I sei giorni che hanno portato il 29 gennaio scorso alla rielezione del Presidente Mattarella lasciano un’esempio immenso di vera leadership, responsabilità e dedizione, quella del Capo dello Stato. Ha rimesso le sue grandi capacità, la sua figura pubblica – mettendo in secondo piano la sua vita privata – a disposizione del Paese. Perché l’emergenza non è finita. Il giudizio invece sulla quasi totalità della classe politica italiana è gravemente insufficiente. Nella migliore delle ipotesi sono stati confusionari, con leadership più che ballerine, scavalcati tutti, nessuno escluso, nel silenzio, dal premier, che ha confermato le sue parole: “sono un nonno al servizio delle Istituzioni“. La generazione dei rottamatori alla fine ha finito per rottamare se stessa: un harakiri compiuto sotto gli occhi di tutti.
la dichiarazione del Presidente #Mattarella dopo la comunicazione dell’esito della votazione da parte dei Presidenti di Senato e Camera pic.twitter.com/vKIn3sVMr6
— Quirinale (@Quirinale) January 29, 2022
I dolori della ‘giovane’ destra
Quella leadership che tradizionalmente viene mostrata come una qualità destrorsa quasi naturale, ha rivelato i limiti tipici dell’inesperienza politica, nell’eleggere la prima carica dello Stato. I tempi in politica sono importantissimi e a destra li ha dettati Berlusconi. Prima tenendo gli alleati in scacco, in attesa di verificare le sue chance di candidatura, e poi, alla fine, sfilando a Salvini l’investitura di king maker. Salvo poi scegliere, con tutti i centristi di area, Pier Ferdinando Casini nel momento in cui lo stesso paziente ex democristiano si stava elegantemente ritirando, per lasciare spazio al Mattarella bis.
Nel mezzo la confusione ha regnato sovrana, perché non era semplice contemperare la lotta interna tra Meloni e Salvini per il primato (della forza) nella coalizione, e riuscire ad essere il ‘padre’ della soluzione finale per il Quirinale. Salvini incredibilmente ha dovuto rincorrere. Nonostante la sbandierata quota 450 dei grandi elettori di partenza che doveva garantire il diritto al primo presidente di centro-destra della storia repubblicana. A tutto ciò vanno aggiunte un paio di elementi. Prima le fughe in avanti della leader di Fratelli d’Italia, per contarsi con la candidatura Crosetto. Poi la partita della rosa dei nomi di centrodestra, che non bastava lanciare sui social, ma andava ‘spinta’ e testata. Infine la difficile mediazione in campo avverso, dove ha ritrovato come alleato un Giuseppe Conte apparso nelle stesse difficili condizioni politiche. E qui anche gli ‘avversari’ – praticamente tutti di area ex Dc – di sicuro poco disposti a tendere la mano o una soluzione facile.
Il risultato del Quirinale visto da destra
Non ha funzionato né la tattica, né la strategia. E’ finita come Salvini ha ammesso ai microfoni a caldo: “i miei nomi non andavano mai bene, nemmeno se li aveva proposti prima la sinistra”. Vedi quello di Elisabetta Belloni a cui ha candidamente spiegato di non aver neppure pensato! Riuscendo a depotenziare anche il peso di una candidatura al femminile che al centrosinistra manca da tempo. La realpolitik di Governo, che vuol dire Mario Draghi, evidentemente al lavoro per una soluzione che non penalizzasse il Paese da qualche giorno, è tornata ad una scelta quasi garantista, la più amata dagli italiani. Che infatti la sera di sabato in massa – il 31,1% – erano pronti a godersi C’è Posta per te. Per sapere cosa ne rimane della giovane destra ci sarà tempo più in là, nel 2023.
Centrosinistra: si naviga a vista… a causa del bailamme a 5 Stelle in cerca di leadership?
La posizione dell’intero centrosinistra era tatticamente più semplice: l’esecuzione del più classico dei contropiedi in un catenaccio all’italiana. Nell’attesa di un nome, si sono più psicologicamente esposti con i famosi no che spazientiscono Salvini. Forse dovrebbe dedicarsi ad un famoso libro della Phillips – I no che aiutano a crescere, n.d.r. – per comprendere meglio i retroscena politici. Il centrosinistra con maggiore sapienza ha sempre discusso attorno a quattro ipotesi: quelle che definirei della ‘gratitudine‘ – in ordine di importanza – Mattarella e Draghi. Quella istituzionale, Giuliano Amato, non ‘bruciata’ nei giorni della sua elezione alla Consulta. Quella politica, ovvero proprio Casini, spalleggiato da Renzi e dalla galassia ex DC del PD, da non sottovalutare mai quando si parla di strategia.
Nell’area in questione mentre le truppe di Dem, Italia Viva e LeU hanno compreso la necessità di agire di rimessa e di mostrare compattezza, il Movimento 5 Stelle si è diviso in due scegliendo opposte strategie: l’ex premier Conte e il fondatore Grillo sono apparsi colti dalla stessa frenesia nella corsa al Colle di Salvini, tra social e dichiarazioni. Il ministro degli Esteri Di Maio ha tenuto un basso profilo e lavorato per le soluzioni più gradita ai ‘suoi’ grandi elettori.
Orgoglio italiano: la magica combinazione di sport e moda
Gli italiani hanno mostrato una fiducia in costante crescita durante il settennato di Sergio Mattarella. Poco noto ai più nel 2015 al suo arrivo ha progressivamente suscitato un’empatia crescente che è diventata una vera e propria simpatia in particolare durante la pandemia. Gli viene riconosciuto di aver preso per mano il Paese e governato le crisi dell’esecutivo in un parlamento che ha sancito in questi giorni ancora di più la sua ingovernabilità. Sono molti gli episodi, ma alcuni restano scolpiti nella memoria collettiva: dalla battuta celeberrima sul barbiere, alla toccante solitudine nell’omaggio al milite ignoto, passando per l’entusiasmo per i successi dei nostri portacolori.
Per questo ci perdonerà se abbiamo deciso di dedicare la nostra copertina di febbraio (qui sotto) a Matteo Berrettini, un simbolo del nostro sport che ci ha resi orgogliosi. Lo scorso anno è stato protagonista prima con la storica vittoria al Queen’s, poi con la finale di Wimbledon. Quest’anno è ritornato dopo il brutto infortunio alle Atp Finals – le prime a Torino – più forte di prima. Dimostrando una leadership innata ha raggiunto la semifinale nello Slam australiano – fermato solo dalla leggenda di Nadal – e un nuovo record. E’ il primo italiano a raggiungere i quarti di finale Slam in tutti e quattro i major. Un giocatore competitivo su ogni superficie, che oggi festeggia il suo best ranking salendo al n.6 della classifica mondiale. Un esempio di buon augurio per tutti, anche fuori dal campo, dove in questo 2022 si misura con il ruolo di brand ambassador di Boss, con la campagna #BeYourOwnBoss.
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