Emanuela Tittocchia: “Tornerei immediatamente sull’isola”
L'attrice e conduttrice racconta la sua carriera e non solo in esclusiva al direttore di VelvetMAG
Tanta tv: reality show, soap opera e forse la posta del cuore più famosa del piccolo schermo. Emanuela Tittocchia si racconta al direttore di VelvetMAG dagli esordi come studentessa di teatro e architettura a Torino fino allo spettacolo che va in scena al teatro Tirso de Molina di Roma dal 3 novembre prossimo. Nel mezzo appunto tutta la televisione che ha fatto: il racconto anni dopo del tradimento che l’ha resa celebre, le esperienze come conduttrice prima da attrice e poi di programmi televisivi e non. In più un pizzico discreto di vita privata.
Intervista esclusiva di Emanuela Tittocchia a VelvetMAG
Partiamo dall’ultima esperienza televisiva in cui ti ha potuto apprezzare il grande pubblico televisivo, l’edizione 2021 de L’isola dei famosi; La rifaresti?
Ripartirei immediatamente. Ne conservo un ricordo meraviglioso, perché è un’esperienza capace di sollevarti da tutti gli stress della tua quotidianità. Mi ha concesso di vivere in una realtà così diversa dalla mia vita di sempre, quasi come fosse un’altra dimensione, un altro mondo. Quindi ho provato sensazioni diverse, profonde, soprattutto per chi come me ama la natura e vuole nutrirsene. Credo sia il modo migliore per nutrirsi di se stessi.
Tutto bello e tutto semplice?
Non ti nascondo che di timori ne avevo. Ne ho parlato spesso. Ho sofferto di anoressia a lungo, da quando avevo 18 anni. E sull’isola devi rivedere in generale il tuo rapporto con il cibo; il segreto per andare avanti è gestire la sazietà. Non ho avvertito nessun cambiamento rispetto alla mia vita lontano dal reality in quell’ambito. In più è scattato un meccanismo di sentirmi “nutrita dallo spettacolo”. Una sensazione appagante. Poi mi sono detta: “sono massimo due mesi” e so di avere uno spirito di adattamento pazzesco. Forse anche il fatto di essere un’attrice mi ha aiutato. Ma solo fino ad un certo punto. Per esempio non lo sapevo di saper governare un fuoco e ho scoperto anche altri cose su di me: cose che non sapevo di di saper fare.
Parliamo di Emanuela Tittocchia come attrice.
Anzi facciamo un passo più indietro tu sei architetto, ma hai avuto sempre interesse per il mondo dello spettacolo. Lo hai dimostrato anche discutendo la tesi di laurea sulla struttura dello spazio scenico…
Lo so è banale, ma è proprio come dicono tutti. Fin da piccola ero attratta dal mondo dello spettacolo. Ma nella mia vita c’è una particolarità: i miei mi hanno raccontato che correvo verso il televisore urlando: “Totò“. Mi riferivo al grande attore “principe della risata“. Credo parta tutto da lui ed è anche abbastanza inspiegabile: io sono nata a Torino, mia madre è toscana, mio papà è umbro. Ma ho sempre avuto un legame diretto e viscerale con la sua figura.
Poi all’epoca non c’erano le possibilità che ci sono ora, sono nata nel 1970. Avevamo solo la tv e in casa e i miei compravamo la guida tv per capirei quando avrebbero trasmesso i suoi film. Obbligavo le mie amiche a rifare le scene interpretate da Totò e io vestivo sempre i suoi panni scegliendo le scene più comiche e quelle più ciniche. Per questo quando ho ricevuto il Premio de Curtis per me è stata un’emozione grandissima: io confesso che sogno spesso le sue interpretazioni, forse perché ha magistralmente interpretato ogni situazione della condizione umana.
Quali sono stati i modelli femminili di Emanuela Tittocchia attrice?
