A settembre lo abbiamo visto sul red carpet della 78a Mostra del Cinema di Venezia in qualità di protagonista di Dune, per la regia di Denis Villeneuve. Precedentemente, era approdato al 74° Festival di Cannes grazie all’ingiustamente snobbato ai Golden Globes The French Dispatch, targato Wes Anderson. Di recente, invece, è arrivato in sala, con il kolossal Don’t Look Up, al fianco di Leonardo DiCaprio (di cui è stato designato come diretto erede). Insomma, Timothée Chalamet è un po’ il Pierfrancesco Favino internazionale: sta bene dappertutto.

Timothée Chalamet, è il caso di dirlo: A Star is Born

Giovane ma ormai già affermato, Lil Tim Timmy – pseudonimo con cui, in tempi non sospetti componeva pezzi pseudorap dedicati alla professoressa di statistica – è l’icona della Generazione Z. Francese da parte di padre, newyorkese da parte di madre, nasce il 27 dicembre 1995 e cresce nel quartiere di Hell’s Kitchen a Manhattan. Il contesto artistico d’appartenenza lo spinge a seguire le proprie aspirazioni, convincendolo a coltivare il proprio talento cristallino. Frequenta dunque la Fiorello H. LaGuardia High School of Music & Art and Performing Arts, dove conosce Loudes Maria Ciccone Leon. Sì, la primogenita di Madonna, con cui avrà una breve frequentazione.

Nel frattempo, cominciano anche le prime soddisfazioni a livello professionale. Nel 2014, in un ruolo secondario, è nel cast di Interstellar di Christopher Nolan. Ciononostante, il progetto rappresenta per lui un’insolita delusione, come ha raccontato recentemente. Dopo aver visto il film al cinema, infatti, si è reso conto di aver sovrastimato il suo contributo alla pellicola, affermando: “Ho guardato il film e l’ho amato, ma quando sono tornato a casa da mio padre ho pianto per un’ora perché credevo che il mio ruolo fosse più grande. Non hanno tagliato niente. Ero io che me lo ero immaginato, non so proprio perché.” Eppure, solo quattro anni più tardi e grazie a un progetto in parte nostrano, arriva la svolta, rappresentata da Chiamami col tuo nome.

Il 17enne Elio Perlman, protagonista del romanzo di André Aciman trasposto al cinema da Luca Guadagnino, lo rende noto al grande pubblico. Grazie alla popolarità e all’attenzione suscitata, iniziano anche i primi paragoni importanti. Fin da subito, Timothée Chalamet viene definito il “nuovo Leonardo DiCaprio.” E, se vogliamo prendere per buona questa lettura, Elio Perlman diventa perciò il suo Jack Dawson, di titanica reminiscenza: il ruolo che da attore promettente lo consacra a icona nascente. È dunque il caso di dirlo: è A Star is Born nel firmamento cinematografico.

Perché Timothée Chalamet piace così tanto?

Nel ruolo dell’efebico Elio, Timothée Chalamet diventa il simbolo di una giovinezza eterna. Ambientato nelle campagne del cremasco, Chiamami col tuo nome segue la storia d’amore, fugace ma intensa, tra il giovane Perlman e il 24enne Oliver (Armie Hammer), vissuta in un’afosa estate del 1983. Pur essendo storicamente contestualizzata, la vicenda ha quel sapore di eternità che la a-temporalizza, rendendola un racconto universale, così come universale è il sentimento che lega i due protagonisti. Nella sua delicatezza accentuata, nelle sue emozioni vissute in maniera (giustamente) immatura – come la sua giovane età richiede – l’Elio di Timothée Chalamet diventa anche il simbolo di una nuova generazione. Lontana dai modelli fortemente codificati di mascolinità, Elio è un giovane che ha dei sentimenti e non si vergogna di mostrarli. Perché, come ricorda il Sig. Perlman nel monologo finale: “Tu, adesso, senti tristezza, dolore. Non ucciderli, al pari della gioia che hai provato.

Grazie al lungometraggio diretto da Luca Guadagnino, il giovane interprete viene candidato al Premio Oscar come Miglior Attore Protagonista, nell’edizione del 2018. Ma Timothée Chalamet è anche l’intrepido Paul Atreides nel kolossal di fantascienza targato Denis Villeneuve, Dune. È un nobile, non solo di famiglia ma anche d’animo, che non ha paura di combattere, di lottare per la sopravvivenza. E questo completa dunque il quadro, contribuendo a rispondere alla domanda.

Perché dunque Timothée Chalamet piace a tutti? Da una parte piace alla Generazione Z perché scardina con coscienza, ironia e semplicità tutti quegli stilemi finora consolidati di mascolinità stereotipata. Dall’altro, piace anche alle mamme, grazie all’innegabile aspetto da bravo ragazzo. Ma è anche il sognatore, il poeta, il creativo in grado di far perdere la testa. Insomma, è l’inizio di un nuovo divismo contemporaneo, che alla sensualità sfrontata predilige il fascino generazionale della fluidità.

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