Serena Brancale, un’artista che ha fatto del soul la sua arma vincente e con cui ha saputo mixare anche altre contaminazione per un risultato invidiabile. Dopo due album in studio e importanti collaborazioni, adesso la cantante ha pubblicato lo scorso 25 marzo il suo ultimo album Je so’ accussi, che ha raccontato in esclusiva a VelvetMAG.
Qualcuno la ricorderà sul palco dell’Ariston nel 2015 in gara con Galleggiare, ma la Serena Brancale di oggi è molto più consapevole e matura rispetto a quella di un tempo. Questa sua nuova identità è l’emblema del nuovo album in studio, uscito lo scorso 25 marzo. Je so’ accussi è il terzo disco di Serena Brancale che segna anche l’inizio di un nuovo capitolo della sua musica.
La cantante ha voluto raccontarsi in esclusiva a VelvetMAG per rivelare qualche dettaglio inedito del suo ultimo progetto discografico. Nel farlo abbiamo ripercorso insieme a lei la sua carriera artistica, dagli esordi in una famiglia di musicisti fino a Je so’ accussi, senza dimenticare la sua esperienza al Festival di Sanremo.
Lo scorso 25 marzo, è uscito il tuo terzo e ultimo disco, Je so’ accusi. Come definiresti Serena Brancale in questo nuovo disco?
Soddisfatta. Soddisfatta di quello che è stato fatto in questi tre anni di lavoro. Ne sono felice. È una bella sensazione, perché quello che abbiamo costruito io e la produzione è stato fatto in soli tre anni e abbiamo fatto un bellissimo lavoro. Mi sento felice e soddisfatta, non aggiungerei altro. Sono soddisfatta del mio lavoro, di quel che è l’album, i featuring, i brani, i contenuti delle canzoni, i testi, il significato dell’album e un po’ tutto.
La musica ti ha sempre accompagnato ed è stata la colonna sonora della tua vita. Quando hai scoperto di avere questa passione?
Non l’ho mai scoperto, sono cresciuta in una famiglia di musicisti. Mia madre aveva una scuola di musica, mia sorella è una pianista. Non ho mai dato un nome a niente. Ho studiato prima violino quando ero piccola, poi la batteria e a 18 anni ho iniziato a cantare a dare un nome a quello che mi piaceva fare. Ho cominciato a studiare jazz, ascoltare un certo tipo di musica e appassionarmi a un certo stile. Però è stato tutto molto naturale. In casa ci sono sempre stati strumenti musicali, mi è sembrato sempre naturale fare quello che faccio, senza farmi troppe domande.
La prima notorietà arriva con la partecipazione al Festival di Sanremo del 2015 con Galleggiare. Cosa hai provato? Te lo saresti mai aspettato?
È stato uno dei momenti più importanti della mia vita. L’emozione è stata esagerata. Poi cantavo un brano mio, un pezzo di me. Di solito a Sanremo ci si va con un brano scritto da altri artisti, perché è un palcoscenico molto importante, quindi è un privilegio cantare un proprio pezzo. Inoltre, è stata un’esperienza importante perché ho visto anche la tv come lavora. Ho visto tutto da un’altra prospettiva, chi fa questo mestiere, chi è dietro le quinte. Ho rivalutato questo mondo che prima non apprezzavo, perché non ero mai stata attratta dai talent show. È stata un’esperienza formativa per la mia vita e la mia carriera. In quella settimana devi essere sempre attiva, sveglia e lucida non è soltanto ‘cantare’, devi fare interviste e c’è molto altro. Credo ti insegni a fare questo mestiere e l’ultima cosa a cui pensi è proprio cantare.
Pensi che la nuova Serena Brancale, più consapevole delle sue capacità, potrebbe ritentare l’impresa?