I miei genitori mi assecondarono e a 13 anni ho frequentato il primo corso di recitazione. Abbiamo preparato uno spettacolo – la Pentola rivelatrice, ricordo ancora il titolo – in cui interpretavo una strega. Non era solo Totò, anche Raffaella Carrà e Sandra Mondaini. La prima perché è la showgirl più completa per eccellenza – canta, balla, presenta – la seconda per le sue doti di attrice, soprattutto comica. Ho sempre amato reinterpretare quello che vedevo in tv, forse con il desiderio – che coltivo ancora oggi – di poter rifare quello che mi piaceva e hanno fatto loro. Poi quando sono cresciuta ho amato moltissimo Monica Vitti. Mi incantava il loro talento.
Però Monica Vitti all’epoca non la conosci tramite la Tv.
Avevo già frequentato il primo anno di Architettura al politecnico di Torino. Vicinissima alla facoltà c’era il Teatro Nuovo. Mi sembrava di coltivare la mia vocazione artistica e per tutti i restanti anni dell’Università la mattina i corsi e 3 giorni alla settimana la recitazione. Lì ho potuto cominciare ad apprezzare attori e testi di una levatura meno televisiva e popolare.
Appunto, parliamo del tuo esordio con testi decisamente impegnati: Victims, Arsenico e Vecchi Merletti e A piedi nudi nel Parco
Sono personaggi di cui conservo un ricordo bellissimo: prima Clarissa di Ma non andare in giro tutta nuda. Sentivo molto mia la parte della finta svampita. Credo condensi la più classica arte di “fare la scema per non andare in guerra”. Il regista mi indicò Marilyn Monroe ne Gli spostati. Però una cosa voglio chiarirla quando ho recitato A piedi nudi nel parco non ho avuto Robert Redford ad accompagnarmi o non sarei single.
Dal teatro al successo tv con il personaggio di Carmen Rigoni in Centovetrine dal 2000. Raccontaci il mondo delle soap italiane.
Credo di essere l’attrice più giusta, perché sono l’unica che ha interpretato tutte e due le grandi produzioni italiane. Sono stata Carmen Rigoni per 14 anni – ti assicuro è come vivere una vita parallela – i primi tre anni in modo continuativo. Poi sono entrata e uscita seguendo lo sviluppo del personaggio e sono arrivate le altre opportunità – il mio primo reality – e proprio Ombretta Maltesi in Un posto al Sole. Era molto particolare, perché la diversa routine produttiva vedeva gli episodi di Centovetrine andare in onda dopo sei mesi, gli altri dopo un mese e quindi il look aiutava a differenziarli.
L’esperienza della soap è credimi molto difficile, serrata nei ritmi, spesso non conseguenziale. Hai pochissimo tempo per entrare nel mood della scena con il tuo personaggio: a volte giri due scene opposte e hai solo il tempo per cambiarti d’abito, se lo devi fare. Non si girano mai più di tre ciack. Mi ha aiutata la mia memoria incredibile e poi anche il fatto che prediligo i ritmi più frenetici. Come nella conduzione di trasmissioni. Il cinema è diverso, mi piace non fraintendermi, ma si aspetta molto – era Eduardo che diceva che il cinema è una sedia – e si ripetono le scene anche all’infinito.
Parliamo del tuo primo reality, La Talpa nel 2008: sei uscita alla prima puntata e forse Emanuela Tittocchia è quella che tutti ricordano…
Ho litigato subito con tutti e sono uscita immediatamente. Poi in televisione è nato il caso mediatico, come lunga coda della trasmissione. Fece clamore che io, che all’epoca non ero notissima al pubblico al di fuori dei telespettatori della soap, lasciassi in diretta su Canale 5 Fabio Testi. Il mio fidanzato dell’epoca. Io difendevo la mia posizione in cui si riconoscevano molte donne: “la propria compagna non va tradita”. Lui era un personaggio molto più noto, più ricercato dalla cronaca rosa. Eravamo agli albori di Mattino Cinque e di Pomeriggio Cinque. Era molto diverso da oggi, non c’era il pubblico in studio. Io ero là con la conduttrice – Barbara d’Urso – e rispondevo ai video che Fabio testi inviava.
