Il 25 novembre dello scorso anno esattamente come aveva vissuto e giocato, è morto Diego Armando Maradona. All’improvviso come quei suoi gol che hai rivisto 100, 1.000 volte e ti sorprendono ancora. Come fosse uno spettacolo andato in scena per i suoi tifosi, come se non potesse essere l’ultimo. La sua magia che si ripete, il “suo” personalissimo miracolo. E non poteva essere che a Napoli, più che in ogni posto dove è stato Diego, dove il miracolo sa ancor più di “miracoloso”, non foss’altro perché là anche i tempi sono miracolosamente standardizzati (quasi sempre!).
Lui che da Napoli se ne era andato nel lontano 1991, c’era sempre; anche quando non poteva tornare, sia per le pendenze fiscali, che un po’, per la foga dei suoi amati “napoletani”. È impossibile fare 100 metri lì senza vedere e sentire (è il posto dove più uomini maschi al mondo si chiamano Diego) un segno di Maradona. Fa parte dei tratti della città come riesce solo ai monumenti, agli spettacoli naturali e ai grandi napoletani. E il miracolo è che lo ha fatto da vivo e da non napoletano. Perché il murales c’era ben prima di quel tristissimo 25 novembre 2021, in cui ha smesso di essere Diego in terra.
Maradona: dalla morte piena di misteri all’asta dei cimeli
Non è affatto strano poi che anche la sua morte sia stata “sinistra”, un po’ alla mancina come ha vissuto. Il referto ufficialmente recita: “edema polmonare acuto conseguente a insufficienza cardiaca”. Poi solo qualche giorno fa quella che appariva come una macabra notizia: che sarebbe sepolto senza cuore. Secondo quanto riporta il libro – La salute di Diego: la vera storia – scritto da un medico e giornalista, Nelson Castro, proprio l’organo sarebbe stato asportato per capire meglio le cause del decesso.
L’inchiesta è ancora in corso e l’unica cosa certa è che el diez è morto “da solo” e male assistito. Intanto il giudice Susana Tedesco, del Tribunale di Buenos Aires, ha dato il via libera alla richiesta dei cinque figli (avuti da quattro donne diverse: Dalma, Giannina, Diego jr, Jana e Dieguito Fernando, quest’ultimo di appena 8 anni) di mettere all’asta i beni del padre. La data prevista è il 19 dicembre prossimo e la lista di quanto sarà battuto molto lunga. Case di lusso e non, automobili coupé, 13 palloni (uno ufficiale del Napoli) decorati dall’artista colombiano Mr Bling, alcuni dei quali autografati dallo stesso Maradona. Come pure una lettera di Fidel Castro; 31 libri dedicati personalmente al Pibe de oro; vestiti; maglie da calcio; casse di trofei e premi e persino una polo da tennis autografata da Roger Federer.
Maradona il mito della “mano di Dio“
In questi giorni poi sono emerse anche le accuse di abusi sessuali arrivate dall’amante cubana e che ribadiscono solo come la cocaina abbia sconfitto Maradona più di qualunque cosa o persona. Ma non il mito, quello non lo tocca nessuno schizzo di verità o fango che sia. I documentari, i libri, le interviste leggendarie – basti pensare a Gianni Minà – sono fatti per i giorni come questi. Anche se lui, come fosse ancora in campo, è andato ben oltre quello che succede ai calciatori normali.
Nei prossimi giorni saranno inaugurate almeno due statue. La prima è stata ideata da Stefano Ceci, manager e amico del fuoriclasse argentino, che sarà svelata domenica in occasione di Napoli-Lazio e installata nei corridoi degli spogliatoi dello stadio che ora porta il suo nome. E’ stata fortemente avversata dagli eredi, perché il manager detiene la titolarità dei diritti di sfruttamento dell’immagine di Maradona. Partita ben più grande di una statua! La seconda ha generato una vera e propria bufera social. Perché? Semplice: i bozzetti che sono circolati ritraevano Diego che calciava con il destro. Era solo un bozzetto, la versione definitiva in bronzo ha il pallone dalla parte giusta, sul sinistro, come nel gol del secolo. Uno dei due che lo hanno consegnato al mito, nella partita che ha vendicato le Falkland-Malvinas.
E il mito di Diego è più cinematografico che mai. In principio è stato Santa Maradona, film che fin dal titolo dice tutto. È stato l’esordio alla regia di Marco Ponti con due giovanissimi Stefano Accorsi e Libero De Rienzo, e che molti hanno riscoperto solo di recente per la tragica scomparsa di quest’ultimo, per certi versi simile al pibe de oro. «I personaggi del mio film vogliono fare anche loro “goal di mano”, in un certo senso trasgredire le regole. Maradona – spiegò il regista – ha fatto il meglio e il peggio, nella vita.»
Ieri poi si è chiuso un cerchio con l’uscita nelle sale del film del premio Oscar Paolo Sorrentino È stata la mano di Dio. Nella pellicola l’autobiografia del regista si intreccia alla presenza a Napoli di Maradona a cavallo degli Anni Ottanta e Novanta. Il ritratto della forza quasi salvifica che ha avuto Diego nella vita del giovane protagonista Filippo Scotti (premiato all’ultimo Festival del Cinema di Venezia). Come è accaduto con Napoli intera. La pellicola, premiata in Laguna, riporterà il cineasta napoletano in corsa per riconquistare la statuetta a Los Angeles. E se sarà, c’è da giurarci, che l’Oscar alla miglior film sarà al 50% per opera della “mano di Dio“.
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