Certo, mi piacerebbe poter partecipare di nuovo, questa volta portando un’altra parte di me, mostrandomi come sono oggi. Più consapevole e matura. Non sono più quella del 2015, andrei con un’altra testa e nuovi contenuti e con un brano diverso, ma sempre consono a quello che mi piace. Galleggiare per me è un brano bellissimo e sono contenta di averlo portato, però oggi andrei con un altro sound.
Ritornando al tuo ultimo album: descrivicelo in pochi aggettivi e spiega al pubblico perché dovrebbe ascoltarlo.
In quest’album c’è molto ‘sud’ e si tratta il tema dell’identità. Lo definirei un album coraggioso innanzitutto. È coraggioso perché a mio modo ho cercato di unire tutto ciò che ho sempre studiato, dall’ambito più cult a quello di nicchia, fino a quello jazzofilo. Quindi, accordi particolari, difficili per chi ascolta musica in radio. Ma allo stesso tempo ho cercato di unire questo a qualcosa di più pop e con tematiche molto più semplici. E così ho trovato un modo di mostrare un’identità nuova. Ho cercato di portare il soul con un contenuto pop, con molto coraggio. Il tema dell’identità è legato anche al ‘sud’. C’è il dialetto barese, ci sono ospiti e la musica del sud. Tre aggettivi per quest’album: ‘terrone’, coraggioso e femminista.
Nel tuo disco c’è anche un omaggio a Pino Daniele. Quanto ha ispirato e in che modo il tuo percorso questo artista?
Pino Daniele è un altro modo per rifermi al ‘sud’. ‘Sud’ nel dialetto, nella musica, negli ospiti. Io purtroppo l’ho conosciuto tardi. Non è stato tra i primi cantanti che ascoltavo. All’inizio c’era Stevie Wonder, poi a Pino Daniele ci sono arrivata suonando con la band, facendo i miei primi matrimoni, le serate. In lui ho trovato il giusto compromesso tra armonia e groove e da lì mi sono innamorata di lui. Ci sono arrivata abbastanza tardi. È un cantante di cui molti musicisti sono innamorati quindi dico grazie ai live per aver conosciuto Pino Daniele.
Je so’ accussi è stato anche preceduto da una delle più importanti collaborazioni dell’album, quella con Ghemon in Pessime intenzioni. Com’è stato collaborare con il rapper? Pensi ci possa essere qualche altro featuring in futuro?
Certo. Ci vogliamo bene, ci sentiamo, siamo amici, quindi perché no?! Era da tanto che cercavamo di collaborare, poi lui ha fatto Sanremo due anni fa e ognuno ha avuto una strada diversa. Bisogna rispettare i tempi e provare una collaborazione e così è nato questo brano. Io l’ho scritto anche insieme ad altri autori, in un periodo in cui ascoltavo molta musica Anni ’70. L’ho fatto sentire a Gianluca e gli è piaciuto. Ci siamo visti, abbiamo scritto il testo e modificato un po’ la melodia. Ci siamo resi conto che tutto è avvenuto in maniera naturale e abbiamo deciso di collaborare. Sicuramente faremo altre cose insieme, ma soprattutto live.
A questo proposito, quest’estate ti esibirai in qualche live? C’è già in programma qualche evento in cui incontrerai i tuoi fan?
Non c’è nulla ancora di stabilito, ma è una cosa che potrebbe accadere senza dirlo a mo’ di sorpresa.
Prima di salutare i lettori di VelvetMAG, vuoi lasciarci qualche anticipazione sui tuoi progetti futuri? Quali sono i tuoi sogni nel cassetto e le aspirazioni?
Quest’estate si suonerà tanto, faremo dei concerti molto belli anche se ancora ci stiamo organizzando. Adesso la mia premura è quella di dare il massimo per presentare al meglio Je so’ accusi live in giro per l’Italia. Il mio pensiero è al repertorio, ai brani, alla scaletta, alle prove. Poi da settembre in poi ci saranno delle sorprese bellissime, però per il momento vorrei farle restare tali. Vi lascio con il dubbio!
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