Nel 2022 esisterà sempre un prima e un dopo il 24 febbraio: il giorno in cui la Russia invadendo l’Ucraina ha di fatto attaccato l’intero Occidente. E’ tornata la guerra in Europa, nel cuore dell’Europa, e non accadeva dal 2001 quando si è concluso l’ultimo conflitto balcanico. Il presidente Volodymyr Zelensky stava cercando di compiere per la sua nazione quel percorso iniziato nel 1994, 3 anni dopo l’indipendenza dall’URSS, che l’avvicinava alla Ue e alla Nato. Ma Vladimir Putin ha deciso che, dopo l’annessione della Crimea del 2014 e il conflitto del Donbass – proseguito fino a questa invasione – era il tempo di far rientrare l’Ucraina nella sfera di influenza sovietica. Perché come ha detto nella dichiarazione di guerra l’Ucraina non è mai esistita, è stata un’invenzione di Lenin. E il presidente russo vuole che sia semplicemente un’altra Bielorussia. Perché per il Cremlino è intollerabile che la via principale del suo oro – il gas – verso l’Europa, non sia completamente sotto il suo controllo.

Da sinistra, il presidente ucraino, Zelenky, e quello russo, Putin

Un conflitto novecentesco dettato da una leadership russa fuori dal tempo

Quattro giorni di guerra fino ad oggi ci hanno mostrato un conflitto che in molti analisti hanno definito novecentesco”. E lo è per i tank, le trincee, i bunker antiaerei. Tutto quello che ci ha riportato dritti indietro ai tempi della Guerra Fredda. Un’epoca d’oro per il potere e la retorica russa. E infatti il sogno di Putin pesca a piene mani nel secolo scorso per ricostruire l’ex URSS, magari con tanto di Patto di Varsavia. Ma c’è anche la modernità che irrompe con gli aspetti legati al cyber e agli hacker, primo su tutti Anonymous e il suo attacco ai siti governativi russi. Come modernissima è la decisione di Elon Musk di attivare Starlink.

Poi ci sono le immagini che ritraggono la tragedia umanitaria che l’UNHCR dopo soli 4 giorni di guerra stima ben 368 mila profughi, in fuga con vari mezzi – spesso a piedi al freddo – verso Polonia e Romania. Sono in maggioranza donne e bambini, accompagnati alla frontiera da mariti e padri che tornano in dietro a combattere. Famiglie spezzate che forse non potranno ricongiungersi neppure alla fine del conflitto. I russi li “lasciano” passare, ma c’è da scommettere che faranno ben altro con le armi promesse e in arrivo dall’Occidente.

Oggi si apre un timido tentativo di negoziare la pace tra Ucraina e Russia. Le delegazioni saranno a Gomel, al confine, ma in territorio bielorusso – non nella capitale come richiesto inizialmente dal Cremlino. E’ il luogo in cui è stato firmato il Protocollo di Minsk che chiudeva il conflitto con le repubbliche di Donetsk e Lugansk. Evidentemente il presidente ucraino, che eroicamente sta difendendo il suo popolo a Kiev – rifiutando anche l’offerta americana di potersi mettere in salvo – non vuole essere responsabile di chiudere la via diplomatica. Mentre il gigante russo indispettito dalle sanzioni occidentali comincia a ventilare la minaccia nucleare.

Prima della Guerra in Ucraina: politica e musica italiana

Parlare di quello che è accaduto prima della guerra in Ucraina rischia di avere davvero poco senso. Anche se la continuità garantita dalla rielezione del Presidente Sergio Mattarella al Quirinale e la permanenza a Palazzo Chigi del Premier Mario Draghi sono una grande rassicurazione per gli italiani. Come lo sono a livello internazionale, per storia e prestigio.

Resta il compito finale di ogni editoriale del Direttore di presentare la copertina del prossimo mese. Abbiamo deciso con la redazione di lasciare una foto che ricordasse i vincitori del Festival di Sanremo: Mahmood e Blanco. Anche se il cuore e il pensiero va alla tragedia ucraina. Perché siamo convinti che l’arte, la musica, la bellezza salveranno il mondo e ne abbiamo tanto bisogno. Oggi più che mai come cantano i due bravissimi giovani interpreti:

“… Questo veleno che ci sputiamo ogni giorno
Io non lo voglio più addosso …”

Photo Credits: Bogdan Chilldays Plakov

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