Ad un certo punto hanno iniziato a scrivermi in privato in redazione: il pubblico era solidale. Soprattutto dopo che mi furono mostrate delle foto a Buona domenica e dopo il mio sfogo contro i ripetuti tradimenti. Poi mi convoca il direttore Claudio Brachino e per costruire una posta del cuore. Il primo nome era Corna mai più poi cambiato in Lettere sull’amore. Devo dire che mi sono divertita, le lettere, i suggerimenti e gli incoraggiamenti del pubblico, che è stato solidale con me prima con il tradimento, poi per tutti i tre anni che ho avuto la rubrica, che evidentemente era di suo gradimento.
Nel 2009 sei nel cast del film prima e della serie tv poi Non smettere di sognare
E’ un’esperienza in cui mi sono divertita molto. Il film prima con Alessandra Mastronardi e Alessandro Farnesi e poi le otto puntate della serie tv che raccontavano il dietro le quinte di un talent. Era una storia ben scritta, che ha appassionato il pubblico ed era nuova per il momento in cui è stata raccontata. Io ho vestito i panni della conduttrice in entrambe le esperienze. Il regista Roberto Burchielli mi disse di rifarmi a Simona Ventura e Maria De Filippi per interpretare Sandra Colombo, la conduttrice. Credo che con quella parte sia nato un po’ il modo di condurre alla Emanuela Tittocchia
In effetti da allora le esperienze alla conduzione di trasmissioni musicali e non solo non sono mancate.
Si mi appassiona la conduzione e mi diverte che i programmi parlino di musica. Il primo è del lontano 2011 con il Festival di Lampedusa con Claudio Baglioni; poi c’è stata Estate Live in Campania con molti artisti, Morgan, Paola Turci, Enzo Avitabile. Ogni decennio era raccontato da un personaggio, anche attraverso le teche Rai che ci hanno soccorso per raccontare la storia della musica. Poi nel 2020 sono “cresciuta”: non solo la conduzione, ma anche la direzione artistica di Casa Sanremo.
Nel 2018 la conduzione del food reality Il boss delle pizze. Come lo ha vissuto visti i tuoi trascorsi con l’anoressia?
In realtà mi piace molto la pizza, anche se non sono una mangiona. Mi sono divertita a vedere appassionati che si sono misurati con un campione mondiale che realizzava questa creazione. Poi la faceva assaggiare ai concorrenti con gli occhi bendati e lo loro dovevano riprodurla solo assaggiandola.
Al di là del programma vorrei dire una cosa sull’anoressia. Il cibo è vita e se hai un problema come quello che ho conosciuto io, significa che non te ne frega nulla di vivere. Mi spiego, non è solo come molti pensano il voler essere magri, è molto di più: il sogno di vivere senza cibo. Quanto ti importa vivere? Questa è la domanda che discrimina e fa comprendere il disturbo davvero e la persona che ne soffre. E’ una forma di rifiuto della vita. Le persone che sono affette, sono sempre dotate di una sensibilità particolare, di un vissuto particolare.
Come si esce dall’anoressia?
Nel mio caso il teatro mi ha fatto comprendere e mi ha fatto sentire più forte. Ero cicciottella. Ho iniziato a mangiare sempre meno e mi è scattata una molla che meno mangiavo più mi sentivo forte. Rispetto agli altri che vedevo come dei poveracci che dovevano mangiare. Poi ad un certo punto sono svenuta e non riuscivo più a muovere un muscolo.
Guardiamo al futuro e parliamo dei tuoi prossimi impegni
Sarò in teatro con Zoro… con una ERE sola, che andrà in scena dal 3 al 28 novembre con al Teatro Tirso de Molina di Roma con Marco Todisco.
Ti lascio con due domande personali a bruciapelo. Prima: definisci la tua vita sentimentale adesso
Un disastro!
Seconda: Cosa ti hanno insegnato le esperienze passate?
Che è meglio star da soli se non trovi una persona vera, risolta che non entra in competizione. Che capiscano dove finisco io nel mio privato e a volte deve iniziare il mio personaggio pubblico. Anche perché a volte lo richiede il mio lavoro. Oggi so chi sono e cosa voglio fare e voglio un uomo che lo rispetti.
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