Attrice cinematografica e teatrale e madre della talentuosa Blu Yoshimi. Lidia Vitale muove i primi passi nel mondo dello spettacolo lavorando prima nella produzione come assistente di Carlo Degli Esposti per Palomar, e poi come assistente alla regia in diverse produzioni.
Oggi Lidia Vitale vanta di una produzione artistica ineccepibile ed è nel corso della nostra chiacchierata si concentra sui personaggi femminili che ha interpretato.
Intervista esclusiva di Lidia Vitale a VelvetMAG
Il mondo dello spettacolo è stato stoppato dalla pandemia, che impatto ha avuto sulla tua carriera?
Da dove cominciamo (ride, n.d.r.)? Diciamo che la carriera inizia a rispettare quello che io desidero. Per tanti anni spesso, il punto è stato lavorare per mangiare – urgenza dignitosissima – mentre oggi, il tutto si sta allineando sul tipo di progetti a cui mi piace partecipare. Mi reputo infatti una persona molto fortunata. In questo momento più che mai. Io, la pandemia l’ho sfruttata per essere creativa ancora di più. Ho scritto un soggetto. Poi ho partecipato ad un bando del MiBACT – oggi MiC – e l’ho pure vinto. Per il resto, è stato un anno ricco, un po’ perché la malattia non mi ha agganciata. Ho avuto un aspetto critico nei riguardi di quello che stava succedendo, nel senso che non mi sono fatta rapire dalla paura della morte. Difatti, credo che sia l’angoscia che più intimorisce l’essere umano.
Però mi sono data da fare. Durante la pandemia stavo girando il film The Grand Bolero – diretta da Gabriele Fabbro – che sta ottenendo delle ottime recensioni per quanto mi riguarda. Poi è arrivata la serie italiana Luna Park; il nuovo film di Paolo Genovese dal titolo Il primo giorno della mia vita e Ghiaccio. Insomma, è stato un periodo proficuo e credo, inoltre, che l’atteggiamento mentale abbia sostenuto tutto il resto. Io sono sempre stata fortunata e mi sono sempre arrivati progetti belli ed interessanti.
Partiamo proprio da Ghiaccio, cosa puoi raccontarci del ruolo che interpreti nel film?
Fabrizio Moro e Alessio De Leonardis hanno lavorato davvero fianco a fianco. Alessio con la sua esperienza ormai ventennale sui set da aiuto regista e poi da regista, e Fabrizio con la sua splendida umanità e con la sua visione. Possono cambiare i mezzi, ma l’espressione è, e rimane tale. C’è stata anche una produttrice molto intelligente, Francesca Verdini che secondo me ha fatto un’operazione diversa: ha saputo dare la libertà ai registi su una sceneggiatura che all’inizio non ho reputato potente perché mi ricordava la periferia romana, una tematica portata in scena che un po’ mi “stucca”. E invece, questa libertà che hanno avuto, la capacità di rendere il set un ambiente armonioso e di confronto costante, mai pensate, ha fatto sì che l’opera acquisisse valore.
Il mio ruolo – quello della mamma – è un ruolo di supporto e per fortuna, come dico io – faccio le vedove. Ti puoi esprimere maggiormente, hai un rapporto più diretto e, in questo caso col protagonista, mio figlio (Giorgio), Giacomo Ferrara. Nel film emerge quel ruolo di mamme che sostengono, che si prendono sulle spalle tutto con fatica, senza mai lamentarsi. Rappresenta le donne che vivono nel silenzio, nell’ombra il proprio dolore e le proprie paure.
Hai all’attivo una ricca rosa di interpretazioni. C’è un ruolo che manca e che hai voglia di interpretare?
Ma il prossimo! (ride, n.d.r.). Vorrei che fosse esplorato il mio femminile. Ho spesso fatto donne forti. Come l’ultima per esempio, nel film di Pippo Mezzapesa Ti Mangio il Cuore. Un film sul quale non posso dire ancora molto, ma che racconta anche le donne di carattere. Vorrei fare dei ruoli che svelino il mio lato femminile nell’aspetto più profondo e sensuale.
Quanto c’è di Lidia in ogni suo personaggio?
Io credo che in tutti personaggi ci debba essere necessariamente una nostra verità che portiamo fuori. Necessariamente. Poi, spero che la mia persona scompaia e che si veda solo il personaggio. Noi attori dobbiamo inevitabilmente attingere da una nostra verità che poi trasliamo sul personaggio. Non c’è scampo da questo. Ed è per questo che il lavoro dell’attore non è facile, perché bisogna avere il coraggio di andare spesso nelle proprie zone d’ombra, che poi sono queste zone d’ombra che rendono interessanti i personaggi.
Ci si abitua mai ad esser messa a confronto con un’icona come la Magnani?
Di questo c’è l’onere e l’onore. Io non l’ho chiesta questa “cosa” nella mia vita. Poi il mio stesso vissuto mi ci ha portato per fare un film. Sono 19 anni che studio questo personaggio e ho appunto l’onere che questa somiglianza dovrò portarmela appresso. E forse per sempre. Poi sai, è una somiglianza particolare, perché fisicamente siamo diverse. Sì, sarà lo sguardo, ma credimi, se mi tiro su i capelli sembro Ingrid Bergman. Il fato della vita: l’acerrima rivale. Ma come dicevo è anche un onore e da qualche parte ti senti in dovere quanto meno di tendere ad essere abbastanza brava. E un onore sì, perché non mi poteva capitare di meglio nella vita.
C’è sempre stata la passione per il cinema?
C’è sempre stata la passione per il cinema e per il teatro. Una passione che è nata alle elementari grazie a spettacoli e ruoli. Ciononostante c’è stato anche un momento, nella mia vita, che l’ho allontanata. Quando ho fatto l’università avevo intenzione di fare la pubblicitaria o la giornalista. Però è sempre stato là dietro. Ricordo che, quando ho cercato di allontanare la passione per il cinema, m’ha sempre poi cercato lui. Sicuramente è il lavoro più bello del mondo. Mi pagano per conoscere l’essere umano e prima di tutto per conoscere me stessa, per approfondire la ricerca su questo strumento che è appunto l’umano.
Cinema, televisione e teatro: tre realtà che vedono la stessa Lidia?
Io tendo a non fare distinzione. Può cambiare il mezzo, ma il lavoro sul personaggio rimane tale. E anzi, ti dirò di più. Quando vai a fondo in un personaggio come accade soprattutto in una serialità, entri nella sua quotidianità. Mantenerla è difficilissima, e questa realtà ti mette ancora di più alla prova. Credo proprio che sia il cinema che deve entrare nella televisione, e non viceversa. Sì, la Settima Arte al suo interno.
Ti vedremo presto in Ti Mangio il Cuore e Macerie…
Guarda, sul film di Pippo Mezzapesa sono curiosa quanto te (ride, n.d.r.). Non possiamo dire nulla se non che è un film sulla società foggiana. E’ la storia degli altopiani del Gargano, e io sono la mamma di Francesco Patanè che è protagonista insieme ad Elodie. Per quanto riguarda il cortometraggio Macerie, posso raccontarti che abbiamo appena finito. Anche qui, una storia interessante, ambientato in uno scenario pazzesco e devo dire che Federico ha un gusto estetico molto particolare.
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