Il 2020, l’anno in cui è esplosa la pandemia di Covid, ha segnato per sempre le nostre vite. Il Coronavirus, si è detto e ripetuto, ci ha ricordato i nostri limiti. Raffinatissime, ipertecnologiche, quasi pervase da un senso di onnipotenza, le nostre società sono andate in tilt a causa di un microrganismo invisibile. Un nemico quasi inafferrabile, per allontanare il quale ci siamo chiusi in casa per mesi. Lockdown l’abbiamo chiamato: fonte di alienazione e sofferenza, rimosso soltanto grazie a una campagna vaccinale di massa senza precedenti.
Lockdown, dai limiti ai sogni
L’anno del lockdown, il 2020, ci ha costretti a misurarci con i nostri limiti umani e sociali. Soli, in casa, senza poter uscire, sempre sul filo della paura di contagiarsi. Eppure grazie al lockdown c’è chi ha portato a maturazione il desiderio, covato a lungo, di raccontare la propria storia perché finalmente ha capito meglio il senso dei propri limiti. E c’è chi, grazie al lockdown, ha sperimentato che i propri limiti non lo avrebbero ostacolato se solo avesse avuto il coraggio di seguire i propri sogni. Al primo caso appartiene il regista nordirlandese Kenneth Branagh, in corsa per gli Oscar con il suo Belfast, da poco nelle sale. Del secondo caso è simbolo Sofia Jirau, la prima modella con la sindrome di Down a sfilare per il marchio di intimo Victoria’s Secret.
Mezzo secolo di attesa
Al quotidiano La Stampa Kenneth ha raccontato di “aver impiegato 50 anni per per trovare il modo giusto di raccontare la Belfast di quel periodo“. Ossia della fine degli Anni Sessanta, quando nell’Irlanda del Nord, e in primo luogo nella sua capitale, scoppiarono i ‘troubles‘: gli scontri che fecero precipitare l’Ulster nella guerra fra i protestanti unionisti, appoggiati dagli inglesi, e i cattolici indipendentisti oppressi.
Lockdown, chiave che apre porte
“Con il lockdown – ha spiegato Kenneth – è cambiato tutto. Ho avuto l’impressione che la situazione in cui ci siamo tutti ritrovati somigliasse a quella che avevamo vissuto a Belfast quando avevo 9 anni. E quando, da un momento all’altro, la zona dove noi bambini giocavamo si è trasformata in un territorio di guerra e di paura“. “L’atmosfera che si è creata con la pandemia – ha sottolineato – mi ha fatto capire meglio quello che avevamo vissuto allora“. I limiti imposti dal Covid hanno fatto balzare il regista all’indietro, nella cuore della sua stessa infanzia, offrendogli la chiave per interpretare nel modo giusto il film che aveva sempre voluto fare.
Sfilare per spezzare le catene
Allo stesso tempo, il 2020, l’anno del lockdown, è stato il momento in cui Sofia Jirau ha conquistato le passerelle internazionali. E lo ha fatto grazie alla partecipazione, da protagonista, alle sfilate della New York Fashion Week, indossando abiti per la stilista del suo paese, la portoricana Marisa Santiago. Da quel momento in poi Sofia non si è fermata più. E oggi, a 25 anni, sfila – prima modella con la sindrome di Down a farlo – per Victoria’s Secret, il marchio di intimo di lusso più famoso al mondo. “Voglio mostrare alle persone che non ci sono limiti e ispirarle a lottare per i propri sogni. Motivarle a spezzare le catene che si autoimpongono“. Non male se nemmeno il lockdown da Covid ti ferma. Per Kenneth Branagh come per Sofia Jirau è avendo abbracciato i propri limiti che essi si sono trasformati in energia creativa.
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