La Corte d’Assise di Roma ha impiegato ieri 7 ore di riunione in Camera di consiglio per deliberare che il primo processo sul sequestro, la tortura e l’omicidio di Giulio Regeni neanche deve cominciare. Gli atti devono tornare al Giudice per l’udienza preliminare (Gup). Secondo il tribunale non c’è la prova che i quattro imputati – tutti esponenti dei servizi di sicurezza egiziani – siano a conoscenza del processo aperto in Italia a loro carico. Per i giudici, dunque, è nulla la dichiarazione di assenza dei quattro 007.
La famiglia Regeni, rabbia e dolore
Ora si torna indietro. Tutto dovrà ricominciare dall’udienza preliminare. Il giudice dovrà utilizzare tutti gli strumenti, compresa una nuova rogatoria con l’Egitto, per rendere effettiva e non solo presunta la conoscenza agli imputati del procedimento a loro carico. “Riteniamo importante che il Governo italiano abbia deciso di costituirsi parte civile – dice l’avvocata dei Regeni, Alessandra Ballerini – Prendiamo atto con amarezza della decisione della Corte che premia la prepotenza egiziana. È una battuta di arresto, ma non ci arrendiamo. Pretendiamo dalla nostra giustizia che chi ha torturato e ucciso Giulio non resti impunito. Chiedo a tutti voi di rendere noti i nomi dei 4 imputati e ribaditelo, così che non possano dire che non sapevano“.
La procura: “Sorpresa e amarezza“
Da piazzale Clodio, sede della procura i Roma, filtra “sorpresa e amarezza”. “Il tentativo di impedire che il processo si celebrasse non collaborando, è andato a buon fine” affermano fonti giudiziarie. E ciò accade “malgrado un lavoro intenso di oltre cinque anni che ha permesso l’identificazione dei presunti autori dei fatti”. Dalla procura capitolina si augurano “che riprendano con rinnovata determinazione le azioni, a tutti i livelli, per ottenere l’elezione di domicilio degli imputati“. In modo che “il Gup cui la Corte d’Assise ha rimesso gli atti possa riavviare il processo al più presto“.
Chi sono gli imputati
I quattro agenti della National Security sul banco degli imputati, individuati grazie alle indagini della Procura di Roma, sono: il generale Sabir Tariq, i colonnelli Usham Helmi, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. Tutti devono rispondere del reato di sequestro di persona pluriaggravato. A Sharif i pm contestano anche il concorso in lesioni personali aggravate e il concorso in omicidio aggravato. Le autorità egiziane, ostacolando il processo, non hanno comunicato gli indirizzi degli imputati per la notifica degli atti. Al momento del rinvio a giudizio, il Gup aveva reso affermazioni chiare. “La copertura mediatica capillare e straordinaria ha fatto assurgere la notizia della pendenza del processo a fatto notorio“. Impossibile, dunque, che con l’eco internazionale del caso Regeni e del relativo procedimento i 4 imputati non sappiano di essere sotto processo. Ma per la Corte d’Assise di Roma non è così.
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