presidenza del Consiglio
Più volte Francesco Cossiga ha dichiarato negli anni di sentirsi responsabile della morte di Moro: “Per giorni, per mesi, dopo via Caetani e le mie dimissioni, mi sono svegliato di soprassalto, dicendo: “Io ho ucciso Aldo Moro”. Questa dichiarazione è stata rilasciata al quotidiano La Stampa nel 2003, ma lui stesso ha spiegato come la vitiligine e i capelli bianchi sono stati causati dal trauma dei giorni del sequestro del presidente della DC.
Dopo le dimissioni si ritira in Sardegna per un anno, senza alcun incarico politico. Torna però richiamato dall’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini per formare un nuovo governo, il primo dei due di cui fu a capo nel corso della sua esperienza politica: dal 4 agosto 1979 al 3 aprile 1980 e dal 4 aprile 1980 al 17 ottobre 1980.
Nelle elezioni del 1983, compiuta l’età prevista dalla Costituzione per l’eleggibilità, passa al Senato.
Francesco Cossiga al Quirinale: un po’ “Picconatore”, un po’ “Sciamano”
Francesco Cossiga viene eletto Presidente della Repubblica il 24 giugno 1985. Ancora un record: l’elezione arriva al primo scrutinio con 752 voti su 977, come con Enrico De Nicola, ma come capo provvisorio nel 1946. E’ considerato il capolavoro politico dell’allora segretario della DC, Ciriaco De Mita, che con l’accordo segreto con il suo omologo del PCI, Alessandro Natta, sul nome di Cossiga supera i veti comunisti sul nome di Giulio Andreotti.
Il suo settennato è stato senza dubbio il più movimentato di tutta la storia del Colle ad oggi. I primi cinque anni sono passati secondo lo storico aplomb che tutti riconoscono al Colle. Gli ultimi due hanno rivelato un Cossiga del tutto diverso: quello avvezzo a visite estemporanee e non annunciate, ciarliero, e facile alla critica contro il Governo, il suo stesso partito, il presidente del Consiglio Craxi, il capo dell’opposizione. Sono gli anni, per la verità circa un anno e mezzo del presidente picconatore. Naming che viene dallo stesso Capo dello Stato che definisce le sue esternazioni appunto “picconature“.
La politica è spiazzata e gli addetti ai lavori rincorrono: quelle che sembravano dichiarazioni improvvisate, da più parti additate come figlie di un presunto disturbo bipolare, appaiono in realtà calcolate e consegnate dal portavoce alle agenzie di stampa. Il tutto avviene verso sera, in concomitanza con i Tg e la chiusura dei giornali. Per dar conto proprio di ciò è comparso tra le figure di giornalista specializzato, il quirinalista, che appunto seguiva il Presidente un po’ “sciamano” come lo ha definito Filippo Ceccarelli, decano dei cronisti politici . In quei mesi arrivano i soprannomi irrisori di molti leader politici dell’epoca, come Achille Occhetto “zombie con i baffi”, o De Mita “Lepido di Nusco“.
Gladio e la fine anticipata del settennato di Cossiga