In Rai scoppia il caso Orsini: tra caccia ai filoputiniani e libertà di espressione
I pericoli della russo-fobia, lo scontro tra falchi e colombe, le posizioni del prof. Alessandro Orsini
In queste settimane hanno destato scalpore le affermazioni del prof. Alessandro Orsini, ospite spesso nella trasmissione di La7 PiazzaPulita, condotta da Corrado Formigli. Le posizioni del professore riguardo la guerra in Ucraina hanno innescato un caso politico e la conseguente e consueta bufera mediatica.
La polemica innestata da diversi parlamentari del PD si è focalizzata sulla scelta di Bianca Berlinguer di aver Orsini come ospite nella sua trasmissione #cartabianca. Secondo il deputato Dem Andrea Romano “è inaccettabile che le risorse della RAI vadano a finanziare le opinioni dei pifferai di Putin”. Aldilà delle posizioni del professore, il caso merita attenzione perché racchiude molti dei connotati che denotano il dibattito politico attuale in Occidente. Questioni come la libertà di espressione, una sempre più latente russofobia, in un Europa divisa – secondo una contrapposizione che spesso pratichiamo in Italia – tra falchi e colombe.
Il dibattito europeo tra falchi e colombe
Dallo scoppio della guerra in Ucraina il 24 febbraio scorso più o meno tutte le reti televisive hanno spostato inevitabilmente il cuore del dibattito dei talk show dalla pandemia alle vicende del conflitto russo-ucraino. Se in un primo momento però la risposta mediatica e politica era apparsa per lo più omogenea, il prolungarsi dello scontro e l’assuefazione alle notizie inizia a generare opinioni discordanti. Non a caso in Europa oggi si parla di “falchi”, in riferimento a quei paesi che hanno una ferma volontà di inasprire ulteriormente le sanzioni e punire la Russia. Mentre dalla parte opposta le cosiddette “colombe” – come Germania, Francia e Italia – si dimostrano più prudenti in eventuali strette nel braccio di ferro con Mosca.
Nell’arena televisiva poi posizioni più “sfumate” poi nei riguardi della Russia finiscono per attirare accuse di filo-putinismo, polarizzando anche in dibattito nel dibattito (social-mediatico). Come accaduto con il caso del professor Alessandro Orsini, che ospite a PiazzaPulita con le sue dichiarazioni “fuori dal coro” è finito per diventare bersaglio della politica e dell’opinione pubblica.
Le posizioni del professor Orsini
Il professore – che insegna tra le altre cose anche Sociologia del terrorismo all’Università LUISS di Roma – ha espresso il suo scetticismo e la sua preoccupazione riguardo il ruolo dell’UE nell’infiammare ulteriormente il conflitto. Dichiarazioni come quelle del Presidente americano Biden, del Premier britannico Johnson e del nostro ministro degli Esteri Di Maio, che descrivono Putin come un “animale, criminale di guerra, porco”, sarebbero secondo il professore controproducenti per una de-escalation.
L’UE per un cessate il fuoco immediato dovrebbe valutare con cautela il peso delle posizioni più estremiste. Cercare invece di porsi come un blocco alternativo alle posizioni USA, per favorire il dialogo. Putin all’angolo rischia di diventare disperato e ancora più brutale, causando migliaia di altre vittime innocenti. Il lavoro diplomatico del presidente Zelensky va elogiato, ma è altrettanto cruciale secondo Orsini saper ponderare le sue richieste per scongiurare l’allargamento del conflitto.
Occidente tra pensiero unico e profonda ipocrisia
Posizioni più “morbide”, o semplicemente articolate, come quella di Orsini sono poste sotto accusa. Con conseguente gogna mediatica. Ad accademici, artisti, sportivi di tutto il mondo oggi viene richiesta una presa di posizione netta. Pena l’accusa di affiliazione al (simpatia per il) regime di Putin. La Russia oggi va evitata come la peste e ripudiata in un battibaleno da ogni ambito della realtà. Competizioni sportive e programmi universitari compresi.
Proprio quell’occidente liberale e democratico che aveva fatto della sua bandiera l’inclusività e la libertà di espressione oggi in questo rinnega se stesso. Impedire un corso accademico su uno scrittore solo perché russo, così come negare il diritto a un accademico di esprimere la propria opinione nella TV di Stato equivale a declassare la nostra democrazia a qualcosa di non molto diverso del regime autoritario di Putin. L’obbligo alla divulgazione di una sola narrazione delle vicende è uno dei connotati principali dei regimi autoritari.
Diritto alla libertà di espressione
Gli esponenti politici che oggi osteggiano il diritto del professor Orsini si muovono deliberatamente sul confine protetto dai valori della nostra Costituzione, in materia di libertà di espressione. La cultura, lo sport, le trasmissioni televisive, dovrebbero essere luoghi di dibattito e non linee di confine. Il rischio di condannare un intero popolo per le colpe di un regime è molto vicino, come quello di alimentare la russo-fobia.
Lo scontro – anche solo culturale – tra nazionalismi portato allo stremo, come ci insegna il secolo scorso, trascina con se solo altre ostilità e guerre. Come l’Italia ha reclamato con la Resistenza di non essere solo rappresentata dal regime fascista di Mussolini e la Germania non poteva esaurirsi nel regime politico rappresentato da Hitler, i russi meritano questo diritto. Anche il dubbio che l’opinione pubblica non conosca altro al di fuori del regime in cui vive. L’Occidente deve smascherare oggi il regime, ma non deve causare l’oppressione mediatica, culturale, politica di un intero popolo.
Il pericolo della russo-fobia
Non permettere al regime di Putin di rialzare quel Muro che cadde a Berlino nell’89 è un nostro preciso dovere, perché rischiamo di riprecipitare in un ordine mondiale sempre più ostile ed estremista. Le parole dell’ex Presidente della Repubblica Sandro Pertini ci devono ricordare oggi più che mai il valore fondamentale della democrazia: “Dico al mio avversario: io combatto la tua idea che è contraria alla mia, ma sono pronto a battermi al prezzo della mia vita perché tu la tua idea la possa esprimere sempre liberamente.“ Nella guerra al regime putiniano l’Europa non deve smarrire se stessa, perché questo sancirebbe una vera sconfitta, per giunta a lungo termine. Bisogna difendere profondamente il diritto – di Orsini come di tutti – a esprimere le proprie opinioni in qualsiasi rete televisiva: è il bene democratico più prezioso da salvaguardare.
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