La Gioconda “bis” a Montecitorio: il mistero del quadro che porterebbe la firma di Leonardo da Vinci
Si tratterebbe di una Monnalisa originale e non di una copia d'autore
Spesso molto dibattuta la sua presenza al museo parigino del Louvre, la Gioconda è forse il quadro più famoso al mondo. Italia e Francia se ne contendono l’appartenenza da secoli, anche se per molti la questione è già chiusa da tempo. Ma una nuova “riscoperta” nelle sale di palazzo Montecitorio a Roma potrebbe definitivamente porre fine alla disputa. Proprio nelle sale del palazzo del potere italiano per eccellenza, infatti, si trova da secoli una copia della celebre opera di Leonardo da Vinci. I lavori di restauro della tela, però, confermerebbero che non si tratta di una copia di bottega, ma di una “Gioconda bis” realizzata dallo stesso Leonardo.
Il ritrovamento della Gioconda bis a palazzo Montecitorio
Sembra proprio che in Italia avevamo già una Gioconda originale, ma non lo sapevamo ancora. Si tratta dell’opera conservata in una delle sale di Montecitorio. La tela, appena all’ufficio del questore, ha attirato l’attenzione di Stefano Candiani della Lega, che ne ha chiesto un’indagine e un restauro. E alcune radiografie eseguite sulla tela hanno rivelato che dietro all’opera ci sarebbe appunto la “mano” originale di Leonardo da Vinci. Non si tratta, dunque, di una copia di bottega o di un falso, ma di un’opera su cui ha lavorato lo stesso Leonardo o uno dei suoi allievi più fidati. Come dichiarato da Candiani potremmo trovarci “difronte a un capolavoro da milioni di euro, che meriterebbe di essere appeso in un museo”. Ad occuparsi del restauro l’esperta Cinzia Pasquali, specializzata sulle opere di Leonardo. La restauratrice romana lavora al Louvre e ha subito segnalato il caso al curatore dei dipinti per il museo, Vincent Delieuvin.
Dalle mani di Napoleone Bonaparte alla collezione dei Torlonia
Il viaggio della Monnalisa bis verso l’Italia racconta una lunga storia che insegue il dipinto in Francia e in Italia. Prima di rientrare nel nostro paese, infatti, la Gioconda sarebbe appartenuta a Napoleone Bonaparte, come testimonia un sigillo in ceralacca con lo stemma imperiale. Probabilmente faceva parte della collezione del cardinale Fesch, zio di Bonaparte, vicino al ramo francese della famiglia Torlonia. E probabilmente grazie a quel legame che è arrivato in Italia entrando a far parte della ricca collezione dei Torlonia e prendendo il nome di “Gioconda Torlonia”.
Su https://t.co/KNmLfJhECL trovate tutte le opere custodite a @Montecitorio, compresa la copia della Gioconda della bottega di Leonardo. Valorizziamo il patrimonio artistico che fa grande l’Italia. Ecco perche ho preso l’iniziativa di cui vi parlo qui?https://t.co/KCxsWzjkjg
— Francesco D’Uva (@F_DUva) February 21, 2021
Da alcuni studi è emerso anche che all’origine l’opera era su tavola e che solo a metà del Settecento è stata trasferito su tela per evitare il deterioramento. Il pubblico ha potuto ammirare la tela per la prima volta dal 3 ottobre 2019 al 12 gennaio 2020 nella mostra Leonardo a Roma. Influenza ed eredità a Villa Farnesina. E dopo la mostra, complice anche il lockdown, la Monnalisa è tornata nella stanza del questore di Montecitorio, Francesco D’Uva (M5S). E proprio lui ha insistito per riaprire il dibattito sulla paternità dell’opera e per eseguirne un’analisi più dettagliata.
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